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giovedì 20 giugno 2013

OTTO MILIONI DI TEDESCHI LAVORANO GRAZIE AL NERO. POSSIBILE MAI ?


I tedeschi sono più ordinati e disciplinati di noi, non credo sia in luogo comune, o almeno lo è nella misura che così si definisce tale una verità ripetuta troppe volte. Nel 1989 Khol , il cancelliere del tempo, s'imbarcò nell'impresa di riunificare la Germania ed era compito titanico, stante la differenza abissale delle due economie. Per cercare di rendere la parte orientale simile a quella occidentale, per benessere, si è corso il rischio che accadesse il contrario. Certo loro non si accontentarono di "tirare a campare", di mediare le differenze, cercando che quelli ricchi restassero sostanzialmente tali e i poveri, quelli dell'est, migliorassero un po' la loro posizione. Volevano un paese unito ed omogeneo. Dopo 25 anni circa ci sono sostanzialmente riusciti, pagando prezzi alti, affrontando seri sacrifici. E' stato possibile grazie alla determinazione di uomini di Stato che hanno resistito agli egoismi, ai sospetti delle due parti, alle resistenze che anche nel loro paese erano presenti.
E dopo Kohl, tutti ricordano Schroeder che pur di varare le riforme del welfare e del lavoro ritenute essenziali per far ripartire la Germania, che agli inizi del nuovo millennio sembrava non riprendersi dall'emorragia finanziaria che l'unificazione aveva comportato, accettò di perdere le elezioni.
Pagato questo tributo ai pregi tedeschi, bisogna anche sfatare i miti. Tra questi, che i tedeschi siano un popolo "onesto" per eccellenza. Sicuramente lo saranno la maggioranza dei suoi cittadini, però ce ne sono anche TANTI che presentano difettucci comuni. Per esempio l'evasione fiscale, il nero, il truccare un pizzico i conti. Magari i numeri non sono i nostri, e questo ha comunque una valenza, però ci spostiamo dal campo etico per finire a quello della "sostenibilità". Se io rubo, poco o tanto, resto un disonesto. Se rubo poco però, danneggio meno il derubato, per cui il "sistema" può reggere la mia disonestà. Se rubo tanto, il discorso cambia. Moltiplicando questo per numeri macro economici, magari si scopre che il loro sistema, nonostante ( o magari anche grazie...) certi illeciti, funziona. Il nostro collassa.
Esempi concreti. L'evasione fiscale : non si sa che fine ha fatto la possibilità dell'accordo con la Svizzera per tassare i depositi "rifugiatisi" nelle loro banche. Berlusconi ci voleva tirare fuori le risorse per l'IMU in campagna elettorale, adesso non se ne parla più. I tedeschi ( e gli inglesi) invece da tempo questa intesa l'hanno raggiunta, e hanno recuperato bei miliardi di euro evasi da migliaia di cittadini teutonici poi non così fedeli fiscalmente come vorrebbe certa vulgata. Quando lo scrissi un amico - molto sensibile su questa cosa dell'evasione fiscale - commentò che "i ladri ci sono ovunque". Appunto. Io lo sapevo, forse era lui che pensava fosse una specialità solo italiana.
I conti : il debito pubblico tedesco si avvicina lentamente alla soglia del 90% (gli manca ancora qualche punto), che è 30 punti sopra la soglia virtuosa, ma certo non è il quasi 130% italiano. Però i loro conti sono un pochino taroccati (anche i nostri : non paghiamo le imprese perché per farlo il debito pubblico, che è contabilizzato ai fini eruopei,  schizzerebbe all'insù, mentre invece quello con quegli sfigati degli imprenditori "non vale" ) perché loro non conteggiano come debito i prestiti garantiti alle imprese tedesche da parte della loro Cassa depositi e prestiti (che non si chiama così ma ha una funzione in parte similare). Anche i conti delle loro banche principali sono opachi, ed è uno dei motivi per cui  sono restii ad una unificazione del controllo sul credito a livello continentale.
Infine il nero. E questa era una cosa che non sapevo e che mi ha lasciato basito. Nell'articolo di Davide Giacaolone, che di seguito riporto, leggo " secondo uno studio fatto da Visa (quelli della carta di credito), in collaborazione con l’università di Linz (che si trova in Austria, non in Grecia), assicura che, in termini assoluti, la più possente economia nera d’Europa si trova in Germania, ammontando a 350 miliardi di euro. Grazie a quella trovano lavoro 8 milioni di cittadini tedeschi."
Ok, sarà sicuramente vero, come dice il nostro bravo opinionista, che in proporzione (il PIL tedesco è ovviamente maggiore come ricchezza assoluta rispetto a quello italiano ) il nostro "black" è superiore.
Ma 350 miliardi sono una montagna !
Ultima considerazione che riguarda la moneta elettronica. Io ero certo che la Gabanelli , nel rompere così tanto le palle a noi co sta cosa, avesse in mente il modello teutonico (in fondo sembra anche un po' tedesca no ? ), e invece scopro che ai tedeschi le carte di credito non piacciono e  i pagamenti per il 60% sarebbero fatti in contanti...Sembra impossibile. La fonte è la stessa di prima : VISA-LINZ.
Quindi, siamo alle solite. Sicuramente dobbiamo imparare ed apprendere cose da loro, in termini di efficienza , disciplina ecc...non c'è dubbio. Ma insomma, nemmeno loro, al monito di Gesù, potrebbero scagliare pietre.
Buona Lettura


