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martedì 14 febbraio 2012

RIFLETTERE? E PERCHE' MAI? LA VITA E' COSì BREVE...

Tempo fa lessi un articolo sul Corriere dove veniva citato il libro uscito in Francia di una insegnante di liceo che aveva suscitato un certo rumore.
L'Insegnante era partita da questa osservazione....in classe, durante la lezione, non c'era MAI silenzio.
Non importava se si spiegava, se c'era una interrogazione, un compito....un borbottio sordo, fatto di commenti, battute, interventi, più o meno pertinenti con quello che veniva fatto in classe, c'era SEMPRE.
Ricordando le esperienze passate, e risalendo anche a quelle vissute da studentessa, era facile individuare il cambiamento: PRIMA, a parte momenti di scatenamento della classe, nel cambio dell'ora , tra un professore e l'altro, c'erano i due o tre irriducibili chiacchieroni, ma neutralizzati quelli, il silenzio e una (magari finta ) attenzione si otteneva; ADESSO il silenzio in classe è eccezione assoluta. A rotazione, quasi tutti dicono qualcosa.
Inizialmente l'insegnante aveva pensato che potesse essere un fenomeno che avveniva con lei, ma parlandone coi colleghi riceveva assicurazione sul fatto che così non era, la cosa era assolutamente diffusa.
A quel punto la riflessione si è allargata e si è estesa alla considerazione delle altre forme preferite dai giovani per comunicare: gli sms al posto della telefonata, twitter meglio ancora della chat. Brevità e immediatezza. Questi i  pregi.
Difetti ? Tempo di riflessione: NESSUNO.
E' esattamente quello che noto spessissimo anche io.
Un tempo le persone parlavano poco, un po' intimorite all'idea di dire stupidaggini.
Poi il trionfo della TV, specie quella demenziale stile Grande Fratello, Isola dei Famosi et similia, ha fatto pensare che questo problema, dire cose sensate, non banali quando non stupide, non era così essenziale. L'importante era "esserci", farsi "sentire", dire la propria.
Tanto, si potrà sempre sostenere: "è il mio pensiero", "la mia opinione"  e solo per questo invocare la libertà costituzionale sancita (non lo sanno, glielo dico io ) dall'art. 21, che giustamente non fa eccezione per le cazzate.
Un secolo e più è passato dalla esortazione Einaudiana di PRIMA CONOSCERE, poi discutere, e infine deliberare (decidere, in senso più comune ).
Chi lo fa ancora? Nemmeno i governanti. Luca Ricolfi, ma non solo lui, ha spesso ricordato come, per realizzare delle riforme SERIE, si dovrebbero studiare prima i problemi, attentamente, con ricerche ponderate, che valutino numeri, realtà, circostanze. Possono passare anche due anni per questo, ma l'idea è che poi quella riforma DURI, non che, se poi non va bene, tanto si cambia! Invece da noi si agisce sull'emergenza e si fanno pastrocchi tipo le cd. liberalizzazioni.
Dei tre momenti fondanti una scelta, il conoscere, il discutere e infine il decidere, da noi il primo è stato abolito.
E succede ovunque, scuola compresa, dove appunto gli studenti sentono l'urgenza di dire quello che gli viene in mente,  immediatamente, come fossero ad un telequiz,  quasi una prova a se stessi di esistenza in vita.
La paura della banalità, del luogo comune, della brutta figura, è sparita.
Peccato.

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