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sabato 7 aprile 2012

LA MARCEGAGLIA RICORDA A MONTI E FORNERO CHE SONO LORO QUELLI CHE CAMBIANO LE CARTE IN TAVOLA

La Marcegaglia a me piaceva quando era presidente dei giovani industriali italiani, e ho continuato a guardarla con simpatia al momento del suo insediamento come guida di Confindustria. Poi non più. Francamente mi è sembrato più un atteggiamento "frondista" che legittimamente critico quello adottato nei confronti dell'ultimo governo Berlusconi. Un remare contro, per guadagnare consensi in vista del ribaltone che si delineava, e che poi si è solo parzialmente compiuto, visto che il PDL comunque appoggia il governo Monti.
Altra cosa che le rimprovero, ma la cosa riguarda un po' tutta Confindustria, è il non battersi con il coltello tra i denti contro la politica fiscale dello Stato. La sensazione, ma è qualcosa di più, è che ci sia una sorta di scambio tra l'accettazione delle tasse e dell'oppressività fiscale,  in cambio del mantenimento dei sussidi a pioggia per le imprese (si parla di 60 miliardi di euro l'anno!!!!) e soprattutto della Cassa integrazione straordinaria. Strumento col quale le grandi imprese (mentre le piccole si attaccano!) di fatto scaricano i dipendenti nei momenti di crisi in accordo coi sindacati perché tanto il posto viene conservato e gran parte della retribuzione pure. A spese di chi tutto questo? Dello Stato of course!
Apprezzo però la ribellione al passo indietro di Monti sulla riforma del lavoro, contestato non solo dagli industriali ma da professori ed esperti di economia anche di sinistra ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/04/non-e-che-riformare-sia-di-per-se-un.html) quali Ichino.
La Fornero, che ha altre doti ma non certo quella della diplomazia e della simpatia, ha definito quella della Marcegaglia e del suo ambiente "isterica". La presidente uscente di confindustria ha risposto con eleganza.
Di seguito l'intervista che personalmente trovo un buono strumento giornalistico, semplice e diretto.
Prima però qualche cenno sulla conferma della presunzione Montiana. Mai che quest'uomo sia attraversato dal dubbio di sbagliare, anche laddove è facile notare che se prima deposita un testo - quello dove il reintegro per motivi economici NON è MAI possibile - e poi lo cambia, evidentemente o prima o dopo ha sbagliato e si è dovuto correggere. Certo, c'è l'ipotesi del compromesso necessario, ma secondo me lui ne sta facendo troppi. In Germania la GROSSE Koalition ha funzionato perché i due partiti maggiori, SPD e CDU, erano comunemente disposti e determinati a seguire un piano di riforme dolorose e impopolari che CONDIVIDEVANO. Dopodiché ognuno ha ripreso la propria strada. Qui da noi NON C'E' niente di tutto questo. Il compromesso non è una SINTESI positiva, ma un do ut des che realizza riforme a macchia di leopardo. Qui mi accontenti tu, qui ti accontento io. E quindi, statalismo rigido contro la riforma Biagi (finora l'unica di qualche valenza nel nostro paese dagli anni 70 nel mondo del lavoro), con conseguente minore flessibilità in "entrata", così da accontentare la sinistra, e intaccamento del moloch dell'articolo 18, per far contenti gli imprenditori. Su questo però si è fatto un passo indietro, ancorché non totale (tanto è vero che la FIOM continua a protestare).
A parte questo, il nostro non sopporta critiche in assoluto, e se arrivano dai giornali che fino a ieri lo celebravano come il salvatore non solo dell'Italia ma dell'Europa, ecco che il "nostro" prende carta e penna e spiega che si sbagliano.
Ma sempre gli altri sbagliano Mr. Monti? Ma un dubbio piccolo piccolo mai?