Inferni fiscali

Per uno scherzo del vocabolario si continua a fare la guerra ai paradisi fiscali, laddove sarebbe saggio farla agli inferni. Per uno scherzo della turnazione il G8 va a discettare contro la concorrenza fiscale in Irlanda, ovvero in uno dei Paesi che ne trae il maggior profitto. E per uno scherzo dell’autolesionismo noi italiani continuiamo a maledire la nostra evasione fiscale, sentendocene moralmente colpevoli, ignorando che l’economia nera più grande d’Europa si trova in Germania, ovvero laddove sono tutti pronti a fustigare i nostri lascivi costumi.
E’ giusto che nel negoziare un’ampia zona di libero scambio, comprendente l’Unione europea e il Nord America, ci si preoccupi di evitare che sia così smaccatamente conveniente spostare le sedi giuridiche delle grandi imprese laddove le porta non il cuore, ma il fisco. I casi di Apple e Google sono i più noti e i più grossi, ma migliaia si trovano in quelle stesse condizioni. Rispettano le regole e inseguono la convenienza. Nel comunicato finale, però, si trova un numero inquietante di “si dovrebbe” e “dovrebbero” (i Paesi), sicché diciamo che parlare se ne parlò, ma oltre non si andò.
Il solo modo per bloccare questa domiciliazione artificiale, che nulla ha a che vedere con i veri centri produttivi, è quello di attenuare, se non cancellare, la concorrenza fiscale, passando per un accordo fra gli stati. L’altra via sarebbe quella del protezionismo, ovvero l’opposto del libero scambio cui si tende.
Per noi italiani è largamente conveniente e promettente sia l’accordo commerciale che quello fiscale. Siccome viviamo in un inferno fiscale ci è chiaro che quel risultato si può conseguire solo se la pressione scende. Diversamente il globo offre ancora altre opportunità. Altri paradisi preferibili agli inferni. Per far scendere la pressione si deve far scendere la spesa pubblica, per comprimere quella si deve rivedere il modello di stato sociale. Gira e rigira, si torna sempre a quel punto. Aggiungo, però, che sarebbe ben strano avere (com’è auspicabile) un’ampia zona di libero scambio con ridotta concorrenza fiscale tenendoci una grade Ue dentro cui è lecito farsi la concorrenza sui tassi d’interesse per il servizio al debito pubblico. Incontrando il presidente Usa l’Ue ha sbattuto la faccia su una delle sue intollerabili contraddizioni.
Ridurre la concorrenza su tasse e tassi d’interesse comporterebbe, secondo alcuni, un immeritato premio ai viziosi. Fra i quali noi. Solo che uno studio sulla “Shadow Economy in Europe” (l’economia ombra, alias nera), fatto da Visa (quelli della carta di credito), in collaborazione con l’università di Linz (che si trova in Austria, non in Grecia), assicura che, in termini assoluti, la più possente economia nera d’Europa si trova in Germania, ammontando a 350 miliardi di euro. Grazie a quella trovano lavoro 8 milioni di cittadini tedeschi. Ed è retta anche dall’avversione teutonica per le carte di credito, generante un 60% dei pagamenti in contanti. Proprio così: mentre da noi i bigliettoni te li danno con il contagocce, anche quando sono tuoi, mentre vieni segnalato se ritiri 1000 euro dei tuoi soldi, i fratelli tedeschi si leccano il pollice e vanno di sfoglio anche quando si tratta di pagamenti imponenti (ad esempio nel settore edilizio). Poi depositano le mazzette in banche che non intendono sottoporre alla vigilanza europea. Il lavoro Visa-Linz dice un’altra cosa, istruttiva: quando, nel 2003, quella tedesca era un’economica in grave stagnazione il peso percentuale (e anche assoluto) del nero era ancora più alto, né questo arrecava un grosso danno al fisco, visto che far girare i soldi è la precondizione perché qualcuno faccia acquisti e paghi l’Iva. Capito? Da noi il gettito Iva cala anche se aumenta l’aliquota.
Intendiamoci: il nostro nero è percentualmente più alto di quello tedesco, ma pesa meno sul prodotto interno europeo. Il che deve indurci a ritenere sbagliate alcune delle politiche che siamo stati chiamati ad applicare. Due dati (che devo a Marco Fortis) sono determinati: dal 1995 al 2011 il nostro avanzo primario non solo era un record, ma quotava il doppio di quello tedesco, i rigorosi eravamo noi; dal 2011 al 2014, restando in avanzo primario, il nostro debito pubblico cresce più di quello degli altri. Bisogna essere più che ottusi per non capire che la causa non è l’innata malandrineria, ma la gigantesca cretineria delle politiche che stiamo applicando. Noi denunciavamo gli anni in cui pagavamo in minor crescita il maggiore rigore, chiedendo tagli alla spesa anziché aumento delle tasse, ma la pochezza suicida è oggi, quando paghiamo in recessione e debito che cresce senza spingere l’economia un controproducente ossequio al dogma imposto da chi, intanto, prende un illecito vantaggio sulle nostre imprese.
Eccolo, il nostro inferno fiscale. Senza neanche il pur imbarazzante vantaggio della più grande economia nera del continente.

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