Renzi è nei guai. Per troppo successo della campagna di rottamazione. Finché l'oligarchia post comunista e post democristiana (nella sua versione sinostrorsa) si mostrava compatta e immobile nella propria posizione, lui aveva buon gioco a dire "votatemi, io rappresento il nuovo". E bastavano i suoi nemmeno 40 anni, il suo non essere mai stato in Parlamento a certificare questa cosa, non serviva altro. La sua spallata però ha avuto, pare, troppa efficacia. E così ecco che si sfila Veltroni, che è pure il più "giovane" e il più aperto al cambiamento dei burosauri del PD (infatti, dimesso lui, ecco che il Partito Democratico è tornato ad essere semplicemente il partito post comunista che era col PDS prima e DS poi ). E dopo di lui, Marini spiega che lui già aveva annunciato la sua NON ricandidatura, e così , pare, Letta (non ci credo, oltretutto è una "creatura" rispetto agli altri ), Livia Turco (idem). In questi giorni c'è lo psicodramma di D'Alema, ferito nell'orgoglio e che ha scatenato i suoi ascari. Tra questi, sorprendente, il direttore del Messaggero Orfeo, che l'altra sera a Linea Notte del TG3 , ha polemizzato duramente con Fassina (che credo sia una delle persone più antipatiche del nuovo personale politico...meglio D'Alema, che almeno col suo sarcasmo a volte era anche spiritoso) , difendendo l'ex Lider Maximo come se fosse suo figlio !! . Comunque anche baffino sembra alla fine deciso a seguire l'esempio dell'odiato amico Valter (legati fino alla fine i due...accipicchia ! ).
Per la Bindi la cosa dunque si fa difficile, trattandosi di persona che per anzianità e permanenza in Parlamento (61 anni e 18 in parlamento, i 5 precedenti seduta sul seggio europeo, per scaldarsi...), non sta certo messa troppo meglio dei due ex segretari, senza averne peraltro né l'antico carisma e tanto meno i VOTI. Sono dunque fiducioso che anche lei si tolga dalle palle (veramente doveva essere la PRIMA ).
Inevitabilmente, i gerontosauri del centro e della destra tremano a loro volta, perché non è che il discorso del ricambio, di un mollare il seggio dopo due, anche tre decenni non valga per loro.
E vediamoli un attimo, i più conosciuti.
Schifani , 62 anni, in Parlamento dal 1996.
Fini, , 60 anni, eletto la prima volta nel 1983 (quasi 30 anni !!!)
Casini, più giovane di Fini, 57 anni, ma anche lui eletto fin dal 1983 !
Rutelli, 58 anni, stessa data d'ingresso in Parlamento dei primi due : 1983 (per questo volevano fare il terzo Polo ??).
Gasparri, 56 anni, eletto la prima volta col MSI nel 1992 (20 anni...)
La Russa, 65 anni , eletto insieme a Gasparri la prima volta nel 1992
Martino, 70 anni, eletto con Forza Italia nel 1994
Mi fermo con CICCHITTO !!!! E' del 1940, quindi ha 72 anni, ed è in Parlamento dal 1976 !!!!!!!!!!!!!!!!!
Non è possibile !! Cicchitto !! sono 36 anni che passeggia per il transatlantico !
Con quale valenza poi ?
Ora, la Santanché è quella che è, una pasionaria, una rissaiola da tv. E' pure compagna di Sallusti (un duo-simpatia...non c'è che dire !! ) . Però ha gioco facile nel dire che anche da questa parte del campo sono in tanti che si dovrebbero fare da parte.
Non cito per carità di patria le cariatidi dell'UDC, come De Mita ( e forse si prendono pure Pisanu ).
Se sul grido fanciullo di Renzi : il RE è VECCHIO , avremo quantomeno lo svecchiamento del Parlamento, sarà già una cosa di cui rendergli merito. In realtà ha anche il pregio di aver costretto quelli del PD a fare finalmente Primarie VERE, e infatti vedete il gran da fare che si danno per darsi delle regole , in parte giustificabili in parte capestro.
Giustamente qualcuno osserva che non è la gioventù che fa la qualità. E' vero, ovviamente. Ma scorrete i nomi sopra citati....vedete qualità ?
Io no.
