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venerdì 2 novembre 2012

A BEFERA MANCANO SOLO "I CACCIATORI DI TAGLIE"


Sono personalmente avverso all'istituto della DELAZIONE. Mi disgusta. Da Giuda in poi, ma anche prima, il delatore è una figura che mi fa ribrezzo. Eppure comprendo che possa essere un male talvolta necessario. Contro il terrorismo e contro la Mafia , i traditori sono serviti. Li hanno chiamati "pentiti". Termine nobile che nulla c'entra evidentemente coi soggetti in questione : che pentimento c'è se ho un compenso ?? 
Per terroristi e mafiosi sono sconti di pena consistenti, addirittura in certi casi la possibilità di una nuova identità, nuova vita anche con capitale iniziale dello Stato....
Tra l'altro, il pentitismo ha funzionato meglio coi terroristi, che erano, per lo più, persone animate da un'ideale, non erano dei criminali in senso stretto. Volevano fare la rivoluzione, non arricchirsi personalmente.  La sconfitta, la prigione, il vedere che il popolo non si svegliava e non seguiva le avanguardie armate, favorì la crisi e quindi il volere uscire dalla clandestinità  e, umanamente anche se un po' vilmente, con minori danni possibili.
Nel campo della criminalità organizzata il veleno - perché questo è la legislazione e lo strumento dei delatori : UN VELENO - va usato con molta più accuratezza. Perché questa è gente senza scrupoli, senza coscienza alcuna (di qui l'insopportabilità del termine "pentiti") , che tu pensi di usare e che invece usa te. Sui delatori si fondò l'accusa contro Tortora, e basta questo nome per zittire tutti. La Cassazione dovette spiegare a procure e a giudici "Pigri" come non bastasse l'accusa di uno o anche più pentiti ma che bisognava trovare i famosi riscontri "oggettivi". Anche a P.zza Cavour a volte si trovano "gli amici dei colpevoli".
Però qui parliamo di reati gravissimi, destabilizzanti, come il Terrorismo e la Mafia (nelle sue varie espressioni...Camorra, 'Ndrangheta, Sacra Corona). E quindi il ricorso a norme eccezionali ci può stare per quanto sempre con cautele volte a evitare "Macelleria giudiziaria" ( e già, esiste anche questa) ed errori drammatici (sempre Tortora, per i villici ). 
Su Repubblica però compare l'idea, scritta da Alessandro De Nicola che non conosco ma che nel suo indirizzo mail mette "adamsmith", uno dei principi del pensiero liberale,  e dove si sponsorizza il ricorso ai "Cacciatori di Taglie" di memoria western, nel campo dell'EVASIONE FISCALE.
L'autore dell'articolo cita gli USA come paese che adotta questo sistema, e la cosa la trovo confermata anche nel libro di Zingales , il MANIFESTO CAPITALISTA. In buona sostanza, se qualcuno fa la spia e collabora fattivamente per il recupero di somme sottratte all'erario, vine premiato con una percentuale sul ricavato. A volte si tratta anche di milioni di dollari...
Entrambi gli scrittori ammettono - come potrebbero non farlo ? - che il sistema è bruttino, ma il risultato sarebbe notevole e oltretutto consentirebbe l'abbandono di altri sistemi vessatori messi in pratica dal nostro fisco, parimenti biasimevoli e non altrettanto efficaci.
Insomma, se devo giocare sporco, almeno che serva !
Io francamente sono basito. E' evidente che qui non si fa appello allo spirito civico del cittadino, che DEVE pretendere lo scontrino fiscale, la fattura e che DEVE denuncia il negoziane o il professionista che non lo fa. No, qui si promettono i 30 denari. Certo, scrive De Nicola, bisogna stabilire anche norme che sanzionino denunce che si rivelino infondate, dando la possibilità in questi casi - e SOLO in questi casi - al denunciato di sapere chi ha fatto la spia per chiedergli il risarcimento dei danni....Vabbé, siamo al delirio, ma questa è solo un'idea dell'autore dell'articolo e quindi gli dedichiamo poco spazio : lo Stato dà luogo ad un accertamento sulla base di una denuncia, provocando danni di vario genere, anche morali, e se però il denunciante si è sbagliato, con Colpa grave (colpa semplice no ? ) , allora se ne potrà fare il nome perché il danneggiato possa perseguirlo. E lo Stato procedente NULLA ?? 
Veniamo per un attimo all'aspetto etico di una norma del genere...si dice che - sentito Befera con le mie orecchie - non è una buona cosa che lo Stato debba premiare comportamenti morali dei propri cittadini...lo diceva a proposito della detraibilità di QUALSIASI spesa, unico possibile incentivo perché il cittadino non abbia interesse ad essere "complice " dell'evasore. Se quello batte lo scontrino, emette la fattura, io pagherò una cosa che costa 10, 12, per l'aggiunta dell'IVA che è un costo del CLIENTE. Di qui la collusione. Se invece io quel costo lo posso detrarre, l'IVA sarà anche per me cliente una mera partita di giro. Non è "etico"...il cittadino deve fare il suo dovere perché è la regola...In realtà il problema nasce dalla perdita di gettito se questa detraibilità venisse consentita. Panebianco ricordava in un suo recente articolo su SETTE, il Magazine settimanale del Corsera, come la trattenuta alla fonte delle tasse e dei contributi ai lavoratori dipendenti sia un ottimo sistema per non fargli capire esattamente quanto pesa su di loro l'imposizione fiscale. Conoscete qualche dipendente che quando parla cita il suo stipendio al lordo ? No, parlano sempre e solo di netto perché se questi soldi non entrano in realtà nel TUO portafogli, nemmeno usciranno, nella tua percezione. E' un'invenzione perfetta, anche per mettere contro lavoro dipendente con quello autonomo. Spennati entrambi ma utilmente divisi perché i primi sono ingannati. 
Nel procedere in questo modo, Stato ed Erario però parlano di eticità.
Quale codice morale è quello che disciplina la violazione della vita privata di ciascun individuo ? E . ancora di più. quale morale ci può essere in un sistema che premia la delazione ? 
Nessuna, lo sanno anche loro. In questo caso viene preferito il machiavellico "fine che giustifica i mezzi".
Anche i più disgustosi, come i "cacciatori di taglie"
Ecco l'articolo

