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venerdì 9 settembre 2011

LA FAVOLA DEL PENSIONATO

L'argomento pensioni non mi appassiona lo confesso. Però siccome sono tra quelli convinti che sia ingiusta una imposizione fiscale che arrivi e superi, tra tasse e imposte, ben più della metà del guadagno delle persone, cerco di capire a che servono tutti questi soldi che la voragine pubblica (Stato e Enti, territoriali e non)  inghiotte.
Leggiamo tutti che i capitoli più gravosi della spesa sono tre : 1) SANITA' 2) PREVIDENZA E ASSISTENZA 3) PERSONALE PUBBLICO .
La seconda voce riguarda essenzialmente le pensioni. Se non ho seguito male una trasmissione sul tema, negli anni 60, quindi in una società dove le condizioni di lavoro erano meno agevolate di oggi ( il famigerato - osannato Statuto sarebbe nato nel 1970) e non c'era certo l'aspettativa di vita odierna, le persone andavano mediamente in pensione a 65 anni. L'industrializzazione, il boom economico e quello delle nascite portarono a credere che eravamo diventati non un paese finalmente NON povero ma addirittura RICCO. E che quindi si poteva disegnare un mondo come ci sarebbe piaciuto che fosse, al di là della fattibilità nel tempo.
Così , quello che generazioni forse forzatamente industriose avevano creato e RISPARMIATO in un decennio, si cominciò a "distribuirlo"...Si abbassò l'età pensionabile, si inventarono le pensioni baby (dove ci si poteva ritirare dal lavoro dopo 15 anni ....), si allargavano le maglie delle forme di assistenza, si adottò il sistema retributivo, con la pensione comminata sulla base dell'ULTIMA retribuzione percepita. Il messaggio era chiaro : smettete di risparmiare, è inutile, tanto alla vostra vecchiaia ci penserà lo stato con sanità e pensione.  Ovviamente, le generazioni ottuse di allora non si fidarono e continuarono ancora per anni a risparmiare (  e meno male !!!!) ma piano piano sono subentrate quelle successive e la parola consumo e debito smisero di essere non dico dei disvalori ma parole "pericolose".
Ora che non ci sono più 4 persone che lavorano per ogni pensionato - il rapporto è vicino alla parità : 1-1 - , che l'aspettativa di vita media non è più 70 anni ma 80 ( e qualcosina di più, specie per le signore...) , abbiamo scoperto ( mica solo NOI, in tutto l'OCCIDENTE sognatore è così) che questo sistema non è sostenibile.
Prima cosa che è stato eliminato è il criterio retributivo, sostituito con quello contributivo : la pensione si calcola sulla media dei contributi versati e NON sull'ultima retribuzione percepita. Brutto colpo ! Talmente brutto che per farlo digerire si è stabilito una messa a regime del nuovo corso graduale, in modo da non fare arrabbiare quelli che ormai erano vicini al risultato. Diritto acquisito....Ma se in pensione non c'erano andati? Vabbè stanno ormai vicini... Ma perché hanno versato più contributi di quelli che stiamo versando noi? Aliquote più basse? No, al contrario, le aliquote le stanno alzando ora, quindi più contributi (per pagare i pensionati odierni e dell'immediato futuro) per una trattamento pensionistico che, se avremo, sarà infinitamente inferiore a quello dei nostri genitori (io), nonni (mio figlio).
Già sento alzarsi i cori di sdegno di chi grida di aver lavorato x anni , versato fior di contributi e ora lo stato glieli vuole scippare....
FALSO.
Dal momento in cui si va in pensione a meno di 60 anni, con versamenti diciamo di 30-35 anni , e con una aspettativa di vita di almeno altri 20 anni, ben pochi  hanno versato per quanto poi percepiranno col sistema retributivo .
Questo calcolo secondo me è facile, lo potreste fare anche da soli (io l'ho fatto per me, favoleggiando una pensione retributiva che è toccato a mio padre ma che io non avrò), comunque a farlo  ci ha pensato una commissione apposita insediata al Ministero del Lavoro per lo studio della spesa previdenziale.
Il Presidente della stessa, il sig. Alessandro Brambilla, ha scritto una lettera assai preoccupata al direttore del Corriere della Sera, spiegando che insomma, qui rimandiamo, rattoppiamo  ma la cosa più prima che poi dovrà essere affrontata seriamente.
La commissione ha fatto questo calcolo : somma (categoria per categoria) di tutti i contributi versati per la vita lavorativa , capitalizzazione degli stessi al tasso d'interesse dei titoli di stato, il risultato, definito "montante",  diviso per l'importo annuo della pensione erogata.
Risultato :  i contributi versati NON coprono, col sistema retributivo, il costo della pensione effettivamente erogata.
Esempio....contributi versati in 40 anni 100, la ricapitalizzazione porta questo capitale a 130 , ogni anno pago 10. Quanti anni sono coperti? Facile, 13. Se ne vivo 20 , come è nelle aspettative andando in pensione a meno di 60, quanti ne restano fuori , non coperti? SETTE!
Quindi non è vero che i lavoratori si pagano la loro pensione....non TUTTA. Il restante lo pagano le TASSE.
Come chiamarla questa prerogativa di chi gode e godrà del sistema retributivo rispetto a tutti noi che , se ci dice bene ( ma molto bene!), fruiremo di quello contributivo? Privilegio? Sperequazione? Ingiustizia.
Scegliete voi.
ALCIDE DE GASPERI, ULTIMO UOMO DI STATO ITALIANO
A me piace ricordare , pensando alla pavidità dei politici odierni di centro destra e alla demagogia vergognosa dell'opposizione, la famosa distinzione di De Gasperi tra politico e statista " il primo pensa alle prossime elezioni, il secondo alle prossime generazioni ". 

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