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domenica 28 luglio 2013

LUCA RICOLFI E LA SINISTRA "CUI NON PIACCIONO GLI ITALIANI"


Luca Ricolfi , vertice della triade di opinionisti più apprezzati dal Camerlengo, insieme a Giacalone e Panebianco (poi ve ne sono molti altri, ma sul mio personalissimo podio ci sono oggi questi tre ) , è uomo di sinistra. Lo è nella misura in cui si considera tale chi , nell'occuparsi di politica e di problematiche sociali, ha come obiettivo e interesse principale la tutela dei più deboli, come ambizione utopistica più la realizzazione dell'uguaglianza che della libertà individuale, non ignorando che sono entrambi valori importanti, in democrazia non eliminabili, ma, a seconda del tipo di società che si auspica, con pesi e tutele maggiori o minori .
Occupandosi di numeri (è professore ordinario a Torino di Analisi dei Dati nella facoltà di Psicologia, prima di Sociologia a Modena ), coglie le frequenti dissonanze tra realtà fattuale e percezione della stessa, causa pregiudizio ideologico.
Questo male, diffuso trasversalmente tra gli esseri umani, si annida però di più nell'ambito di sua appartenenza , appunto la sinistra.
Nell'articolo che segue, classificato (e su oltre 2000 post del blog non sono molti quelli definiti così , 15 con questo, meno dell'1%...) come "imperdibile", Ricolfi rimane avvilito e basito alla reazione di tanta parte di quell'area all'esternazione di Fassina che ha osato dire "esiste un'evasione di sopravvivenza". Nella realtà italiana sarebbe come dire che i cani hanno quattro zampe...E invece NO. Siccome il dogma è che l'evasione fiscale è SEMPRE egoista, profittatrice, depauperatrice ecc. ecc., dire una verità economica e sociale così semplice (riferita al nostro Paese) NON si può. Si va dall' intolleranza totale di una Camusso, definita da una persona sobria come Ricolfi, una "ayatollah", a quelli come Epifani che si preoccupano di dire, come sempre in questi casi, "è stato frainteso". Nei colloqui a quattr'occhi magari i più dicono che Fassina ha ragione. dicendo quello che tutti sanno, anche tra loro, ma ha comunque fatto male a farlo perché non è questa la linea da seguire.
Del resto, da quelle parti ci sono pur sempre i nipoti di coloro che per decenni (a rate, qualcuno si svegliava o trovava il coraggio di dire la verità) hanno sostenuto che l'Unione Sovietica era il modello di socialismo da perseguire, e qualcuno ancora lo pensa....
L'articolo andrebbe evidenziato TUTTO, perché stavolta non condivido solo i concetti ma le singole parole. Pure alcuni passaggi ho ritenuto di marcarli di più.
Da archiviare e tramandare


La sinistra che nega la realtà

Una ventina di anni fa, all’indomani della prima vittoria elettorale di Berlusconi (1994), lo storico Giovanni Belardelli pubblicò sulla rivista «il Mulino» un saggio fulminante, significativamente intitolato «Se alla sinistra non piacciono gli italiani». 

Fu proprio in quell’epoca, infatti, che la sinistra, tramortita e incredula di fronte a un elettorato che aveva osato preferirle Berlusconi, iniziò a rivedere drasticamente il proprio giudizio sugli italiani. Visto che non la votavano, e le preferivano quel cialtrone di Berlusconi, gli italiani dovevano essere un popolo ben arretrato, individualista, amorale e privo di senso civico. Una teoria, questa, che raggiunse il suo apice, al limite del ridicolo, con l’appello elettorale di Umberto Eco nel 2001, in cui gli italiani che avessero osato votare Berlusconi venivano descritti con un disprezzo ed un semplicismo che, in una persona colta, si spiegano solo con l’accecamento ideologico. 

Oggi questa storia, una storia di incomprensione e di arroganza etica, fa però un decisivo passo in avanti. Oggi che un politico di sinistra come Stefano Fassina viene crocifisso dai suoi perché ha osato dire che esiste anche un’evasione fiscale «da sopravvivenza» (una cosa che qualsiasi persona senza pregiudizi vede ad occhio nudo) quella diagnosi di Belardelli ci appare fin troppo ottimistica, generosa, o benevola verso la cultura di sinistra.
No, il problema della sinistra non è, o non è soltanto, che non le piacciono gli italiani: il problema è che non le piace la realtà.  