Di seguito, l'articolo di Antonio Polito oggi sul Corsera sul tema
Buona Lettura
Rottamatori e agitatori
Le primarie e gli ingredienti di un romanzo popolare che appassionano il grande pubblico
Lo psicodramma democratico delle primarie ha raggiunto
l’acme, ma non la fine, con l’uscita di scena di D’Alema e Veltroni. Come in un
romanzo popolare, ci sono tutti gli ingredienti che appassionano il grande
pubblico: amicizia e odio, dolori e vendette, i figli che si ribellano ai
padri, i tradimenti, le scenate di gelosia. È infatti uno show politico di
grande successo: sarà un caso ma, da quando è cominciato, il Pd è perfino
cresciuto nei sondaggi.
Si conferma il carattere dirompente che può avere la sfida
delle primarie, se vere e aperte: del resto la democrazia è stata inventata
proprio per cambiare periodicamente le classi dirigenti senza spargimenti di
sangue. Ma chi l’avrebbe mai detto che a mandare in pensione i due eredi del
comunismo berlingueriano sarebbe stato un ragazzino democristiano? Per quanto a
entrambi vada reso l’onore delle armi, è infatti evidente che nessuno dei due
si sarebbe fatto da parte se non ci fosse stato il ciclone Renzi. Il quale, a
sua volta, non ci sarebbe mai stato se insieme con Berlusconi non fosse caduto
il Muro della Seconda Repubblica, rendendo obsoleti tutti i suoi protagonisti,
vincitori e vinti.
È dunque un fatto a suo modo storico ciò che sta accadendo
nel Pd. Se ne uscirà un partito migliore, più attrezzato per il governo del
Paese, è ancora presto per dirlo. Paradossalmente proprio il successo ottenuto
può ora togliere a Renzi la sua arma migliore, secondo molti l’unica. Certo,
restano altri mattoncini di quel Muro da buttar giù ma, con tutto il rispetto
per Bindi o Finocchiaro (in Parlamento dal 1987, ndC), la loro sorte non è così politicamente rilevante. Il
giochino della «deroga» è ormai segnato: chi la vuole non la chiede, chi la
chiede non l’avrà. Cosa resta dunque a Renzi ora che Bersani, con mossa astuta,
è saltato in groppa allo stesso cavallo, impugnando lo stesso articolo dello
statuto che fissa il limite dei tre mandati e accompagnando alla porta finanche
il suo mentore politico?
Non è un caso che il sindaco di Firenze, un attimo dopo il
ritiro di D’Alema, abbia precipitosamente iniziato a rottamare la rottamazione,
spiegando che è stato un espediente, anche un po’ «volgare», per conquistare
credibilità, ma che ora basta, bisogna chiuderla lì e passare al confronto sui
contenuti. Se questo avvenisse sarebbe certamente un bene, perché ciò che gli
elettori meritano di sapere è dove i due intendano portare l’Italia, visto che
sembrano entrambi credere, come ha detto di recente Renzi, che «l’incendio è
finito » ed è ora dunque di disfarsi del «pompiere» Monti, per passare la mano
a non meglio identificati «architetti».
Ma l’effetto della scossa che sta cambiando la faccia del Pd
è destinato a riverberarsi su tutta la politica italiana, a cominciare dal Pdl.
Anche in quel partito, infatti, infuria la lotta; ma essa non ha ancora trovato
un canale come le primarie con il quale trasformare il calore della battaglia
interna in carburante politico, e rischia dunque di implodere.
Prova ne sia che i rottamatori, e più ancora le
rottamatrici, esistono anche nel Pdl, ma curiosamente si battono non per
promuovere homines novi, bensì per resuscitare la leadership di Berlusconi, che
sarà anche meno antica delle carriere parlamentari degli oligarchi democratici
ma non è certo meno datata. Difficilmente lo «spirito del ’94», continuamente
evocato come in una seduta spiritica, potrà risolvere i problemi del 2013.
Mentre invece può eliminare, ad uno ad uno, tutti i potenziali eredi del
berlusconismo. Invece del «parricidio» cui stiamo assistendo tra i democratici,
un gigantesco «fratricidio».
Del resto, come nel Ritratto di Dorian Gray, la
lacerazione avvenuta nel Pd ha fatto d’improvviso invecchiare le facce di tanti
altri politici della Seconda Repubblica. Sarà davvero difficile in campagna
elettorale ascoltare ancora un Tremonti, o un Fini, o un Casini senza pensare a
D’Alema e a Veltroni, e senza chiedersi dov’è la differenza.
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