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domenica 17 luglio 2011

IL PRINCIPE DEL GIORNALISMO ITALIANO

INDRO MONTANELLI 


Un mio amico mi segnalava oggi la bella pagina che Beppe Severgnini dedicava sul Corriere della Sera a Indro Montanelli.
Sono stato contento di questa indicazione perché inaspettata. Gianluca è uno dei miei amici che collocherei a sinistra , con il pregio di non essere un ideologizzato. Mente aperta, intelligente, pronta a cogliere spunti e stimoli senza pregiudizi, guardando alla sostanza. "Io cerco di imparare da chiunque abbia qualcosa da insegnarmi", mi disse una volta, e mi pare sia un bel modo di pensare.
Nonostante  questo, Indro Montanelli lo facevo "antico" per lui, ed è stato bello scoprire invece di avere questa ammirazione grande in comune.
Indro Montanelli è morto dieci anni fa, il 22 luglio 2001, e per me nato negli anni 60 è stato il PRINCIPE del giornalismo italiano.  Liberale conservatore,  con una simpatia monarchica legata al suo essere stato ufficiale del regio esercito (ma certo duramente critico nei confronti di Vittorio Emanuele III, segnatamente per la fuga a Sud dopo l'8 settembre), Montanelli fu sempre assolutamente anti comunista, e questo negli anni 70 lo elesse ad avversario da colpire come simbolo. Il 2 giugno del 1977 le brigate rosse lo "gambizzarono" a Milano. A latere del grave episodio, due ricordi. Uno triste e meschino che riguarda il Corriere della Sera che ancora non aveva perdonato l'"abbandono" della sua prima firma avvenuto dopo la svolta a "sinistra" del giornale sotto la direzione di Piero Ottone , e che dedicò al fatto un breve articolo in cronaca SENZA nemmeno nominare l'identità del ferito ( Ottone si vanta di essere un vero gentleman old british style, e credo anche che lo sia...sbagliare lo facciamo tutti. Questo "errore" però fu brutto, meschino appunto).
L'altro ricordo  fa sorridere : su Repubblica Forattini (allora non ancora giubilato) disegnò uno  Scalfari che, alla notizia, fa per spararsi ad un piede, intollerante della popolarità del rivale.
In effetti Montanelli ha fatto in tempo a guadagnarsi la stima di moltissime persone anche NON della sua parte , cosa che non accadrà nella stessa misura ritengo a Bocca e a Scalfari , grandi giornalisti di poco più giovani di lui (Montanelli era del 1909, Bocca è del '20 e Scalfari del '24) , che hanno spaccato su di loro l'opinione pubblica.
Montanelli, probabilmente anche grazie alla sua pozione assai critica nei confronti della discesa in campo di Berlusconi, è stato alla fine molto elogiato negli ultimi anni pure dalla sinistra.
Ma di là di questo, sicuramente la sua arguzia, la sua veracità toscana, la sua limpidezza di mente e di spirito lo pongono su uno scalino superiore ai due pure importanti colleghi citati.
Di Montanelli non si ricordano amnesie del suo periodo fascista (anche Bocca e Scalfari furono fascisti) , non si ricordano giornali partito ( e ne fondò due, uno fortunato, il GIORNALE NUOVO, l'altro decisamente meno, la VOCE, che in realtà creò per cercare di dare occupazione ai suoi cronisti che lo seguirono dal Giornale che aveva lasciato proprio per gli attriti con Berlusconi), mentre si annoverano rifiuti nobili : alla direzione del Corriere della Sera (che rivincita dopo il divorzio ottoniano!!!! e invece rifiutò per fondare la Voce, per i motivi appena ricordati), e alla carica di Senatore a vita, offertagli da Cossiga.  "Meglio che un giornalista non si avvicini mai troppo al potere". così motivò il suo diniego. Raro no ?
Il suo imperativo di essere assolutamente chiaro e intellegibile da qualsiasi lettore lo traslocò anche nella sua "avventura" di storico. Indro Montanelli è autore di una "STORIA d' ITALIA", che parte dall'antica Roma per arrivare alla fine della Prima Repubblica negli anni '90,  che ha avuto un successo assoluto.
Nel 2004 l'opera toccò il numero di un milione di copie vendute ed è tuttora l'opera storiografica di maggiore divulgazione nel nostro paese.
"Perché è scritta in modo semplice e non accurato" dicono i critici, non facendo altro che confermare il raggiungimento dell'obiettivo che Montanelli si prefiggeva : scrivere non per i critici e gli storici, ma per la GENTE.
Severgnini oggi ricordava come fosse uomo di disponibilità assoluta, nonostante l'irrequietezza del carattere, e ne ricorda una frase sintomatica e preziosa per i suoi cronisti : "se in un articolo finiscono per svilupparsi DUE idee, una è di troppo...".
Oggi Montanelliani si dicono in tanti..., così come la parola liberale è divenuta di moda.
Per chi, come chi scrive,  era sia liberale che Montanelliano nel 1974, questa rivalutazione ampia e diffusa è motivo di piccolo ma legittimo orgoglio.
A dieci anni dalla morte il "suo" Corriere lo ha ricordato.
E sono belle cose.

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