Quando i fatti mettono a repentaglio l’ideologia, il riflesso meccanico della cultura di sinistra non è correggere o adattare l’ideologia alla realtà, ma correggere la realtà negando i fatti. Dove correggere può voler dire, e ha voluto dire per almeno mezzo secolo, cercare di raddrizzare il «legno storto» dell’italianità, rieducando e civilizzando gli italiani secondo la concezione del bene comune propria della cultura di sinistra (una vicenda puntualmente narrata nell’ultimo libro di Giovanni Orsina: I l berlusconismo nella storia d’Italia, Marsilio 2013). Ma può voler dire anche, più letteralmente, correggere i dati della realtà, fino al punto di negarli.
E’ successo mille volte, talora con risvolti tragici (il partito comunista che nel 1956 si rifiuta di vedere i fatti d’Ungheria), talora con risvolti meno drammatici ma non per questo privi di conseguenze (ad esempio con la negazione di dati socio-economici scomodi), talora, infine, con risvolti decisamente comici, come nel caso di Stefano Fassina sommerso di critiche per aver constatato un fatto – l’evasione da sopravvivenza – tanto evidente quanto indigesto al suo partito.

Da che cosa deriva questa refrattarietà ai fatti, fino al negazionismo più buffo?
Certamente, e in una misura non trascurabile, dall’eredità dello stalinismo, con il suo totale disprezzo per la verità, o meglio con la sua identificazione della verità con ciò che risulta utile alla causa, sia essa il Socialismo, la Rivoluzione, il Partito o lo Stato. Come sociologo, ne ho avuto esperienza diretta innumerevoli volte: quando scoprivo qualcosa che non faceva gioco alla sinistra i «compagni» mi dicevano che sì, poteva essere tutto vero, ma non era il momento di dirlo, la situazione era grave e c’era il rischio di «strumentalizzazioni da parte della destra». Poi però il momento di dirlo non arrivava mai, perché la situazione era sempre «delicata» e la posta in gioco invariabilmente «importantissima». 

Ma forse non andrebbe trascurato anche un altro elemento, un meccanismo – anche psicologico – che ci tocca un po’ tutti, ma affligge in modo patologico la politica, a sinistra come a destra. Con lo psicologo sociale Leon Festinger, che ebbe a scoprirlo negli Anni 50, potremmo definirlo l’incapacità di tollerare le dissonanze. E risalendo ancora più indietro, al filosofo David Hume, potremmo definirlo la tendenza umana a saltare dai fatti ai valori, dal piano descrittivo al piano normativo. Specie chi ha ferme convinzioni etiche, morali o politiche, ha difficoltà a riconoscere, talora addirittura a «vedere», i fatti che potrebbero insidiarle. Se mi batto per i diritti degli immigrati, mi è molto difficile accettare una statistica che dimostri che il loro tasso di criminalità è più alto di quello degli italiani. Se sono un fervente meridionalista, mi è molto difficile accettare un’indagine in cui si mostra che evasione e falsi invalidi sono concentrati in alcune regioni del Sud. Se sono un nemico giurato dell’evasione fiscale non riesco ad accettare che esista l’evasione per sopravvivenza: che è appunto la trappola in cui è caduto Stefano Fassina, un politico forse troppo giovane per aver interiorizzato completamente lo stalinismo e la concezione utilitaristico-strumentale della verità.

Ma è un errore logico. Il piano dei valori e quello dei fatti sono separati. Si può restare difensori dei diritti umani, meridionalisti, o amanti della tasse (viste come «cosa bellissima», secondo l’audace definizione di Tommaso Padoa Schioppa) anche in presenza di fatti che rendono più complessa la difesa dei nostri valori. Anzi, dovremmo renderci conto che – proprio per promuovere i nostri ideali – ci serve sapere come stanno le cose. Conoscere per deliberare, diceva Einaudi, ma forse oggi dovremmo dire, più precisamente, non aver paura di conoscere se si vuole cambiare la realtà. Altrimenti quello in cui si cade è una sindrome molto pericolosa, quella di negare l’esistenza di ciò che non si sa come affrontare, o semplicemente non si ha il coraggio di combattere.

