Pagine

martedì 20 settembre 2011

SISTEMA ELETTORALE : AI MODERATI SERVE IL MAGGIORITARIO

Con la solita maestria Angelo Panebianco affronta sul Corriere della Sera una questione meno gettonata delle escort del premier, meno grave della crisi economica ma non insignificante specie in prospettiva nemmeno troppo lontana : la riforma elettorale.
Abbiamo riportato qui una sorta di "dibattito" avvenuto su FB tra sostenitori del sistema proporzionale, sicuramente il più rappresentativo della moltitudine di espressioni in cui si può articolare l'elettorato , specie quello italiano, e quelli del sistema maggioritario, semplificativo e favorente la sintesi e il preventivo impegno dell'uso del voto. Proprio per il secondo motivo, personalmente preferisco il secondo . Nella prima repubblica votare significava conferire una delega in bianco al partito scelto che poi si sarebbe alleato con chi avesse voluto DOPO le elezioni secondo opportunità (rectius convenienza).
Come molti sapranno, si stanno raccogliendo le firme per il referendum abrogativo dell' attuale sistema, quello proporzionale ma con premio di maggioranza senza preferenze , il cd. porcellum...., con l'intento, non so quanto poi giuridicamente percorribile, di rimettere in vita il precedente sistema, un maggioritario corretto con una quota (il 25% del totale) di seggi assegnata col sistema proporzionale.
Angelo Panebianco spiega, con chiarezza e efficacia ( a me ha convinto) che tutte le soluzioni sono percorribili ma solo quella che conserva un sistema bipolare, a maggioranza, scongiurerebbe il PDL dalla diaspora in mille partitini, demolendo quella casa comune dei moderati che , bene o male , oggi c'è e dalla quale si potrebbe ripartire con nuovi protagonisti.
Buona Lettura


La crisi, che è politica e finanziaria insieme, ci schiaccia sul presente, ci impedisce di ampliare il nostro orizzonte temporale. Ma, quale che sia la sorte a breve termine del governo Berlusconi, l’Italia ci sarà anche domani e con essa resteranno i suoi problemi. Pensare al futuro è necessario.
Comunque la si giudichi, è rivolta al futuro l’iniziativa referendaria in corso tesa all’abrogazione della attuale legge elettorale. Imposta da Arturo Parisi a un Partito democratico che, nella sua dirigenza, era inizialmente contrario (e molti, nel Pd, lo sono tuttora), si propone di ripristinare quel sistema prevalentemente maggioritario con il quale abbiamo votato in tre elezioni consecutive: 1994, 1996, 2001. Non è un sistema perfetto (a causa della presenza di una quota proporzionale), ma è sicuramente migliore di quello oggi in vigore. L’iniziativa sta avendo un notevole successo ed è probabile che le cinquecentomila firme necessarie vengano raccolte. Al momento, fatta eccezione per alcuni sostenitori storici del maggioritario, primo fra tutti Mario Segni, si è mobilitata soltanto la sinistra. Il centrodestra è assente. Come mai? Come mai sono altrove gli esponenti del Pdl? Non è forse vero che l’iniziativa in corso punta a ripristinare quel sistema elettorale maggioritario, con collegi uninominali, grazie al quale Forza Italia (di cui il Pdl è l’erede) poté costituirsi e poi vincere due elezioni nazionali?
Quando Angelino Alfano venne scelto da Berlusconi come segretario del Pdl scrissi (Corriere del 4 luglio) che, a mio parere, proprio sul tema della legge elettorale egli avrebbe dovuto giocare le sue carte più importanti. Perché al Pdl, tanto più ora che è sul punto di fronteggiare una crisi di successione, serve, per garantirsi la sopravvivenza, che il bipolarismo venga messo in sicurezza. E solo una legge maggioritaria può farlo. Perché dunque il Pdl è fermo, perché non ha colto l’occasione del referendum Parisi per battere un colpo, per fare una sua proposta di riforma maggioritaria?
Nessuno, nel centrodestra, ha ancora l’ardire di difendere l’attuale legge elettorale. È difficile trovare buoni argomenti per difenderla. È soprattutto impossibile sostenere che il meccanismo delle liste bloccate abbia incontrato il favore dell’opinione pubblica o contribuito a rinsaldare il rapporto fra rappresentati e rappresentanti. Tutti sanno che lo status quo non potrà reggere ancora a lungo. Ci sono allora due sole possibilità: o un ritorno alla proporzionale, comunque camuffata (ci sono molti modi per camuffarla), o una nuova legge autenticamente maggioritaria. Nel primo caso, il Pdl andrebbe incontro a sicura disgregazione. Nel secondo caso, avrebbe maggiori chance di superare la crisi di successione, potrebbe continuare a essere la «casa comune» dei moderati italiani anche dopo l’uscita di scena di Berlusconi.
Viene da pensare che il gruppo dirigente del Pdl si sia già rassegnato alla disgregazione, che, in particolare, sia pronto a concedere all’Udc di Casini—un partito coerentemente (e legittimamente) proporzionalista — il ritorno alla proporzionale, in cambio di una qualche forma di appoggio politico nell’ultima fase della legislatura. Sarebbe una scelta legittima. Ma si deve sapere che, in tal caso, alle prossime elezioni tanti partitini rissosi si contenderebbero le spoglie di quello che fu il grande partito del centrodestra. Forse — chissà? — a singoli esponenti del Pdl ciò potrebbe convenire. All’Italia sicuramente no.

Nessun commento:

Posta un commento