“LA TAGLIA ANTI-EVASORI” di ALESSANDRO DE NICOLA da La Repubblica del 2 novembre 2012
 

CLINT Eastwood, Harrison Ford, Steve Mc Queen, Robert Vaughn e Robert De Niro: grandi attori che hanno in comune un ruolo, quello del cacciatore di taglie. E mitico è soprattutto Clint in
Per un pugno di dollari.
La professione, se così si può chiamare, fa parte della cultura americana che, come è d’uopo, l’ha celebrata grazie ad Hollywood. E la nobile arte sembra dare così buoni risultati che il Congresso Usa ha deciso di replicarne gli aspetti più rilevanti nella lotta all’evasione fiscale. Il Tax Relief and Health Care Act del 2006, infatti, ha istituito un programma, chiamato Whistleblower
(che letteralmente significa “fischiettatore”), per premiare quanti, grazie alle loro soffiate, consentono all’Internal Revenue Service, la temuta agenzia delle entrate di Oltreoceano, di recuperare somme evase.
E il premio è niente male. Quando l’informatore contribuisce in modo sostanziale a recuperare denaro, è premiato con un minimo del 15% del valore acquisito in via definitiva dal fisco, comprensivo di interessi e sanzioni. Il premio, sebbene non ci sia formalmente un tetto, può arrivare fino al 30% della somma e le recenti cronache ci fanno capire come gli incentivi ad informare il fisco siano veramente notevoli. Qualche giorno fa, difatti, l’Irs ha concesso a un anonimo “fischiettatore” la bella somma di 38 milioni di dollari per aver aiutato gli ispettori tributari a smascherare un complesso schema societario per evadere le tasse. L’annuncio è stato dato dall’avvocato del collaboratore di giustizia il cui nome è rimasto anonimo. Anzi, non ci fosse stata la dichiarazione dell’avvocato, la società, una grande corporation tra le prime 250 degli Usa, non avrebbe nemmeno saputo dell’esistenza della talpa! Peraltro, il professionista appartiene ad uno studio (Ferraro Law Firm) specializzato nel tax-whistleblowing, nel fare in modo cioè che al confidente venga riconosciuto il premio dall’Irs: anche i togati dimostrano vero spirito imprenditoriale in America!
Ancor più clamoroso l’episodio di inizio settembre, che ha coinvolto Bradley Birkenfield, ex banchiere di Ubs, il quale, avendo scoperchiato una serie di pratiche irregolari della sua banca (conti offshore segreti aperti da contribuenti americani e persino traffico di diamanti in tubetti di dentifricio), si era beccato nel 2008 una condanna a 40 mesi di prigione. Ma, si potrebbe dire, ne è valsa la pena, poiché il fisco statunitense gli ha riconosciuto la bella sommetta di 104 milioni di dollari come riconoscimento dei servigi resi, un record.
Viriamo sulla nostra sponda dell’oceano Atlantico. Il Parlamento italiano ha appena approvato, dopo mesi di battaglie, la legge anti-corruzione in un clima esasperato per i continui scandali politici e finanziari e per la persistente frustrazione dovuta ad un’evasione fiscale che l’Agenzia delle Entrate, nonostante metodi francamente vessatori, stenta non dico a debellare ma nemmeno a contenere a livelli accettabili.
