Pagine

martedì 4 dicembre 2012

LO SCHIAFFO DELLA CORTE AI PM DI PALERMO : TONINO, ADESSO "INGROIA" STO ROSPO !





Quando ci si scontra con ossi più duri dei nostri dentini pure aguzzi, poi questa è la fine che si fa. Parlo di Ingroia, della Procura di Palermo e dello schiaffone oggi a loro inferto dalla Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso del Presidente della Repubblica contro le intercettazioni delle telefonate dove c'era il capo dello stato all'apparecchio, illegalmente conservate dai procuratori palermitani.
Quelle intercettazioni ora dovranno essere distrutte, come doveva avvenire da SUBITO, in ragione dell'art. 271 cpp . Il PM Di Matteo, compagno di merende del più celebre collega Ingroia (ma dategli tempo...il ragazzo promette bene...) ha subito detto che loro hanno agito "nel pieno rispetto della legge".
E no caro dottore, non sembra esattamente così se l'organo supremo della giurisdizione italiana vi ha appena detto il contrario !
Oddio, mica che i giudici della Corte Costituzionale siano infallibili, per carità. Io non lo penso affatto (e non a caso ho scritto all'inizio che STAVOLTA si era andati a mordere l'osso sbagliato...).
Però due cose sono difficilmente discutibili :
Trattativa, accolto ricorso del Quirinale Consulta: 'Distruggere le intercettazioni'  1) Non è che la Corte difende la Carta quando dà torto a Berlusconi, dichiarando incostituzionali le cd. leggi "ad personam", e si lascia intimidire dalle alte cariche quando ci dà torto....
2) I membri della Corte Costituzionale sono  scelti anche (prevalentemente ?) con criteri politici (ahinoi) ma per lo più tra fini menti giuridiche (non sempre ovvio). Dunque, caro Di Matteo, loro possono certo sbagliare, e sono certo che gli capiti. Voi mai ??? Non sembrerebbe esattamente così dalla più frequente fine delle vostre inchieste scoop
Ora come la prenderà Tonino ? Solo soletto in quel di Guatemala ?
Il dado è tratto , è ora di rompere gli indugi e seguire l'alto esempio dei compagni (in tutti i sensi ) che ti hanno preceduto : posare la toga e scendere in campo.
Ti hanno già scelto il colore : a questo nero insopportabile, l'arancione. Non è il rosso, ma insomma, per iniziare può andare bene ! A me poi va bene tutto, basta che smetti di fare il cd. magistrato.
Ecco di seguito la cronaca della notizia alla quale stasera brinderò
Buona Lettura


 LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE
Intercettazioni Napolitano-Mancino
Accolto il ricorso del Capo dello Stato
Le conversazioni registrato in modo fortuito nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia saranno distrutte

Napolitano-Pm, attesa la sentenza

La Corte Costituzionale ha dato ragione al Capo dello Stato che aveva sollevato conflitto di attribuzione sul caso delle intercettazioni tra il Quirinale e l'ex ministro Nicola Mancino. La Corte ha accolto il ricorso del Quirinale, dichiarando che «non spettava alla Procura valutare la rilevanza» delle intercettazioni «e omettere di chiederne al giudice l'immediata distruzione ai sensi dell'articolo 271 del codice di procedura penale e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti». In quel «non spettava alla Procura», c'è la chiave del giudizio: in altre parole, i magistrati che a Palermo stanno indagando sulla trattativa Stato-mafia, una volta avute intercettazioni in cui fortuitamente era coinvolto Napolitano (il telefono sotto controllo era quello dell'ex ministro Mancino), dovevano semplicemente chiederne al giudice la distruzione, a prescindere dal contenuto di quei colloqui.

INTERCETTAZIONI - La Consulta era stata chiamata a decidere sul nodo delle intercettazioni indirette e fortuite di alcune conversazioni telefoniche di Giorgio Napolitano con l'ex ministro Nicola Mancino, le cui utenze erano state messe sotto controllo su mandato dei pm palermitani che indagano sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. In udienza era presente anche il procuratore capo di Palermo Messineo.

RICORSO - Il ricorso contro la magistratura palermitana è stato sostenuto dall'Avvocatura dello Stato secondo la quale sostenendo che «la Procura di Palermo ha trattato queste intercettazioni come normali intercettazioni, non ha tenuto presente il fatto che siano intercettazioni illegittime», creando un «vulnus nella riservatezza del Presidente». Hanno pertanto chiesto che le intercettazioni vengano distrutte e non divulgate. Alessandro Pace, uno dei legali della Procura di Palermo, ha sostenuto che il ricorso dell'avvocatura dello Stato prospetta un surplus di garanzia per il Presidente della Repubblica. «Se venisse intercettata casualmente una conversazione del Capo dello Stato dalle quale si evince che sta ordendo un colpo di stato, la Procura cosa dovrebbe fare? Distruggere i file? Distruggere le intercettazioni?», ha chiesto Pace, ribadendo che «non è il caso attuale è solo un'ipotesi». Bisogna chiedersi, però secondo Alessandro Pace, perché di questo surplus non debbano godere anche il presidente del Consiglio e i ministri. E soprattutto, ha ribadito Pace, bisogna chiedersi che conseguenze avrebbe per la nostra Repubblica se quest'ambito di garanzia aumentasse e si allargasse in questo modo. «I magistrati dovrebbero astenersi da disporre intercettazioni a carico di moltissimi soggetti»: la conclusione paradossale del magistrato.

IL PROCEDIMENTO A PALERMO - Resta comunque a Palermo il procedimento sulla trattativa tra Stato e mafia. Lo ha deciso il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini che ha così rigettato le eccezioni di competenza territoriale presentate nelle scorse udienze da alcuni degli imputati. Il gup non ha ancora deciso sull'eccezione in competenza presentata dall'ex ministro Calogero Mannino e dall'ex presidente del Senato Nicola Mancino. Quest'ultimo, attraverso i legali, aveva chiesto il trasferimento dell'udienza preliminare al Tribunale dei ministri.

Nessun commento:

Posta un commento