qg_bigLa vicenda che dà origine alla controversia riguarda una procedura fallimentare intentata nei confronti di una piccola azienda campana. A seguito della decisione del giudice d’appello di dichiarare nullo il procedimento prefallimentare per un vizio di procedura relativo alla costituzione in giudizio della società debitrice, la curatela fallimentare ricorre in Cassazione. I giudici di legittimità annullano la sentenza di secondo grado (Corte di Appello di Napoli 29/07/2015 n. 138/2014) e chiariscono la corretta interpretazione del perfezionamento della notifica telematica.
La vicenda che dà origine alla controversia riguarda una procedura fallimentare intentata nei confronti di una piccola azienda campana, la H.I. Srl. Nel marzo 2014 il giudice di primo grado dichiarava il fallimento dell’azienda. Quest’ultima, tuttavia, ricorreva in appello e otteneva la revoca del fallimento. Il giudice di secondo grado, infatti, accoglieva l’eccezione di nullità del procedimento prefallimentare sulla base di un vizio procedurale. Quest’ultimo, infatti, si era svolto senza la costituzione in giudizio della società debitrice.
Interessante è il motivo secondo il quale, a giudizio della ricorrente e del giudice di secondo grado, la società debitrice non era stata posta in condizione di costituirsi in giudizio. La società contestava la violazione dell’articolo 15 della Legge Fallimentare, in base al quale è necessario provare l’avvenuta notifica nei confronti del ricevente. Nel caso in questione - ritengono la societá e il giudice - la prova della notifica era assente, nonostante fossero stati esperiti due tentativi di notifica. In prima battuta, la notifica era stata inviata attraverso posta elettronica certificata (PEC), in assenza però della ricevuta telematica dell’avvenuta consegna; in seconda battuta, la notifica era stata inviata per posta ordinaria, ma presso un indirizzo sbagliato, quello della vecchia sede dell’azienda (la cui nuova sede legale era stata correttamente annotata presso la Camera di Commercio locale).
La curatela fallimentare impugnava la sentenza di revoca del fallimento, argomentando quattro motivazioni.
Il primo motivo di ricorso riguardava l’omissione di esame di un punto decisivo della controversia. La corte d’appello, secondo l’impugnante, avrebbe infatti ravvisato erroneamente il vizio di notifica, nonostante il sistema adibito a tale adempimento avesse tempestivamente generato una attestazione di avvenuta consegna. Del resto, aggiungeva la ricorrente, non erano previste causali di rifiuto se non fornite dallo stesso sistema.
Il secondo motivo di ricorso riguardava il presunto vizio di motivazione per omesso esame di punto decisivo, nonché la violazione delle norme del codice civile e di procedura civile, avendo la sentenza trascurato l’irrilevanza della nota del cancelliere, privo sul punto di competenza. Secondo il ricorrente, infatti, non spetta al cancelliere redigere in modo diretto una relata di notifica telematica. La competenza in questione è, invece, del sistema informatico preposto allo scopo - il SIECIC.
Il terzo motivo di ricorso riguarda la violazione di legge degli art. 15 della legge fallimentare e art. 2697 del codice civile. In base a questi, sosteneva il ricorrente, la necessità di ricorrere alla notifica di persona deriverebbe dal riscontro, da dimostrare tuttavia dal reclamante, della impossibilità della notifica ovvero del suo mancato esito positivo. Circostanze che, nel caso in oggetto, risultavano non provate.
Infine, il quarto motivo deduceva il vizio di motivazione (per omissione ovvero illogicità della stessa), non avendo la sentenza espressamente qualificato come nulla la notifica telematica del cancelliere, ma solo tacciandola di mancata prova. Senza contare che – aggiunge il ricorrente – la notifica non si sarebbe potuta giudicare nulla, dal momento che questa ipotesi sarebbe in contraddizione con la tassatività dei relativi casi di nullità della notifica.
La Cassazione esamina i primi due motivi di ricorso, ritenendoli pregiudiziali rispetto alla causa e li giudica entrambi fondati. I giudici di legittimità chiariscono anzitutto quale sia la corretta interpretazione da attribuire alla normativa in vigore per quanto riguarda la notifica telematica. Affinché la notifica possa perfezionarsi, le norme in vigore nel nostro ordinamento dispongono che, dal lato del mittente, il gestore di posta elettronica certificata utilizzato fornisca la ricevuta di accettazione. In questa sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata. Dal lato del destinatario, invece, le norme richiedono la fornitura della ricevuta di avvenuta consegna. Quest’ultimo dà al mittente la prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica quindi il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione. Le norme vigenti, aggiunge la Cassazione, prevedono che la ricevuta di avvenuta consegna sia rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario.
Il caso in questione, tuttavia, si caratterizza per un aspetto particolare. Il cancelliere, nonostante la sicurezza della ricevuta telematica (cioè della corretta spedizione) ma prima della ricevuta di avvenuta consegna (vale a dire dell’essere l’atto pervenuto nella sfera di conoscenza del destinatario), segnalava la non certezza della notifica telematica. Apponendo tale annotazione di rilievo critico sulla notifica si produceva un effetto importante: i procuratori delle parti decidevano di ricorrere al meccanismo notificatorio sostitutivo, ossia alla posta ordinaria.
La corte d'appello interpretava l'iniziativa notificatoria assunta dalle parti come conferma del fatto che le stesse avrebbero adottato una condotta incompatibile con la validità della notifica telematica. La Cassazione invece non condivide questa interpretazione. Secondo i giudici di legittimità l’interpretazione del giudice di merito si scontra con il carattere chiuso e predefinito della sequenza delle varie fasi della notifica telematica. In questo senso, aggiunge la Cassazione, sussiste un'evidente tipicità delle caratteristiche dei messaggi gestiti dai sistemi di posta elettronica certificata, così come di quelli che eventualmente significhino anomalie, non accettazione, mancata consegna, virus. In virtù di tale tipicità, non sono ipotizzabili forme di degradazione di efficacia della notifica basate su commenti che esprimano assunti valutativi e soggettivi. Ciò a maggior ragione se, come nella vicenda in questione, il commento del cancelliere sia intervenuto ad un orario posteriore al riscontro della ricevuta telematica, ma anteriore a quello, di poco successivo, della ricevuta di avvenuta consegna. Se da una parte tale ricevuta può aver costituito un'indicazione prudenziale (tale da indirizzare le parti a intraprendere una propria iniziativa notificatoria), dall’altra non è in grado di rappresentare alcun limite all'esame (riservato in via esclusiva al giudice) della correttezza del principio del rispetto del contraddittorio (da avviarsi tramite le modalità tipiche della notifica senza alcuna prassi sperimentale né integrativa né suppletiva).
La Cassazione infine censura la sbrigatività con cui il giudice di merito si è pronunciato sulla sussistenza del presupposto per dare corso al modulo notificatorio di parte. Il giudice, infatti, non ha esperito (come era suo dovere) alcuna disamina sulla completezza della notifica telematica avviata dal cancelliere ma si è limitato a una mera recezione del rilievo del cancelliere senza neanche tener conto dei rilievi telematici nel frattempo acquisiti agli atti.