C’è stato un tempo in cui una parte del mondo politico aveva la spudoratezza di dire che «la mafia non esiste». Oggi non succede più, ma in compenso c’è chi si permette di negare l’evasione per sopravvivenza. Potrà sembrare strano, ma questi due tipi di negazioni hanno almeno un elemento in comune: la consapevolezza che quella cosa in realtà esiste, ha una sua solidissima ragion d’essere, ma, proprio perché non si ha la forza o la volontà di combatterla, non può essere detta. 
E’ questa, purtroppo, la realtà dei sindacati e dei politici in Italia. I luoghi in cui si evade spudoratamente, talora per sopravvivenza talora per ingordigia, sono perfettamente noti a tutti perché coinvolgono milioni di persone, si vedono a occhio nudo, sono stati raccontati da innumerevoli inchieste giornalistiche, descritti minuziosamente da decine di studi scientifici: affitti di seconde case completamente in nero, operai dell’edilizia reclutati con il sistema del caporalato, immigrati spremuti come limoni nelle campagne e nell’industria dei trasporti, lavoranti a domicilio nelle civilissime regioni del Centro Italia, ragazzi che lavorano senza contratto nei negozi di Roma. Eppure non si fa nulla. Non si fa nulla perché se si facesse si creerebbero conflitti sociali immani, chiuderebbero centinaia di migliaia di attività, si perderebbero milioni di posti di lavoro. Meglio, molto meglio e molto più facile, tuonare contro gli evasori e fingere che l’evasione fiscale sia solo quella dei grandi imprenditori, dei gioiellieri, dei ricchi, degli speculatori, dei professionisti. Se i sindacati dovessero occuparsi anche di quel che succede nei negozi, nelle boite, nei campi, in edilizia, nella miriade di aziende di trasporto illegali, il loro lavoro diventerebbe immensamente più difficile, più complicato, spesso più rischioso. No, meglio fingere che tutto questo non esista, meglio andare per convegni, partecipare ai talk show in tv, sedersi ai tavoli in cui si discute con il governo e con la Confindustria delle crisi dei grandi gruppi. E quando a un politico, per di più uno dei «nostri», uno molto di sinistra, scappa detta la verità, una verità che tutti conoscono e vedono, emettere la scomunica: il suo è stato «un clamoroso errore politico».
Così disse l’ayatollah Susanna Camusso. Amen, e avanti così.

10 commenti:

  1. Molto bene, finalmente qualcosa su cui vale la pena di riflettere. Concordo pienamente, anzi aggiungo che Fassina, secondo me, ha finalmente detto qualcosa di sinistra, che valeva la pena dire. P.S. vedo che da uomo di destra ribatti finchè pensi che io sia un uomo. Evidentemente per voi le donne sono galline da combattimento, oppure mamme. Pare che tu veda in me una mamma perché hai accettato il mio consiglio di parlare anche dell'altra parte della Luna. Questo mi piace molto.

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    1. Elena forse ti sono sfuggite le risposte postate sul link dove abbiamo iniziato...pregiudizi ne hai tanti noto....

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  2. Qualcuno ce l'ho ma piu' che pregiudizi parlerei di giudizi, ma soprattutto non sono esperta di pc. Si puo' perdonare? Per ultimo un'altra mia deficienza: so cosa vuol dire camerlengo, ma perché l'ultimo?

