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mercoledì 15 maggio 2013

E' ORA CHE LA SINISTRA (MA NON SOLO) DICA UNA PAROLA DECISIVA E DEFINITIVA SULLA TAV


Condivido l'articolo di fondo pubblicato oggi sulla Stampa a firma Luigi Spina. Trovo peraltro curioso che nella stessa prima pagina trovi spazio uno dei frequenti spunti di Gramellini, dove si invoca il principio di legalità contro ...i parcheggiatori abusivi....Va bene che il "nostro" probabilmente si è irritato (almeno lo spero , per lui...) non per l'illecito operato da queste persone quanto per la loro reazione all'impedimento, ad opera dell'autorità municipale, di esercitare il loro "lavoro", con tanto di manifestazione sotto il municipio.
Però resta che sempre di parcheggiatori abusivi si tratta !!
Questo poi nello stesso quotidiano che giustamente condannava la ripresa della violenza in val di Susa, con l'attentato a colpi di molotov contro il cantiere No Tav.
Ecco, mi piacerebbe leggere un articolo di Gramellini su QUESTA questione. Di lui come di altri personaggi di sinistra che sul problema veramente somigliano più ad anguille che ad essere umani.
Alcuni uomini, come Chiamparino, allora Sindaco di Torino, hanno mostrato la schiena dritta prendendo una posizione netta e non solo legalitaria (questi possono uccidere Gramellini !! altro che parcheggi ! ) ma politica. Basta questo cerchio bottismo, questo comprendere le ragioni di tutti. O meglio, va bene esaminare le cose sotto ogni punto di vista, ma poi si fanno delle scelte, e si portano avanti, anche sfidando il malcontento popolare se necessario, se la si ritiene la cosa giusta.
Dopodiché si potrebbe anche decidere che si è sbagliato, che la TAV non serve, e lasciare perdere.
Ma continuare così no. E i giustizialisti strabici, si ricordassero che ci sono cose più gravi di quelle che tanto li occupano....
Buona Lettura

Deve finire lo scaricabarile politico

luigi la spina
No alla guerra per la Tav. Perché non si può nascondere la realtà dietro le parole dell’ipocrisia o della furbizia. Quello che è avvenuto l’altra notte in Valsusa non è un atto di protesta e neanche di guerriglia contestativa, ma un attacco terroristico che, per le modalità con cui è stato programmato e attuato, non ha provocato vittime solo perché così ha voluto un provvidenziale destino. Si è trattato anche di una specie di prova generale di quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi, con il rischio che il lavoro degli operai nei cantieri diventi il fronte di una assurda battaglia.

Ecco perché non è più tollerabile l’ambigua coltre di imbarazzo con cui la politica italiana cerca di mascherare sia l’incapacità a gestire questo problema secondo le regole della democrazia, sia quella vergognosa doppiezza con cui, alla stragrande maggioranza dei sì ufficiali da parte dei partiti all’Alta velocità, si accoppia la ricerca di strumentali e demagogici consensi elettorali. È troppo facile e profondamente ingiusto ridurre la questione della Tav a un problema di ordine pubblico, scaricando su poliziotti, carabinieri e magistrati la responsabilità di quanto sta avvenendo in Valsusa. Troppo vigliacca è «l’alternativa del diavolo» a cui li si mette davanti.
O la scelta di una impossibile militarizzazione, per anni, di una vasta zona del territorio nazionale o quella di immolarsi e di far, magari, immolare qualche lavoratore di quei cantieri per consentire la realizzazione di un’opera su cui lo Stato non mostra il volto della chiarezza, della coerenza e della responsabilità.

È ora che governo e Parlamento facciano una scelta precisa tra quella, invece, seria alternativa che adesso si impone, ne spieghino le ragioni a tutti gli italiani, ma pure all’opinione pubblica internazionale, e si impegnino a mantenerla in tutte le sedi, anche quelle più direttamente interessate al progetto.

Si può considerare la nuova linea di Alta velocità Torino-Lione indispensabile per lo sviluppo dell’economia italiana e, in particolare del Nord-Ovest, nell’Europa delle future generazioni. Ritenere che, anche alla luce della crisi di questi anni, l’opera, con la proiezione dei lavori per quasi 20 anni, costituisca l’unico realistico grande investimento in grado di offrire importante occupazione nel territorio. Valutare le compensazioni promesse ai valligiani un’occasione di ammodernamento delle infrastrutture locali da non perdere. Giudicare che il nuovo percorso del treno riduca notevolmente gli indubbi disagi di chi dovrà sopportare, per così tanto tempo, quei lavori vicino a casa e limiti i rischi ambientali in modo convincente.

È possibile, invece, pensare che, con le parziali ritirate di alcuni partner europei dalla partecipazione a questa linea ferroviaria di alta velocità, il famoso «corridoio 5» sia diventato un progetto ormai morto, una ambiziosa opera che l’Europa, con la sua economia languente, non si può più permettere. Nella disputa sulle eventuali penalità pecuniarie che l’Italia dovrebbe sopportare per la rinuncia alla Tav, poi, c’è chi accusa i favorevoli al progetto di esagerarne strumentalmente la portata.

La questione, se si evitano fantasiosi e demagogici allarmi da una parte e troppo facili sottovalutazioni delle conseguenze da chi non è concretamente toccato dai lavori, si può e si deve affrontare con razionalità e senza ideologismi preconcetti. Quello che non si può fare è il valzer di uno scaricabarile politico durato troppo a lungo e diventato troppo pericoloso, perché uno Stato, per essere rispettato dai cittadini, deve dimostrare di avere rispetto per se stesso
. Il Pd non può più tollerare l’ambiguità tra la posizione nazionale favorevole e la sostanziale ostilità di tanti suoi amministratori locali. Ma anche il centrodestra, a parole più coerente, nei fatti mostra contraddizioni inspiegabili, come lo sconcertante zig-zag dichiaratorio sui finanziamenti compensativi compiuto dal ministro Lupi qualche giorno fa.

L’Alta velocità Torino-Lione può assurgere, se ci pensiamo, al simbolo della più grave malattia che, negli ultimi decenni, ha colpito l’Italia: la diserzione di una classe dirigente che non sa più dirigere alcunché.

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