mercoledì 3 giugno 2015

"PERCHE' UNA PERSONA SERIA DOVREBBE VOTARE ? ". DIFFICILE NON CONCORDARE CON GIACALONE, DI QUESTI TEMPI.

 

Qualche tempo fa ho "licenziato" un lettore del Camerlengo, per eccesso di polemica. Il confronto delle idee è una cosa, la polemica è un'altra (non parliamo poi dei sofismi...). Io non sono alieno da questo difetto, anzi, però lo individuo come tale - laddove altri, specie se avvocati, se ne fanno addirittura un vanto ! - e cerco di combatterlo, con alterna fortuna.
Sicuramente una cosa l'ho imparata : a troncare. Non mi interessa l'ultima parola, e ad un certo punto, quando le posizioni contrapposte sono state del tutto sviscerate (pure troppo...), ed è palese l'inutilità più assoluta della prosecuzione del botta e risposta, esorto a lasciar perdere. 
Anche perché a quel punto è anche brevissimo il passo verso la provocazione, inutile e urticante.
Quando, come avvenuto nel caso del "licenziamento" da cui sono partito, l'altro insiste, tronco, ricordando che nessuno è pagato per leggere il blog ( né qualcuno paga me, il che è peggio !) e che sarebbe un favore per entrambi l'individuazione di un'attività alternativa. 
In quell'occasione l'oggetto del contendere era la legge elettorale, che all'ex lettore ( "seguirò il suo consiglio", la chiosa) piaceva tanto per le solite due cose : 1) la sera si sa chi ha vinto 2) chi lo ha fatto potrà governare grazie ad una maggioranza garantita dalla norma, in mancanza di voti.
A parte il fatto che erano gli stessi identici pregi del vituperato Porcellum ( dove però in due occasioni si è realizzato la differente situazione tra Camera e Senato, con un "pareggio" che qui verrebbe superato in previsione dell'eliminazione del carattere elettivo del secondo),  ho replicato, come sempre su questo argomento,  che in democrazia le due cose in questione sono chiaramente auspicabili ma non obbligatorie, se nessuna formazione politica ha abbastanza forza elettorale per meritarsele. 
E che in tanti paesi sicuramente non meno democratici e civili del nostro (forse un po' di più) si accetta serenamente che possano NON accadere, a quel punto cercando le forze politiche, in modo trasparente, un compromesso utile a garantire un governo.
E' successo in GB quando Cameron si alleò con i liberali (stavolta non ne avrà bisogno), e alla Merkel ora con l'SPD, nonostante una netta vittoria alle urne senza però acquisire la maggioranza assoluta. 
In entrambe le situazioni, la sera delle elezioni si sapeva che chi era arrivato primo NON aveva la maggioranza, e dovette passare del tempo per trovare una coalizione di governo. 
Non mi sembra che GB e Germania stiano peggio dell'Italia. 
E' il contrario, e naturalmente la differenza non la fa il sistema, ma la qualità dei governanti.
Oltretutto, da noi, rilevavo come, da qualche anno - non molti - si stia aggravando in modo preoccupante il problema dell'astensione.
A me non sembra che sia un segno di salute della democrazia se il 50% degli aventi diritto al voto si astiene dall'esercitarlo.
La risposta frequente di chi - forse perché il suo partito vince proprio grazie all'astensione...- non si allarma di questo fenomeno (anzi, per la ragione di cui sopra, in realtà ne è assai soddisfatto, scoprendo che "oi aristoi", il governo dei "migliori", al tempo gli aristocratici, in fondo è bello ) è che nelle "democrazie avanzate" ormai è così.
Osservatori assai più importanti di me hanno già risposto a questi signori, osservando come in quei paesi più spesso l'astensione è anche generata dalla minore distanza di posizioni tra le forze politiche in competizione e, soprattutto, dalla fiducia che, in ogni caso, si tratta di formazioni affidabili, pro-sistema, che comunque non porteranno a rivoluzioni temibili.
Per cui a votare finiscono per andare solo gli elettori militanti e/o più coinvolti, gli altri restano a casa, fiduciosi - o rassegnati -  che, comunque vada, non accadrà chissà cosa. 
Da noi non è così.
La gente non va a votare perché trova inaccettabile l'offerta politica che gli viene proposta ! 
E questo rifiuto, questa "diserzione" democratica, come la definisce Giacalone, è propria delle persone più serie, completamente disilluse.
Ricordo una sera a cena con un valentissimo collega, già presidente delle Camere Penali per due mandati, di cui sono note le simpatie per il partito radicale, e sicuramente molto impegnato sia civilmente che politicamente, che raccontava questo aneddoto relativo alle elezioni europee, allora appena trascorse.
In quell'occasione, qualcuno lo ricorderà, si era creata la sindrome da "Annibale alle porte !", con la vulgata di un trionfo grillino che ci avrebbe messo fuori dall'Europa... Di qui l'appello al voto ragionevole, moderato, a favore della forza contrapposta alla formazione antieuropea.
Ebbene, il collega era tra quelli, tanti, che sentiva di dover obbedire a questo appello, sia pure a malincuore, ché da radicale aveva grossi problemi a votare PD. 
"Sono andato a correre, portandomi appresso la scheda elettorale. Giunto davanti alla scuola dov'è il mio seggio, mi sono detto...vabbè, corro un altro po', poi vado. Fatta altra strada, ho pensato che a quel punto tanto valeva finire il mio percorso abituale, per votare al ritorno. Quando però, finito il mio giro, tornando indietro mi sono ritrovato davanti al seggio, ho capito che non ce la potevo fare : non ho votato."
Ecco, va così, come bene spiega proprio Giacalone, nell'articolo che segue.
Buona Lettura





