Pagine

domenica 28 luglio 2013

LA NOBILE MISSION IMPOSSIBLE DEL CORRIERE : MENO SPESA PUBBLICA, MENO TASSE


Io mi immagino i politici, specie quelli che stanno al governo, che leggono il Corriere della Sera e scuotendo la testa con commiserazione commentano tra loro " lasciali parlà, so' ragazzi...".
Mi riferisco al quasi ossessivo appello di tutte le firme del quotidiano più importante d'Italia perché un esecutivo, quale che sia, si decida ad attaccare seriamente la spesa pubblica (e anche il debito...), abbassando così le tasse.
Non che anche sugli altri giornali questo non accada : Repubblica, La Stampa, Il Messaggero, però in essi c'è anche qualche contro canto, e ci sono poi dei distinguo forti quando dalla spesa si finisce a parlare di tasse.
Invece sul giornale di Albertini non ci sono tentennamenti : da Panebianco a della Loggia, da Alesina a Giavazzi, da Ostellino e Romano, da Rizzo a Stella,  con la benedizione lontana di de Bortoli, la mission è chiara : le spesa pubblica va abbassata, per consentire la riduzione delle tasse e con questo favorire consumi e cresciata. Sulla Stampa ci sono Ricolfi e Deaglio, su Libero e il Tempo Giacalone, su Repubblica c'era (non so se collabora ancora con loro) Alberto Bisin.
Sul Corriere è un Fronte.
Ebbene, se c'è una campagna di stampa che non sortisce nemmeno un piccolo risultato questa è proprio quella di cui parliamo.
Il motivo c'è, e Panebianco, nello sconfortato e sconfortante editoriale di oggi, lo spiega assai bene. Il Partito della Spesa Pubblica (già individuato da Giacalone ) è fortissimo perché salda gruppi di interessi forti e numerosi : sindacati, politici, burocrati, giudici amministrativi, dipendenti pubblici, pensionati e anche certa parte dell'imprenditoria che campa solo di commesse pubbliche.
Non sono magari la maggioranza (dall'altra parte ci sono tutte le medio e picocle imprese, buona parte delle grandi, l'artigianato, il commercio, i professionisti e ci metterei anche i dipendenti privati che non hanno certo le gaurentigie di quelli statali ) ma sono tanti e, ripeto, forti.
Nella famosa lettera dell'agosto 2011, che de Bortoli riecheggiva qualche giorno fa, questi tre capisaldi (abbassamento di spesa, debito e tasse, sul lavoro) erano ben chiari. C'erano poi altre indicazioni sempre finalizzate a favorire la crescita come per esempio le privatizzazioni (scomparse da qualsiasi radar anche con Monti , figuriamoci con Letta ), e le liberalizzazioni (Dario di Vico sconsolato oggi dava notizia della nascita di TRE nuovi ordini profesisonali...). NULLA di tutto questo ha fatto Monti. Ha fatto altro. Ha alzato l'età pensionabile, universalizzato il sistema contributivo, e quindi aggiustato la previdenza. Poi ha raddrizzato i conti, TASSANDO. Che non era quello che suggeriva  la Banca Centrale, ma che ha consentito di migliorare il bilancio. "se siete così pazzi da preferire il salasso di imposte piuttosto che spendere di meno, e puntare a crescere, affari vostri, basta che non bussate cassa a noi oltre quello che già avete fatto e fate ", questo, in buona sostanza, il pensiero di Francoforte e Bruxelles. A Berlino invece sono proprio contenti del nostro suicidio economico, che giova alle loro industrie manifatturiere che vedono sparire un competitor un tempo assai efficace.
In questo, le larghe intese s'intendono benissimo, e del resto nella stagnazione e oggi recessione dell'economia italiana, i governi del centro sinistra ( a Palazzo Chigi per 9 anni, se ci mettiamo dentro anche Dini ) hanno fatto la loro parte come quelli di centro destra (che non hanno mai abbassato né Spesa né tasse, aumentando il debito ).
Allora, o sono matti quelli del Corriere - e tutti gli altri che continuano a ripetere questo mantra - oppure siamo prigionieri di gente che fa un gran parlare di futuro, di giovani da tutelare, ma che vive schiacciatissima su un presente per loro ancora dorato. E non parlo solo dei politici...
Ecco l'articolo di Panebianco, eco dolorante di quello, pure scritto oggi, sulla Stampa, da Luca Ricolfi.


