martedì 28 aprile 2015

GIACALONE CONDANNATO PER DIFFAMAZIONE. AVEVA DETTO COSE VERE, MA SU UN MAGISTRATO...

 

Davide Giacalone è stato condannato in primo grado per aver diffamato il dr. Marcello Maddalena, vicecapo, all'epoca dei fatti del processo, della Procura di Torino. Non è la prima volta, e sempre da parte dello stesso magistrato. In quell'occasione poi Giacalone fu assolto in Cassazione, dove lo spirito di colleganza si affievolisce, i giudici sono meno pancisti, un pochino più attenti al diritto (parliamo di situazione migliore, o meno peggiore, badate bene...).
Nelle corti di merito, più spesso - un collega mi aveva segnalato un processo analogo, in cui il diffamatore, sempre dei poveri pm, era Mancini, il figlio del noto leader socialista - l'elemento dirimente è la qualifica del diffamato. Se è un collega, un magistrato, la condanna è pressoché certa. Anche se i fatti riportati corrispondono a verità. Anche se tu riporti dichiarazioni di terzi, nei confronti dei quali la querela viene ritirata (magari anche perché il terzo è uomo di un certo potere...), mentre nei tuoi confronti no.
Il problema non è il caso personale di Giacalone, che stimo profondamente e a cui auguro la vittoria finale, come già avvenuto in passato, ma in generale l'incriticabilità dei togati senza pagare pegno. 
Oltretutto, alla fine di questi processi, anche quando vinci, economicamente - ed emotivamente, perché essere imputato è naturalmente ansiogeno - perdi, e di brutto. Perché da noi non esiste - perchè mai ? - la refusione delle spese processuali sostenute nel caso la tesi accusatoria venga disattesa. Invece sarebbe misura da adottare, e da estendere ai querelanti e alle parti civili...Magari ci sarebbe un attimo di riflessione in più... Invece no, vieni assolto, ma le migliaia di euro - anche decine, anche centinaia di migliaia - spesi per difenderti nessuno te le restituirà, e questo lo trovo semplicemente assurdo, oltreché, al solito, ingiusto.


Sono stato condannato

Sono stato condannato, in primo grado, per avere diffamato il magistrato Marcello Maddalena. Ritengo corretto quel che scrissi e lo riscriverei. Non lo considero solo un diritto, ma un dovere.
In breve: Cesare Romiti aveva scritto che Maddalena li aveva avvertiti che arrivavano in procura delle denunce anonime. Testualmente: “Fu il vicecapo della procura di Torino, Maddalena, che mi aprì gli occhi. Un giorno chiamò il nostro responsabile dell’ufficio legale, Ezio Gandini, e gli disse: <<Basta, non si può più andare avanti così, bisogna che le lotte interne finiscano, perché ogni giorno arrivano soffiate anonime da parte di alcuni manager interni alla Fiat (…) disse che provenivano dall’entourage di Umberto Agnelli”. Quindi non erano neanche troppo anonime. Osservai che, delle due l’una: o Romiti commetteva un reato, raccontando il falso, o era Maddalena ad avere tradito i doveri d’ufficio.
Il dottor Maddalena querelò Romiti e me. Nel corso del processo è emerso che le cose erano andate come Romiti le aveva raccontate. Maddalena ha ritirato la querela nei confronti di Romiti e insistito contro di me. La requisitoria del pubblico ministero s’è soffermata su un punto: Maddalena è un magistrato. Osservazione pertinente.
Mi ha querelato anche perché ho citato il suo libro e l’idea che l’arresto sia un “momento magico”. Per quello mi querelò a suo tempo. Fui condannato in primo e secondo grado, nonché assolto in Cassazione. E’ bello rifare, ogni tanto, sempre lo stesso processo. Ci si mantiene giovani. Vero è che la legge esclude si possa celebrare due volte lo stesso processo sul medesimo fatto, ma, che volete, come opportunamente il pubblico ministero ha sottolineato: è un magistrato.
Non mi dolgo della condanna. Per quella la battaglia continua. A me basta che Maddalena abbia ritirato la querela a Romiti, confermando quel che vidi e scrissi allora.

6 commenti:

  1. CATALDO INTRIERI

    Mi dispiace molto

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  2. RENATA SERCI

    La musica è sempre la stessa: chi li tocca deve morire!
    E non si accorgono che così facendo offrono un sostanzioso contributo all'ulteriore offuscamento di una immagine e di una funzione.

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  3. MARCO SIRAGUSA

    Stefano, in realtà (ma solo nei casi di procedibilità a querela) la condanna del querelante è prevista (anche se non mi è mai capitato di vederla applicata).
    art. 542 c.p.p.
    <<
    Condanna del querelante alle spese e ai danni.

    1. Nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso, quando si tratta di reato perseguibile a querela, si applicano le disposizioni dell'articolo 427per ciò che concerne la condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato nonché alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno in favore dell'imputato e del responsabile civile.

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    1. Prendo nota. Della norma e della conferma : mai visto nè sentito...E comunque resta il problema in generale, a parte il querelante

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    2. RENATA

      Io ne ho ottenuta una (sentenza con aplicazione del 542) a dicembre: GdP poca cosa, ma soddisfazione!

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    3. Da quello che leggo, Giacalone aveva già avuto un processo simile, con querelante il Dr. Maddalena, e alla fine era uscito assolto. Sono pronto a scommettere 1000 euro che il querelante non è stato condannato ad alcuna spesa processuale. Come detto, resta il problema di tutti quei casi in cui, querelanti a parte, l'accusa perde il processo ma nessuno rifonde l'imputato assolto.

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