martedì 9 ottobre 2012

SI PARLA DI CULTURA. LOTTIZZATA E ASSISTITA. VEDIAMO SE SUPERIAMO I 10 LETTORI....


Questa estate mi è capitato di parlare con un uomo di cultura, naturalmente di sinistra, impegnato nel teatro come regista e anche produttore. In questa qualità segue da anni il TEATRO DUE ROMA a via Tomacelli.
A cena, si affrontava il discorso dei tagli che falcidiano tutto, senza minimamente guardare alla qualità. I famigerati "tagli lineari". E' un problema antico che si ripropone ogni volta che si cerca di razionalizzare la spesa, ottimizzare le risorse cercando di indirizzare incentivi laddove veramente si ritenga che vi sia qualcosa di culturalmente valido. Ovviamente si entra nel campo della discrezionalità, ma accade nei concorsi ( i vari premi, tanto discussi eppure sempre ambiti ), e anche i numeri del botteghino, fondamentali, non determinano ciò che è cultura e quello che non lo è, ma il gradimento del pubblico.
Baricco a suo tempo lanciò una provocazione esortando il Teatro in particolare, ma il mondo dell'Arte e della Cultura in genere a prendere il mare aperto, accettare la sfida antica della "strada", intesa appunto come PUBBLICO, e ad affidarsi al giudizio di quest'ultimo per stabilire chi deve sopravvivere e chi no.
Potete immaginare.....
Comunque, siccome i soldi sono drasticamente diminuiti, anche quelli che auspicano il ritorno di crescenti risorse statali per fare cultura (che il popolo ignorante evidentemente non segue sufficientemente ) s'ingegnano per fare cose valide, non astruse, artistiche solo per LORO e qualche parente e/o amico stretto. però a quel punto cosa accade ? che quelli preposti a valutare ciò che va sponsorizzato e cosa no, si muovono secondo le solite ottiche clientelari (politiche e/o amicali).
Insomma, il MERITO, la QUALITA', non vincono mai.
Resterebbe la strada del solo MERCATO. Cioè una bestemmia, per quel mondo.
Coraggiosa e da non perdere la nota scritta sul tema dal  bravo Pierluigi Battista che propongo
Buona Lettura

La cultura senza idee vive di assistenzialismo
Dicono che durante la prossima edizione della Festa del cinema di Roma saranno inscenate sacrosante proteste da chi è ancora in attesa dei pagamenti della Regione Lazio per l'edizione precedente. Ecco, appunto: che c'entra la Regione Lazio con il cinema? Che c'entra l'assistenzialismo degli enti locali, la politica che allunga i suoi tentacoli, le clientele che si addensano fameliche attorno alle sovvenzioni pubbliche gestite dai partiti con l'arte, il cinema, la letteratura, il teatro, la musica?

Niente: la Regione Lazio, come qualunque altra Regione, Provincia, Comune non deve perder tempo a piazzare i propri lottizzati al vertice delle istituzioni culturali. Sembra che la Polverini e Alemanno sia siano molto spesi per la nuova nomenclatura, Marco Müller in testa, che dovrà gestire il festival cinematografico di Roma. Hanno fatto male: anziché lottizzare ed erogare fondi pubblici, la Polverini avrebbe fatto bene a controllare il consumo di ostriche incrementato con l'aumento dei fondi dei gruppi consiliari e Alemanno a controllare lo stato terribile dei lavori pubblici nella capitale. E questo vale ovviamente per tutti gli enti locali, di destra e di sinistra, che usano il pretesto della cultura e dell'arte per finanziare una politica di consenso attraverso il nuovo mecenatismo, forma dilapidatrice e arbitraria di assistenzialismo.

Purtroppo i principali alleati dei politici che versano fiumi di denaro per soddisfare clientele e consenso attraverso la «promozione culturale» sono quei registi, quegli artisti, quei musicisti che dell'assistenzialismo sono gli ideologi e i cantori, che fanno smorfie di riprovazione quando sentono parlare di mercato e di botteghini vuoti e chiedono allo Stato soldi, finanziamenti, sovvenzioni, erogazioni a getto continuo di denaro pubblico. Dicono che la cultura «muore» non per la spaventosa mancanza di idee che la sta asfissiando, ma perché lo Stato, in tutte le sue articolazioni, è meno munifico di una volta, perché la prodigalità sprecona di un tempo deve misurarsi con i tagli alla spesa pubblica.

E invece no: gli enti locali stiano alla larga dalla cultura, al massimo mettano a disposizione mezzi di trasporto più efficienti per i giorni in cui le città sono al centro di una manifestazione culturale o paghino gli straordinari ai lavoratori che tengono i musei aperti anche la sera. Ma ogni euro speso dalla politica per la cultura è un euro che incoraggia l'asservimento della cultura alla politica, che perpetua una politica di mance e di clientele, che allarga i confini delle competenze dei partiti sulla vita sociale, che favorisce lottizzazione e spartizione di fondi. E che ha permesso, a Roma, il blitz per cambiare i vertici di un festival cinematografico che dovrebbe vivere di idee e non di sostegni pubblici. Dove proietteranno un film già visto: quello sulla lottizzazione. Altro che ostriche a sbafo. 

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