L'INOSSIDABILE PARTITO ANTICRESCITA

La spesa facile che non indigna

 

Le reazioni del partito della spesa pubblica di fronte alla affermazione di buon senso, e inoppugnabilmente vera, del viceministro all'Economia Stefano Fassina secondo cui esiste, accanto a una evasione indotta da avidità e mancanza di senso civico, anche una evasione fiscale «di sopravvivenza», sembrano dettate dall'arroganza: quella tipica arroganza che è propria di chi, ritenendosi fortissimo, può permettersi il lusso di ringhiare davanti a qualche timido distinguo dalla linea dominante e vincente.
C'è il forte sospetto che sia ormai inutile continuare a ripetere, come facciamo da anni, la solita litania: «Bisogna ridurre la spesa pubblica al fine di abbassare le tasse e rilanciare così la crescita».
Il partito della spesa pubblica non ha alcun interesse alla crescita perché non può accettare che spese e tasse scendano. Fino a oggi, quel partito si è rivelato fortissimo, imbattibile. Ci sono due possibili spiegazioni, non necessariamente incompatibili fra loro, di tale imbattibilità. La prima ha a che fare con le «quantità» e la seconda con la «qualità». La spiegazione quantitativa dice che i numeri sono a favore del partito della spesa pubblica: coloro che vivono di spesa sopravanzano ogni altro gruppo e rappresentano, sul piano elettorale, una «minoranza di blocco» ai cui veti nessun governo, quale che ne sia il colore, può resistere. La spiegazione qualitativa fa riferimento all'esistenza di «cani da guardia», di istituzioni strategicamente collocate che si sono assunte il compito di salvaguardare gli interessi facenti capo al partito della spesa pubblica. Per esempio, guardando a certe sentenze della Corte costituzionale, si può essere colti dal sospetto che sia addirittura «incostituzionale» ridurre la spesa pubblica (e quindi le tasse), ossia che, per il nostro ordinamento, quelle due grandezze possano solo crescere, mai diminuire. Più in generale, c'è una intera infrastruttura amministrativa (alta burocrazia, magistrature amministrative) che regge e dà continuità alla azione dello Stato, che sembra chiusa a riccio nella difesa di un equilibrio politico e sociale fondato sulla incomprimibilità della spesa e su tasse altissime. La debolezza della politica fa poi il resto, rende impossibili interventi capaci di vincere le resistenze burocratiche e lobbistiche e invertire la rotta.
Lorenzo Bini Smaghi (Corriere , 27 luglio) ha osservato che nella lettera della Bce all'Italia di due anni fa si chiedevano riforme strutturali (tese appunto a ridurre la spesa pubblica). Non potendo, non volendo, o non sapendo, fare quelle riforme, noi rispondemmo aumentando le tasse e perciò spingendo ancor di più il Paese nella spirale della depressione.
Sulla carta, il governo Monti era nella condizione migliore per ridurre la spesa. Per sua natura, non dipendeva dal consenso elettorale e, inoltre, avrebbe potuto imporre le riforme ai partiti sfruttando la condizione d'emergenza in cui si trovava il Paese.
Perché non ci riuscì? Perché accrebbe ulteriormente una pressione fiscale già altissima? Non è forse perché gli ostacoli erano talmente grandi, e le forze contrarie così potenti, da non poter prendere in considerazione alcuna altra linea di condotta se non quella che venne effettivamente perseguita?
Sarebbe bello vivere in un Paese fondato su un regime di tasse basse ove non esistesse l'evasione da sopravvivenza e dove fosse possibile scaricare uguale riprovazione morale sugli evasori fiscali e su coloro che fanno un uso non strettamente necessario, non giustificato dalla funzione sociale assolta, dei soldi pubblici. Viviamo invece in un Paese in cui spese e tasse si rincorrono senza fine lungo una strada in salita. Sorvegliate amorevolmente da cani da guardia indifferenti alla decadenza economica del Paese. Ai membri del partito della spesa pubblica bisognerebbe dire: grazie a voi siamo oberati di tasse e non intravvediamo un bel futuro per i nostri figli. Abbiate almeno la decenza di non ringhiare.

1 commento:

  1. FERRUCCIO DE PETRIS

    oramai le ricette le sanno tutti..anche il mio gatto..ma il come farlo..o come farlo non lo vuole dire nessuno,..piu che dire cosa fare..diciamo ai soloni dei giornaloni..come farlo..con decreti, con riforme,denunciando con nomi e cognomi quelli che non vogliono le riforme per interesse personale e di gruppi..plutodemocraticmassoniciarisotcraticitestedicazzocollusiemafiosiburocratidistato. imao.

    RispondiElimina