Diventa sensato chiedersi, perciò, se non valga la pena adottare il sistema americano che, d’altronde, il nostro ordinamento ha già sperimentato con un certo successo con i pentiti di mafia e di terrorismo.
Il ragionamento è semplice: quando si verifica un atto corruttivo, il primo dei due che denuncia l’altro non solo ottiene una considerevole riduzione della sanzione penale ma anche una parte della mazzetta. Ripugnante? Forse, ma certamente meno disgustoso del vedere efferati assassini in giro dopo qualche anno grazie agli enormi sconti di pena ottenuti. (personalmente, lo torovo solo ripugnante ndC). Inoltre, in questo caso ci sarebbero almeno tre vantaggi molto concreti. Il primo è che sarebbe molto più facile provare la colpa dei delinquenti, con enorme risparmio di risorse del sistema giudiziario già sovraccarico fino al collasso. Il secondo è che si recupererebbero soldi, si smaschererebbero reati che magari vanno avanti da tempo e si metterebbero in galera dei corrotti
(attivi o passivi). Tutte belle cose che non accadrebbero senza la soffiata. Il terzo sarebbe l’effetto dissuasivo. Corrotto e corruttore non hanno una grande stima l’uno dell’altro, sanno di essere entrambi dei poco di buono che però sono legati da quello che i giuristi chiamano
pactum sceleris, l’accordo malavitoso che li impegna entrambi al silenzio. Sapendo che uno dei partecipanti può invece cantare, farla praticamente franca e guadagnarci pure dei soldi, ci sarebbe un grande freno a corrompere: ricordiamoci che la stima tra scellerati è bassa e nessuno vuole rischiare di andare in penitenziario per la spiata altrui.
L’incentivo funzionerebbe ancor meglio per l’evasione fiscale. Spesso, soprattutto per le grandi evasioni societarie, molte persone sanno o sospettano qualcosa senza essere coinvolte nel disegno criminoso. Lì l’incentivo sarebbe ancora più forte: si incasserebbe la taglia senza alcun rischio penale. E la deterrenza portentosa: l’evasore non potrebbe più fidarsi di nessuno.
Naturalmente bisognerebbe predisporre degli accorgimenti: chi ottiene sconti di pena e poi delinque di nuovo dovrebbe vedere annullati tutti i benefici precedenti ed essere trattato da recidivo. Chi è ingiustamente accusato con dolo o colpa grave, avrebbe diritto a rompere il velo di anonimato che altrimenti proteggerebbe il confidente e chiedere il risarcimento del danno.
In cambio di questo strumento potentissimo, il governo dovrebbe rivedere la normativa fiscale in vigore e renderla sempre coerente con lo Statuto del Contribuente, per evitare, ad esempio, le deplorevoli retroattività della Legge di stabilità o il solve et repete applicato dall’Agenzia delle Entrate. I soldi recuperati dovrebbero immediatamente essere restituiti ai cittadini sotto forma di abbassamento del carico fiscale, evitando i patetici balletti che si son visti finora.
Le tasse non diventerebbero bellissime sol per questo, ma si introdurrebbe un arma formidabile contro corruttori ed evasori, facendo leva sulla loro naturale sfiducia verso i loro consimili e punendo severamente coloro i quali si son fidati lo stesso.

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