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giovedì 21 giugno 2012

IL CASO LUSI E GLI SCHETTINO DI CUI è PIENO IL PARLAMENTO


Lusi, il cassiere dalle mani bucate e anche piuttosto svelte della Margherita è finito a Rebibbia  grazie al placet dei colleghi senatori.
E' simpatico Lusi ? No. Anzi, considerato che si dava le arie del primo della classe e che si professa cattolico  fervente e praticante, tuttaltro. Personalmente mi dispiace che sia in prigione ? No, non mi importa niente. E poi magari sono gli unici giorni che si farà, che alla fine capaci avvocati dimostreranno che sì, si è messo in tasca dei soldi non suoi, ma insomma , si tratta di un reato minore - appropriazione indebita - sia pure per somme ingenti. Le risarcisce ed è fatta ! Il resto riguarda la politica, e un sistema, quello che fa arrivare i soldi dei cittadini ai partiti, che indigna a vuoto, perché tanto lì sta e lì resta.
Il PDL non ha votato....- fa strano parlare di un partito che in parlamento è maggioranza e fuori è in dissolvenza...- io scommetto che se noi cittadini avessimo posto la questione in questi termini : " O Lusi in carcere, o vi azzerate i rimborsi elettorali ", Quagliarello e co. avrebbero fatto a spintoni per votare per la galera del collega...
Lo spettacolo dato dal Parlamento, dai vari senatori, è stato ributtante per l'ipocrisia fino all'indecenza.
Non parlo dei radicali, di cui non sempre riesco a seguire i complessi ragionamenti  politici ma che sinceramente non possono essere messi sullo stesso piano. Ma gli altri ?? Anche Follini, in genere uno che non si lascia andare al populismo , alla demagogia facile, si è lanciato nella retorica dell'uomo , Lusi, moralmente indifendibile ....In Parlamento !!!! Dove dire che il più pulito c'ha la rogna sarà anche anti politica - per me è solo anti QUESTA politica, e QUESTI uomini che indegnamente fanno finta di praticarla - ma è quanto di più vicino al vero !
Quindi, gli attacchi a Lusi da parte dei colleghi....fanno venire solo il voltastomaco. Sembrano una muta di cani randagi che si buttano sul primo di loro che cade ....
Detto questo, sono e resto nemico della custodia cautelare, quando poi tocca i politici ancora di più.
Sono cittadini come gli altri ? Non è vero. Come non lo sono i giudici, come avete modo di notare tanto spesso. Sono uomini che hanno una posizione particolare, delicata, ISTITUZIONALE. E quindi, potenti ma anche vulnerabili, perché hanno tanti NEMICI. Guardate che fine fanno i ministri che osano parlare di riforma della giustizia ? Mastella non era uno stinco di santo, ma non lo è stato per 40 anni !!! E quando lo mettono sotto scacco i giudici ? Quando da Ministro della Giustizia pensa di riformare un ordinamento che è degli ITALIANI  ma che loro , le toghe, sentono PROPRIO.
Ricordo spesso che la Costituzione, tanto,  anche eccessivamente, elogiata, prevedeva per questo l'immunità parlamentare. Nel 1993 fu abolita, a furor di popolo, con l'abile regia di Borrelli e compari.
Torniamo a Lusi. Quanto tempo è che leggiamo paginate sui giornali delle sue imprese ? Mesi. QUanti ? Tre, quattro ? Mai scappato ? I magistrati quante volte lo hanno sentito ? Una decina ? Può reiterare il reato ? Ovviamente no, le chiavi della cassa gliele hanno tolte. Allora può inquinare le prove ! Quattro mesi saranno bastati ??
Ecco, finiti i motivi della custodia cautelare.
Dicono che non c'era il fumus persecutionis...potrei essere d'accordo, perché qui non si tratta di una persecuzione contro un soggetto in particolare, si tratta di METODO. Molto ben sperimentato ai tempi di mani pulite, pure con qualche morto e molti prosciolti, dove il "tintinnare di manette" serviva a sciogliere le lingue.
Addirittura Scalfari ad un certo punto disse basta ....(http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/02/come-fini-mani-puliteper-quel-poco-che.html ).
Quindi il problema non è che Lusi inquini la verità, ma che NON la voglia dire. E allora la galera può convincerlo.
A tantissima gente questo VA BENE. A me,e a quelli che si definiscono "garantisti",  no.
Tutto qui.

