martedì 16 dicembre 2014

NEGATO IL PERMESSO DI VISITARE LA MADRE MALATA DI ALZHEIMER "TANTO NON LO RICONOSCEREBBE". PERO' QUELLI PRIVI DI UMANA PIETA' SONO "GLI ALTRI".



Evitiamo le generalizzazioni, anche se la tentazione è forte. Diciamo che questa prova di scarsa umanità l'attribuiamo solo al singolo giudice, la d.ssa Valeria Tomassini, che ha negato il permesso a Totò Cuffaro di fare visita alla madre di 91 anni, malata di Alzheimer, che si lamenta che il figlio si è dimenticato di lei, che non la va più a trovare...
La motivazione del magistrato è lapidaria : tanto non lo riconoscerebbe...
E qui mi taccio, perché stavolta il reato di ingiurie ci starebbe tutto. 
Mi limito a dire che è curioso che poi quelli privi di "umana pieta'" sono sempre gli altri, quelli giudicati da questi signori in toga.
Il ministro Orlando, su esortazione della Prestigiacomo, ha disposto un accertamento. Bravo, anche se chissà quanti ne dovrebbe disporre.
Però meglio qualche volta che mai. 


Il Corriere della Sera - Digital Edition

Il permesso negato a Cuffaro. Orlando chiede accertamenti
Il magistrato: inutile visitare la madre, 
lei non può riconoscerlo 
 

RAFFADALI (Agrigento) È convinta che Totò l’abbia abbandonata: «Veniva sempre a trovarmi qua mio figlio, ma ora per lui io non conto più niente. Vede tutti, va dappertutto, ma sua madre se l’è scordata”».
Quando lo psichiatra inviato dalla Asl, in uno dei flash di falsata memoria lanciati dalla madre di Totò Cuffaro, ha capito che l’Alzheimer in una donna di 91 anni piena di acciacchi e col cuore gonfio di dolore non lasciava speranze a miglioramenti, ha descritto il quadro clinico e ha sottoscritto il referto. Lo stesso inserito dai familiari nell’istanza con cui si invoca per l’ex governatore della Sicilia recluso a Rebibbia un giorno di libertà, una missione andata/ritorno Roma/Raffadali. «Per un bacio, per una carezza a mamma, da tre anni bloccata a casa», invoca il fratello Silvio.
Il diniego del giudice di sorveglianza a Roma, Valeria Tomassini, è stata una mazzata per tutti. Per lo stesso Cuffaro condannato a 7 anni per favoreggiamento a Cosa nostra, per la moglie Giacoma che parla di «accanimento», per i suoi due figli, per Silvio «certo di un disegno vessatorio», ma anche per Stefania Prestigiacomo, l’ex ministro dell’Ambiente, pronta a lanciare un appello al ministro della Giustizia Andrea Orlando perché stupita soprattutto dalla motivazione del giudice di sorveglianza. Appello in parte recepito ieri sera con l’avvio di «una verifica interna», come fa sapere Orlando: «Ho richiesto con l’urgenza del caso accertamenti preliminari sulla vicenda all’ispettorato generale».
Estratte dal sintetico provvedimento di rigetto, fanno discutere le motivazioni della dottoressa Tommasini sulla demenza senile: «Il deterioramento cognitivo evidenziato svuota senz’altro di significato il richiesto colloquio poiché sarebbe comunque pregiudicato un soddisfacente momento di condivisione». Come dire che se Cuffaro desse quel bacio, se sfiorasse quella guancia, la madre non capirebbe.
Adesso tanti già accusano la relatrice di avere oltrepassato l’ambito della riflessione tecnico-giuridica scivolando su aspetti da perizia medica, ma è anche vero che su questo diniego espresso lo scorso aprile la famiglia Cuffaro, con l’avvocato Annamaria Brucale, ha proposto ricorso ai giudici del tribunale della libertà che in estate hanno a loro volta rigettato.
Adesso si apre uno spiraglio con la decisione del ministro di valutare la correttezza del diniego. E torna alla carica l’avvocata Brucale. Fiduciosa nell’assist della deputata berlusconiana che è riuscita a fare breccia nel ministero di via Arenula chiedendo fino a ieri mattina a Orlando «di non fare orecchie da mercante»: «Non si può negare questo diritto a Cuffaro che ha tenuto rispetto alla propria vicenda carceraria un profilo dignitoso e rispettoso delle regole e di tutti. Questa giustizia disumana e vendicativa disonora l’Italia».
Dal canto suo, il ministro non intende interferire nelle autonome scelte della magistratura. Mentre i familiari insistono sulle presunte «ingiustizie», come ripete il fratello Silvio: «Hanno dato permessi perfino ai veri mafiosi, come la moglie di un boss di Cinisi condannata a 16 anni, ma per Totò infieriscono. Accadde pure quando morì mio padre...». Allora il permesso arrivò, ma dopo il decesso. E Cuffaro poté solo accarezzare la bara.

Felice Cavallaro

7 commenti:

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Avevo frainteso il commento della lettrice, attribuendolo ad altro post. Per questo ho eliminato la mia risposta, e chiedo scusa a Pervinca nel caso la mia autocensura fosse stata tardiva

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  2. ANDREA GIOVANNINI

    Complimenti al giudice di sorveglianza del tribunale di Roma, dott. Valeria Tomassini, per questa sua grande prova. Che ne fa degno esponente della magistratura italiana.

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    1. ANDREA CECCOBELLI

      Comunque Andrea Giovannini la motivazione è spettacolare degna del miglior humor inglese !!

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  3. EDOARDO PEZZONI MAURI

    Direi esponente paradigmatico dell'italica magistratura

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  4. VINCENZO FARDELLA

    Il concetto di giustizia punitiva e/o vendicativa non appartiene e non deve appartenere a sistemi giuridici di democrazia liberale.Vale per Cuffaro e vale anche per i boss i quali ,pur nelle condizioni di fine vita,vengono costretti a regimi quali il 416 bis,che impediscono loro qualunque contatto con i familiari.Penso che questo è un principio di civiltà di diritto ed anche di cristiana pietas.Quanto sopra ritenendo Cuffaro uno dei maggiori responsabili del degrado della Reg.Sicilia e del malaffare politico siciliano.

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