Disertori apprezzabili



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Ma perché mai dovrebbe andare a votare, una persona seria? Per senso del dovere? Viviamo in una bolla irreale. Ci raccontiamo che c’è la ripresa, ci sono i segni positivi, che abbiamo svoltato, ma quel che consente di far cambiare direzione a certi indicatori economici non lo abbiamo né scelto, né realizzato noi. Le sole politiche espansioniste le ha messe in atto la Banca centrale europea. Il calo del prezzo del petrolio dipende da una scelta politica dei produttori, per spingere fuori mercato le fonti alternative di gas e oil. Al netto di questi elementi noi siamo ancora in recessione. Tanto è vero che, al contrario di quel che avviene in Spagna, non si vedono apprezzabili riflessi della ripresa sull’occupazione. Perché non è generata all’interno. Allora, perché dovrebbe andare a votare, una persona seria?
Perché interessato alla vita delle Regioni e alla qualità e tipologia di chi le amministra? I partiti hanno aderito ad un codice di autodisciplina (demenziale) che non rispettano e hanno passato settimane a darsi e dirsi dell’impresentabile. Ci sono candidati fascisti nelle liste della sinistra, candidati bandieruola nelle liste di tutti, trasformisti e profittatori che si spacciano per riflessivi democratici. E poi, a che servono le Regioni? Sono l’istituzione territoriale peggiore, a confronto delle quali le province brillano per nitidezza ed efficacia. E hanno anche in programma di portarne gli eletti al Senato! Meglio chiuderlo, se non altro per non offendere i cavalli.
Difficile che si faccia avvincere da campagne elettorali tutte incentrate sul “volto nuovo”, manco fosse un concorso per estetisti. O che voglia prendere parte ad una gara fra simboli e bandiere, a meno che non faccia lo sbandieratore di professione. Che si getti nell’agone per assicurare redditi e prebende agli impresentabili. O che, per protestare avverso quella genia, intenda portare il voto agli inutili, ai bercianti, alla rendita antisistemica di chi viene eletto e va a prendersi i soldi del sistema. Difficile che una persona seria possa provare empatia per gli esibizionisti del piccolo schermo, che decantino l’avvenuta ripresa produttiva o intonino la marcia funebre dell’uscita dall’euro, dall’Europa, dal Mondo e dalla testa. E’ tutta gente che parla a sé stessa e alle proprie truppe. 
Alle pance e non alle teste. Guardate i numeri: togliete dai votanti l’elettorato militante (rispettabile, ma non mobile), come anche quelli delle liste personali e di sostegno (voto clientelare, nel migliore dei casi), sottraete i voti andati ai professionisti dell’urlo antipolitico (la cui vita dipende dai soldi presi grazie alla politica), tirate le somme e vi accorgerete che le persone serie, le persone normali non sono rimaste per la metà a casa: ci sono rimasti quasi tutti.
Matteo Renzi ha mandato le seconde file Pd a recitare la filastrocca della vittoria. Scelta patetica. Faccia i conti con l’occasione sprecata. Ai tempi del Nazareno dicevamo: passi per le riforme istituzionali, ma il Paese ha bisogno urgente di misure economiche, si allarghi l’accordo a questa vitale materia. Invece s’è adottata la linea laurina dei bonus. Alle scorse europee un pezzo dell’elettorato serio fece un’apertura di credito, che ora ha ritirato: perché i candidati non erano seri e perché il governo s’è tradotto nella declamazione fanfaronica e nella logorrea autocelebrativa. Renzi rifletta sull’errore catastrofico della riforma della scuola, la cui unica sostanza è l’assunzione di 160mila persone, il che dice a chi sa fare di conto che chi governa non ne è capace, e dice a chi ha a cuore l’istruzione che al governo considerano la scuola un assumificio. Poi ci sono quelli per cui se ne dovrebbero assumere 600mila. Renzi pensava di scegliere la via di mezzo, ma ha imboccato quella del nulla.
Quando si va al governo senza mandato popolare (cosa costituzionalmente possibile e ripetuta nella prassi) si può essere determinati e procedere speditamente, ma non si può dire che le elezioni europee sono il suffragio mancante e che quelle regionali sono una vittoria, perché prima di sembrare imbroglioni si dà l’impressione d’essersi imbrogliati. Più volte abbiamo indicato la possibile via delle elezioni anticipate, che ora s’è occlusa. Non ci sono più scorciatoie: mettere subito mano alle riforme economiche, farle e non solo raccontarle, altrimenti si continuerà a perdere il solo elettorato che regge le democrazie.

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