Ecco il bell'articolo di un galantuomo garantista, Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera di oggi


Riti ed esorcismi con i fantasmi del '93”
Stavolta votano sì all'arresto di un loro collega politico. C'è lo spettro del biennio di Mani Pulite a tormentarli. C'è il fantasma di un'epoca storica in cui cinque partiti vennero demoliti e in cui Beppe Grillo era solo un comico a cui ogni tanto scappavano battute feroci sui socialisti. C'è l'incubo della valanga, dell'ondata che, dopo aver distrutto la Prima, rischia si sgretolare anche la Seconda Repubblica. C'è un'atmosfera di terrore in cui i toni contro Luigi Lusi, ex tesoriere di partito ora reietto, perché calamiti su di sé la «rabbia» dei cittadini e salvaguardi, almeno per un giorno, l'onore generale. Stanno sulla difensiva, i politici in Senato. Solo che stavolta non scavano una trincea come hanno fatto in passato per erigere un muro tra se stessi e il resto del mondo. No, si mettono sulla difensiva mostrandosi paladini dell'anti-Casta. Non si arrendono, beninteso. Solo che fanno finta di passare per caso per il Palazzo e sacrificano un politico con la speranza di salvare tutto il resto. Uno spettacolo stupefacente. Rovesciano su Lusi sarcasmo e indignazione per trasmettere il messaggio: è lui il reprobo, noi detestiamo i privilegi della politica. Sembrano degli alieni, digiuni di politica, immacolati, pronti a stupirsi delle cifre di cui godono partiti ed ex partiti grazie al finanziamento pubblico di quegli stessi partiti ed ex partiti ribattezzato pudicamente «rimborsi elettorali». Il presidente Follini fa il paragone tra quanti milioni ha maneggiato (illecitamente) Lusi e gli stipendi di operai e insegnanti: ha gioco facile lo stesso Lusi a chiedere lo stesso paragone tra gli stipendi di operai e insegnanti e l'ammontare complessivo, centinaia e centinaia di milioni di euro, dei finanziamenti statali dei partiti (formalmente leciti, anche se in violazione di un referendum popolare). Un senatore del Terzo polo si scandalizza perché Lusi a Venezia si è fatto venire a prendere nientemeno che da un motoscafo. Adesso, solo adesso deve aver scoperto lo sciupio di macchine blu, alberghi a cinque stelle, voli aerei in prima classe di cui i politici si trastullano da qualche decennio con ostentazione spesso pacchiana, comunque impudica. Ma si sa, c'è l'ondata dell'«antipolitica» da arginare (la «valanga del discredito», evocata con costernazione da Luigi Zanda), c'è la paura di essere travolti come nel biennio tra il '92 e il '93 a riempirli di sgomento: sacrificarne almeno uno per salvare il salvabile. Perché la paura è alimentata dal ricordo che, allora, ben pochi si salvarono. Il voto che in Parlamento non diede il 29 aprile del '93 l'autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, evento analogo a quello vissuto ieri in Senato, fu solo l'acme di un uragano che aveva già demolito i pilastri della Prima Repubblica. Quel voto rischiò di far abortire il nuovo governo Ciampi con le dimissioni dei ministri del Pds e di Francesco Rutelli (l'eterno ritorno?). Alimentò la gogna del Raphael con il lancio di monetine che mimava il gesto del ghigliottinamento mediatico e della piazza scatenata prima ancora che giudiziario. Ma intanto un deputato leghista si era già munito di cappio da agitare contro i suoi colleghi, tutti i suoi colleghi, di destra e di sinistra, equiparati a un'accolita di ladri da mandare all'impiccagione. C'erano i missini capeggiati da Buontempo («Er Pecora») e da Gramazio («Er Pinguino») che fecero un circolo attorno al Parlamento e dai megafoni gridavano rauchi: «Arrendetevi, siete circondati». C'erano stati già due referendum elettorali che avevano rappresentato altrettanti plebisciti contro la classe politica. Erano i giorni, aprile del '93, in cui era scattata l'incriminazione per Giulio Andreotti a Palermo. Cadevano tutti i partiti del governo e dell'area di governo: anche Claudio Martelli che tentò tardivamente di smarcarsi dalla tutela di Craxi (già dimessosi da segretario del Psi); anche Giorgio La Malfa, che aveva lanciato la formula del «partito degli onesti». Quasi tutti vennero sommersi. Ci furono i «salvati», che pensavano di rifarsi una rispettabilità mettendosi al riparo dell'ombrello pidiessino, dato per sicuro vincitore nelle nuove elezioni. Mai scommessa fu meno prudente. Oggi il clima assomiglia a quello di vent'anni fa. Le ondate di «discredito» sembrano altrettanto potenti. E nel Palazzo della politica molti sentono di essere arrivati a un tornante decisivo della loro vita. Mostrarsi cedevoli nei confronti della sorte personale di Lusi avrebbe significato un altro colpo micidiale alla stessa possibilità di una sopravvivenza (politica). Allora la modifica dell'articolo 68 della Costituzione, liquidata come un'intollerabile immunità per la politica, costituì il tentativo estremo per darsi un tono, per dire all'opinione pubblica dei cappi e delle ghigliottine che ogni peccato sarebbe stato emendato. Oggi ci si prostra davanti al mito del «fumus persecutionis», l'espressione più menzionata nei corridoi e nell'Aula del Senato. Tranne i senatori della Giunta, pochissimi hanno letto tutte intere le carte per stabilire se un loro collega dovesse essere sbattuto in galera senza l'ombra del terribile «fumus». Hanno votato (o non votato, come quelli del Pdl) a prescindere. Ordini di partito, più che voti di coscienza. Ultima spiaggia prima di rischiare l'affogamento dei profeti dell'«antipolitica». Che il voto sull'arresto di Lusi sia sufficiente, questa, come già accadde nel '93, è una scommessa molto imprudente.


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