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giovedì 15 dicembre 2011

DETRAIBILITA' DI TUTTE LE SPESE. PERCHE' NON SI FA ? IO MI SA CHE LO SO...

Efficace l'articolo di Maria Giovanna Maglie su Libero di oggi dove la nota giornalista, nel criticare la scarsa originalità delle misure di Super Mario, ripropone una ricetta nota per l'eliminazione della evasione fiscale : la detraibilità totale di TUTTE le spese sostenute dalla dichiarazione dei redditi.
Se io cittadino posso scalarmi dalle tasse tutti i soldi spesi a qualsiasi titolo ( dentista, commercialista, avvocato, medico, idraulico.......) avrò tutto l'interesse  a pretendere la fattura. Evasione kaput!
Non è l'uovo di colombo. E non è certa la Maglie la prima a tirare fuori questa soluzione, sempre scartata anche dai governi di sinistra, che pure sono i più avvelenati con gli evasori, che militano di più nel campo della libera impresa e delle professioni, mentre il popolo degli stipendiati (il loro), obtorto collo, le tasse, almeno quelle sul reddito da lavoro, le pagano.
La domanda dunque gentile Maglie è COME MAI?
La risposta è stata data, sia pure con grande difficoltà: il gettito complessivo DIMINUIREBBE!!!!
Questo l'hanno detto in tanti, tra cui Visco e Befera, che certo dei simpatizzanti dell'evasione NON sono.
Vi lascio alla lettura del bell'articolo, ma sul problema bisognerà tornare

Lanciamo un bel movimento tosto contro le tasse inique, che incatenano la nostra vita e bloccano l’economia del Paese. Su Libero siamo pronti e abbiamo da perdere solo le nostre catene.  È più serio e più importante di qualunque lamentazione sulla casta, che è quel che è e se continua così si autodistrugge, è un sentimento profondamente condiviso, una rabbia vera e giusta. Facciamolo con quelli del Tea party Italia, diamogli una mano,  from the roots, dalle radici del Paese. L’Italia non ha bisogno di manovre, cioè di gestire l’esistente, che di suo è già compromesso a sufficienza senza mettergli nuovi fardelli. L’Italia ha bisogno di riforme, cioè di cambiare l’esistente.
La proposta - La prima riforma, motore delle altre, perfino della indispensabile e drastica diminuzione della spesa pubblica, è quella delle tasse, nel senso di ridurne drasticamente il peso strozzinesco sugli italiani e nel contempo di abbattere l’evasione, male grave ma anche ruffianamente tollerato - anzi consentito - dal sistema, nonché, mi perdoni maestro Pansa, più che giustificabile vista la presente stupidità mista ad iniquità  del sistema.  Esprimo un concetto di mero buon senso, lo ammetterete, non sono un economista e me ne vanto, eppure è un concetto e una iniziativa sconosciuti ai governi italiani, a quelli di sinistra che non ci pensano proprio, ché di nuove spese e nuove tasse si ingrassano e campano, e all’ultimo Berlusconi che ha promesso e promesso, e mentito e mentito, dunque fallito, un po’ come il Bush senior d’America, che nel 1991 vinse la guerra e perse la sua battaglia perché aveva giurato «Read my lips, no more taxes» («Leggetemi le labbra, nessun aumento di tasse») e si dimostrò spergiuro agli americani, che non perdonano. Lo scrive magistralmente nel suo ultimo libro Luca Ricolfi, uno che è di sinistra come io sono l’etoile della Scala: «La colpa più grande di Berlusconi non è di aver reso l’Italia meno democratica, ma di non aver mantenuto nessuna delle sue migliori promesse: più liberalizzazioni, più meritocrazia, più crescita, meno tasse, meno sprechi, meno burocrazia».
Stato di polizia - Il concetto e l’iniziativa appaiono però sconosciuti anche ai tecnici del governo Monti, ai professorissimi che un mese fa ci hanno rassicurato che il deficit di democrazia sarebbe stato magicamente compensato dall’efficienza della loro manovra - aridaje con le manovre - che ci hanno spiegato che loro non sono condizionati dal consenso, brutta bestia l’elettore, che alla fine  hanno partorito, meglio forse stanno partorendo, che il tempo passa e lo spread stranamente è fermo, una roba da stato di polizia perché qualunque riservatezza è morta, più tasse, tasse, tasse, dalla benzina alle case ai conti correnti, tanto per gradire  anche una discreta autarchia di ritorno, al grido di «ti sei comprato uno studiò monolocale a Parigi, paghi il doppio, così impari a non farti la giovanottiera a Viterbo».
Dismissioni - Dopo tanto studiare è forse venuto loro in mente che c’è un gigantesco patrimonio pubblico da dismettere? Macché. Hanno riflettuto sul fatto che per un servizio sanitario nazionale oltretutto inefficiente spendiamo 200 miliardi di euro ogni anno, l’80 per cento della spesa delle Regioni, e che quello sì che ai ricchi si potrebbe chiedere di sostenere a proprie spese? No, troppi interessi, tra burocrazia e intrallazzi del mondo farmaceutico.
Inutile prendersela con Equitalia se dopo questa manovra saremo più tartassati e più poveri, dissanguati e verso il prossimo salasso, quelli sono amministrativi ed eseguono. Colpevoli sono i politici di centrodestra, prima di centrosinistra, oggi professori e tecnici, sordi all’elementare difesa liberale del cittadino contribuente contro le pretese eccessive dello Stato. Ribellarsi è giusto. Le strade sono due.

Detrazioni 
Aliquota unica al 25 per cento, oppure anche due, la massima al 33, non mi formalizzerò per questo, sono cifre eque, e naturalmente nessuna deduzione, si paga e basta. Oppure c’è la strada che tanti Paesi civili percorrono, e anche se l’aliquota è alta si detraggono le spese dei privati, badate bene, non solo delle aziende, e in quota massiccia, la metà almeno, qualcosa di più se si usano le carte di credito, perché spendere significa far circolare denaro, dare lavoro, consentire un sospiro di sollievo, uscire dall’agonia nella quale soffochiamo oggi. Io cittadino spendo: taxi, vestiti, ristorante, idraulico e dentista, e detraggo. Le ricevute e le fatture mi servono come il pane, non mi appesantiscono inutilmente le tasche, e le esigerò, altro che nero, perché mi conviene, non per un principio morale tafazzista. Sei mesi ed è finita pure l’evasione. Io non sono economista ma non sono scema. Facciamo qualcosa, cattivi per una volta.
 

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