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lunedì 1 ottobre 2012

E' ORA DI FARLA FINITA COI REATI D'OPINIONE



Forse euforizzato dall'asfaltamento della odiata avversaria calcistica, la Roma di Zeman, Pierluigi Battista, sempre bravo, si è oggi superato con un ineccepibile articolo sulla questione dei cosiddetti reati d'opinione, retaggio di un'Italia dove la libertà di espressione, comunque manifestata, era di fatto stata abolita.
E' venuta poi la Repubblica, la Democrazia, ma quei reati sono restati.
La vicenda Sallusti, che non c'entra coi reati d'opinione ma con l'equilibrio tra libertà di espressione e tutela della onorabilità delle persone assolutamente sì, può diventare l'occasione per riprendere un discorso a suo tempo portato avanti dai soliti radicali e dalla cosiddetta sinistra liberale, ma abbandonato da quella maggioritaria che, dagli anni 90 in poi specialmente, si è scoperta più manettara e forcaiola di quella fascista d' antan .
Come ben spiega Battista, bisognerebbe farla finita con questo ricorso spasmodico al giudice che ha avuto come unica conseguenza di ingolfare in modo esiziale la giustizia, sia civile che penale, per riportare le cose ad un ambito più di "buon senso". Guardate Carofiglio !! Ostuni ha usato parole offensive nel criticare lui e il suo ultimo libro e che ti fa il magistrato senatore PD ? Subito una richiesta di danni per 50.000 euro ! Per non parlare di Saviano e altri eroi della sinistra permalosissimi tanto più quanto diventano celebri.
Ma rispondere a tono e basta no ? Siamo diventati più litigiosi ma anche più "vili"....eh sì perché se poi ci rode così tanto contro qualcuno, ebbé un tempo lo andavi ad aspettare là dovevi sapevi di poterlo incontrare, chiedevi conto e magari con due schiaffoni la cosa finiva lì. Adesso querele, denunce, citazioni...Un delirio.
E lo dice un avvocato, uno che su queste cose ci campa.
Buona Lettura


“Reati d'opinione residui autoritari”
La libertà italiana è ancora mortificata da moltissimi reati d'opinione. Alcuni sono ridicoli: sopravvive persino il reato di disfattismo politico o economico in tempo di guerra. Cosa aspettiamo ad abrogarli, per rendere l'Italia un po' più civile? Il caso Sallusti non c'entra con i reati d'opinione (sebbene con la scusa della diffamazione siano state sanzionate e continuano a essere sanzionate, fortunatamente non con la galera, opinioni critiche ma non diffamatorie). Però se si è riparlato di reati d'opinione, contestandone la legittimità democratica, si può approfittare della circostanza e riesumare dalle cripte dell'oblio una memorabile battaglia dei Radicali, a suo tempo seguita da una parte della sinistra liberale o libertaria non ancora messa a tacere dall'uragano giustizialista in cui la sinistra maggioritaria si è purtroppo fatta travolgere da Tangentopoli in poi. In quella battaglia non ci fu la destra liberale: ma quella non c'è mai, bisogna pur farsene una ragione. Oggi invece si può ricominciare a pensare come fare piazza pulita di quella fonte permanente di arbitrio e di arroganza illiberale che sono i cosiddetti «delitti contro la personalità dello Stato». Via la «propaganda ed apologia sovversiva e antinazionale». Via il «vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate». Via il «vilipendio alla Nazione italiana». Naturalmente augurarsi l'abrogazione dei reati d'opinione non significa che debba venir meno un'azione di contrasto a opinioni considerate aberranti e offensive. Ma deve essere un contrasto politico, culturale, non giudiziario. Affidato agli argomenti, non ai carabinieri che recapitano un avviso di garanzia. Giudicato dai lettori, non da una toga che si arroga il diritto di stabilire ciò che può essere detto e ciò che non lo è, quale opinione perseguire per legge e quale tollerare. Ma il «vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato» dovrebbe scomparire da un ordinamento che voglia assomigliare a una democrazia liberale. Il «vilipendio alla religione» lo si può lasciare volentieri ai fondamentalisti dell'islamismo che considerano vilipendio ogni dissenso, e «blasfemia» ogni manifestazione di pensiero libero. E anche l'«apologia del fascismo» potrebbe essere riposta nel magazzino dei ferrivecchi: se il fascismo non ha ancora smaltito la sua eredità, lo si deve appunto alla sopravvivenza in regime democratico dei reati d'opinione. Sarebbe interessante se una nuova stagione referendaria potesse alimentare la battaglia contro questi residui autoritari che sono un ostacolo alla libera manifestazione dei pensieri, anche dei più «intollerabili». Se non fosse che i partiti italiani non rispettano la volontà popolare, come è accaduto con il referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti o quello per la privatizzazione della Rai o per la responsabilità civile dei giudici, e riescono a sterilizzare i risultati. E questa purtroppo non è un'opinione, è un fatto. 

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