Comunque vi lascio all'intervista della Marcegaglia


Presidente che fa, anche lei ritira il sì alla riforma verbalizzato da Monti a Palazzo Chigi il 20 marzo? 
«Noi - risponde Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria - siamo stati gli unici davvero leali rispetto a quella riunione. Quel testo lo avevamo condiviso nonostante già ci fossero per noi cose indigeste. Ma purtroppo, nella notte tra martedì e mercoledì, è stato peggiorato sia sull'articolo 18, dove è stato reintrodotto il reintegro anche sui licenziamenti per motivi economici, sia sulla flessibilità in entrata. Questo testo è sbagliato, ma è il governo che ha cambiato posizione, non Confindustria».
Se è così, il metodo seguito non ha funzionato. 
«Vediamo come sono andate le cose. Il governo ha fatto una trattativa con le parti sociali ed è arrivato a verbalizzare una conclusione che ha visto il consenso di tutte le parti sociali tranne la Cgil; ma dopo ha cambiato la parte sull'articolo 18, nonostante Monti in conferenza stampa avesse detto che non si toccava più, e ha irrigidito la flessibilità in entrata. Se è così, tanto valeva non farla la trattativa».
Dopo questo scontro è cambiato il giudizio di Confindustria sul governo? 
«No. Noi siamo stati tra coloro che più hanno sostenuto la necessità che nascesse il governo Monti. Ribadisco che il premier ha tirato fuori l'Italia dal baratro. I primi passi sono stati nella direzione giusta e continuo a pensare che il governo debba andare avanti. Ma proprio per questo, sento il dovere di dire che questa riforma è negativa per il Paese».
E quindi va cambiata in Parlamento? 
«Certo, va cambiata profondamente e se ciò avverrà il nostro giudizio potrà mutare. Altrimenti il rischio è che, per vent'anni, ci teniamo una cattiva riforma».
Se alla Camere comincia un tira e molla sulla riforma, Monti metterà la fiducia. 
«È un suo diritto, ma questo sarebbe negativo, perché la riforma è sbagliata».
Partiamo dal riordino dei contratti. Che cosa c'è che non va? 
«In Europa non c'è nessun Paese dove il contratto a termine costa più di quello subordinato. Ora qui si fanno costare di più addirittura i contratti stagionali che non possono che essere temporanei. Come si può pensare di penalizzare questi contratti nel turismo o nei trasporti marittimi e aeroportuali? Avevamo avuto dal governo affidamenti che il prelievo aggiuntivo dell'1,4% sarebbe stato escluso in questi casi, invece niente».
Ammetterà che bisogna ridurre l'abuso di partite Iva, co.co.pro e associati in partecipazione, altrimenti l'80% dei giovani continuerà ad avere contratti temporanei. 
«Gli abusi vanno combattuti, ma con i controlli degli ispettori del Lavoro, non con una presunzione automatica di illecito, per cui il rapporto di lavoro si trasforma in subordinato. Questo approccio forse poteva andare bene nel vecchio mondo fordista, ma le cose sono cambiate. Questa norma penalizza fortemente l'autoimpiego e le start-up, soprattutto di giovani. Le faccio un esempio. Se io prendo un giovane softwarista che ha la partita Iva ed è contento di averla e sta nella mia azienda per sei mesi per sviluppare un software complicato e io gli do una scrivania, rischio di doverlo assumere. Ma si immagina a che cosa andiamo incontro? Da ieri mi sono arrivate decine di telefonate da imprenditori terrorizzati per il rischio che il contenzioso esploda».
Il governo dice che la riforma favorirà l'aumento dell'occupazione. Anzi, della buona occupazione. 
«No. Il rischio, invece, è che le imprese, spaventate dai nuovi vincoli, non ricorrano più nemmeno ai contratti flessibili. Con la presunzione di abuso non si combatte la precarietà, ma si ammazza anche la flessibilità buona».
E quindi potrebbe aumentare il lavoro nero? 
«Esatto».
