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martedì 17 aprile 2012

NEL MONDO SI VOTA. E "SINISTRA" E "DESTRA" TORNANO AD AVERE UN SENSO

Le imminenti elezioni francesi - domenica prossima ci sarà il primo turno - e l'approssimarsi di quelle americane, che si terranno a novembre di quest'anno, offrono lo spunto per qualche riflessione.
NON è vero che DESTRA e SINISTRA non esistano più, almeno NON nel senso che ci sia ormai un'idea omogenea di società condivisa, dove si sceglie un leader anziché un altro solo in funzione della capacità che gli si attribuisce di meglio governare. Non è solo questo.
L'allegra finanza pubblica, lo spendere indebitandosi senza pensare al momento della "restituzione" dei debiti, sicuramente ha favorito una certa tendenza alla "confusione".
Specie da noi, dove chiunque governasse, alla fine pensava più a mantenere uno status quo sostanzialmente accettato e condiviso grazie ad un benessere diffuso e comunque ad una rete di assistenza per i più deboli che sostanzialmente funzionava.
La globalizzazione, e quindi la concorrenza "sleale" di economie AFFAMATE e disposte a lavorare il doppio di noi occidentali a un quinto del costo, ha rotto questa campana di vetro magica, e il debito non basta più per conservare i privilegi accumulati nei decenni. Non solo, oltre a non bastare, non è nemmeno più sostenibile.
Una tragedia per i "panda" europei, come ci ha graziosamente definito un imprenditore della Cina rampante, che ci derideva osservando come gli occidentali sono frustrati dal non poter impedire agli altri paesi di lavorare più di loro...
Di qui la crisi e la necessità di ricette che la risolvano. E queste sono DIVERSE.
In Francia Sarkozy cerca di spaventare i ceti borghesi e imprenditoriali di fronte al ritorno al governo della "gauche", mentre Hollande a sua volta imita, addirittura fisicamente, gli atteggiamenti di Mitterand, l'unico presidente francese di sinistra in tanti decenni di seconda repubblica (de GAulle, Pompidou, D'Estaing, Chirac e Sarkozy, appartengono tutti alla Droit). Entrambi peraltro prendono le distanze dal "rigorismo" europeo di questi anni, il raggiungimento  a tutti i costi  del pareggio di bilancio, che tanto fa soffrire gli stati abituati alla pacchia del debito, come ricordavamo prima. Sarkozy promette di trasformare la BCE in quella Banca di ultima istanza che ben potrebbe stroncare gli assalti speculativi ai "debiti sovrani" (magari a prezzo di una travolgente inflazione, ma questo ci si penserà dopo, un problema alla volta...). Hollande ha già detto che, lui presidente, la Francia NON ratificherà il trattato di FISCAL COMPACT pure sottoscritto di recente dai vari premier europei (con l'eccezione della Gran Bretagna e dalla Cekia) che imporrebbe , se ratificato, regole molto severe in campo finanziario. Tanto per dirne una, il Deficit Pubblico non potrebbe essere superiore al 60% del PIL. In Italia siamo esattamente al doppio e cresce ancora....
Ma se i due candidati sono in "linea" sul contrastare il rigorismo tedesco (e che accadrà su i mercati quando lo scontro si esternerà??), lo sono molto meno  sul piano fiscale e imprenditoriale, dove la sinistra ha sempre e comunque una parola d'ordine sacra : tassare i "ricchi".
Ora, io ricco non sono, e mai lo sarò. E sono anche d'accordo sull'aiuto dei più deboli, delle persone meno capaci o meno fortunate. Ma la solidarietà non deve essere confusa con l'assistenza orizzontale, e tanto meno con l'eguaglianza livellatrice dei meriti e quindi dei compensi. Che invece è cara ad una certa sinistra invidiosa e parassitaria.
In Francia comunque destra e sinistra sono accomunate da un'idea nazionale di STATO FORTE. In questo il gollismo non regala niente ai socialisti , e del resto l'orgoglio nazionale e la nostalgia della "grand'heure" sono tratti comuni a tutti i francesi.
Più interessante e significativo in questo senso lo scontro in USA. Qui veramente c'è la riproposizione di due concetti antitetici: Liberal e Liberismo.
Alesina scrive un bell'articolo proprio su questo confronto nel Corriere di oggi e spiega chiaramente:
"Una rielezione di Obama significa l'approvazione di uno Stato più intrusivo nell'economia :la conferma della costosa riforma del sistema sanitario, la regolamentazione della finanza, politiche favorevoli ai sindacati amici del partito democratico, un aumento della pressione fiscale, una forte redistribuzione del reddito dai ricchi ai poveri con un sistema fiscale ancora più progressivo , anche a costo di ridurre la crescita dell'economia. Tutto ciò renderà gli Stati Uniti più simili all'Europa. Se gli americani premiassero Romney , indicheranno che vogliono ritornare ai valori dell'"eccezionalismo" americano. Valori basati sull'individuo che si "aiuta da solo" e che non è assistito dallo Stato. Uno Stato limittao, che protegge i più deboli ma solo quelli, e non interferisce nella vita economica delle classi medie e medio basse. Uno Stato che non redistribuisce molto , ma lascia che siano le forze del mercato a premiare i più produttivi, coloro i quali hanno investito maggiormente sul proprio capitale umano e quelli che lavorano di più. Uno Stato che non vede la ricchezza come un "peccato"  ma come un segnale di successo e che crea incentivi per la crescita."
Ecco, al di là poi della difficoltà di realizzare i rispettivi obiettivi, ci troviamo di fronte a due leader che dicono cose assolutamente diverse, con un'idea di società che se non è opposta poco ci manca.
A questo serve la democrazia. A scegliere. Non si possono realizzare per sempre i pasticci consociativi a cui assistiamo da noi, dove si cercano di quadrare i cerchi. Certo, i compromessi sono utili, ascoltare l'"opposizione" , confrontarsi con essa, doveroso. Ma poi bisogna decidere. E lo si fa in funzione di ciò che si ritiene GIUSTO,  dell'idea di Società che si pensa vada realizzata.
Giocando a fare il tifoso in elezioni che pure mi riguardano ormai da vicino ( l'Europa avrà dei sommovimenti a seconda di queste elezioni, e quindi anche l'Italia) , negli Usa per forza Romney, proprio perché NON mi appartiene l'idea di Obama, ancorché quest'ultimo mi stia più simpatico. In Francia anche preferisco il candidato progressista, ma lì posso concedere più spazio alla simpatia. Come detto, non ci sarà mai in Francia un presidente "liberale", hanno un concetto dello stato troppo forte e intrusivo.
E allora tanto vale mandare a casa uno spocchioso arrogante come Sarkò e sperimentare una persona "garbata" come Hollande.

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