Il riordino dei contratti non va bene, quindi. E i nuovi ammortizzatori sociali? 
«Questa parte la condividiamo. È giusto avere un approccio più universalistico. E Confindustria ha accettato una rinuncia dolorosa, quella all'indennità di mobilità, che pure ci è servita per gestire senza problemi ristrutturazioni e crisi. E questo - per rispondere al ministro del Lavoro Elsa Fornero - dimostra il nostro senso di responsabilità. Mi lasci però dire che le nuove tasse per finanziare questi ammortizzatori non sono una gran trovata».
Veniamo all'articolo 18. Monti dice che il reintegro sui licenziamenti economici potrà avvenire in casi eccezionali e che l'indennizzo sarà la regola. Se è così perché protestate? 
«Perché mentre la formulazione precedente era chiara e non dava più luogo al reintegro, ma solo al pagamento di un indennizzo generoso, più alto della media europea, il nuovo articolo 18 apre un problema di interpretazione del giudice. Si torna all'incertezza, c'è meno prevedibilità. Invece gli investitori italiani ed esteri chiedono certezza. Nessuno sa che cosa succederà, se cioè prevarranno gli indennizzi, come dice il presidente del Consiglio, o i reintegri».
Era meglio non far nulla? 
«No. Sull'articolo 18 c'è un modesto avanzamento rispetto ad oggi, ma è una soluzione a metà, che rimane nella nebbia».
Ma le pare esagerato che per un licenziamento economico dai motivi manifestamente insussistenti sia previsto il reintegro? 
«Il reintegro non c'è negli altri Paesi. In pratica neppure in Germania».
Secondo diversi imprenditori, tra i quali il prossimo presidente di Confindustria designato Giorgio Squinzi, l'articolo 18 non è una questione prioritaria. Secondo lei? 
«Io non ho mai detto che se riformiamo l'articolo 18, domani ricominciamo a crescere. Però è un fattore che influisce, insieme alla burocrazia, agli investimenti in formazione, innovazione, infrastrutture e all'abbassamento delle tasse».
Lei nella sua esperienza quante persone ha licenziato? 
«Pochissime, davvero. Perché per fortuna la mia azienda è sempre cresciuta. Ma tante aziende, in caso di necessità o crisi, neanche ci provano a licenziare perché è troppo complicato. E quindi il problema esiste».
Il governo dice che il contenzioso diminuirà perché la maggior parte delle controversie si risolverà in sede di conciliazione obbligatoria. Secondo lei? 
«La conciliazione è molto importante però, affinché funzioni, bisogna correggere la norma introducendo meccanismi che non consentano di bloccare in maniera pretestuosa l'iter».
La Fiom sostiene che l'articolo 18 è stato smantellato, la Cgil parla di risultato positivo. Chi ha ragione? 
«È la prova che la soluzione trovata non è chiara. Ognuno la interpreta come meglio crede».
Secondo Fornero è solo un teatrino delle parti sociali. 
«Io a differenza sua, che ha parlato di reazione isterica, usando proprio lei un termine molto maschilista, dico che la stimo e la considero brava. Però se tutto il mondo delle imprese dice che non va bene mentre la Cgil dice che va bene, è una soluzione equilibrata?».
Monti e Fornero sono irritati per le sue critiche perché dare l'impressione ai mercati che per gli imprenditori italiani non è cambiato niente fa saltare gli sforzi del governo di rendere attrattivi gli investimenti nel nostro Paese. Non crede che abbiano ragione? 
«Quando Fornero dice "le imprese non hanno più alibi per investire e assumere" non è così, perché aumentano le incertezze e aumentano i costi».
Lei è al termine del suo mandato. Se glielo chiedessero, si candiderebbe? Ci sarà nel suo futuro la politica? 
«No, assolutamente no. Voglio tornare in azienda. E a fare la mamma. Mia figlia di nove anni mi aspetta».
 

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