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  3. Innanzitutto grazie per il tempo che mi hai dedicato. Se tu sei contro una sinistra non costruttiva, per intenderci quella che smacchia i leopardi, mentre invece altrove si producono consensi, con tutto il rispetto per Bersani, devo dire che non discordo da te. Non mi piace parlare di me, ma anche io vengo da una famiglia liberale, ho conosciuto, da bambina i grandi capi tipo Malagodi, Valitutti, gente di grandissimo spessore culturale. Ed anche la mia famiglia, eccetto me che mi occupo di altro e sono solo un'angolista in questo campo, vive o ha vissuto di codici e pandette. Come vedi, per molti versi siamo vicini e concordo con te quando dici che c'è gente che è contro B per posizione inamovibile, Ma dico anche : E meno male. Mi conforta il fatto che ci sia chi ha ripugnanza per cose e persone che sono obiettivamente negative. Non scendo nei particolari perché sarebbe ozioso, ma concedimi una sintesi. Vedersi imporre delle veline come Ministri, vedere sfruttate delle giovani donne per il proprio diletto senile, assistere ad una confraternita quale B Fede Mora, ascoltare sempre dichiarazioni eccessive salvo poi dire di essere stati fraintesi e dando così prova di eccellente capacità di comunicazione, sono cose che insultano il buon senso e sono dei gran "cazzotti" in pieno viso. A questo punto, con mentalità spicciola e prettamente femminile, ci si chiede: ma da chi siamo governati? In quale modo? Da quanto tempo? Per quanto ancora? Tu parli di pregiudizi, ma nei valori bisogna pur sempre credere. Dante diceva che la politica è una gran puttana, lo so, deve essere così e così è, ma non puo' esistere una società senza decoro, dove non ci si meraviglia più di nulla ed il sommo valore è la griffe. Ma ti pare sostenibile quello che è stato osato contro la Bindi? E non contro la sua politica, ma con riferimento al suo aspetto fisico. Sembra una sciocchezza, ma per me è sostanza. Si vuole delegittimare una donna che non è bella, nel senso che la Bindi no, la Minetti, ergo, si.Sono messaggi che gli esperti sanno ben inviare ad un uditorio adeguato a recepirli e questo è, con un eufemismo, decadimento. Per strapparti un sorriso e concederlo anche a me stessa, ti faccio riflettere sull'ilarità che può suscitare un commento estetico proferito da Ignazio La Russa. Non sono una fan della Bindi e neanche lo sono di Casini, ma dimmi, come mai uno come te, che si definisce tollerante, va a fare le pulci ancillari ad un Casini che non è più della parrocchia? Come mai non parli di altri fatti riguardanti personaggi dell'entourage? E non sto certo parlando di vicende sentimentali che dovrebbero riguardare solo i protagonisti, ma di ben altre e più pubblicamente dannose circostanze. Grazie per l'attenzione e complimenti per la tua prosa.

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    1. Maronna Elena !! Che commento corposo ! A questo punto potremmo diventare amici su FB !!!
      Belle le tue origini liberali, che forse spiegano un pochino come mai, pur nell'avversione prevalente, qualcosa del camerlengo ti incuriosiva...
      E senz'altro, se apprezzi questo articolo di Ricolfi, fai parte della sinistra con la quale io, liberale di destra, dialogo fin da ragazzo.
      Poi c'è questo vulnus, che è il tuo viscerale "odio" per Berlusconi e quello che lui rappresenta. Io penso che sia una cosa che l'uomo abbia alimentato ad arte per favorire il gioco che più stimola e fidelizza gli italiani : essere pro o anti, capuleti o montecchi , ghibellini e guelfi ( e magari guelfi neri e guelfi bianchi ) ecc. ecc.
      Un sistema che ha diviso in due l'Italia e ha favorito , non sono il solo a dirlo, 20 anni di era berlusconiana (che tale è stata, anche quando poi governava Prodi). Qualcosa che è stata anche sfruttata da altri, che sull'antiberlusconismo hanno costruito carriere, o hanno difeso la propria posizione di casta privilegiata. Parlo dei magistrati. Grazie a Berlusconi, parlare di riforma della giustizia - che DEVE riguardare anche i giudici, inevitabilmente - è diventato da difficile a impossibile. Solo i radicali potevano avere il coraggio di proporre , in quest'epoca, i loro sacrosanti referendum sulla giustizia : divisione delle carriere, abolizione dell'ergastolo, disciplina severa della custodia cautelare, misure alternative al carcere...Tutti temi garantisti, che per oltre un secolo sono stati di sinistra, e che poi si sono perduti con la deriva giustizialista denunciata da uomini retti come Sansonetti e appunto Pannella, Bonino, Rita Bernardini e gli altri radicali.
      Sul resto che dire ? Citi correttamente Dante, ma poi non lo segui. Io sì, e coerentemente per me un poltico, un uomo di stato, deve essere valutato sulla sua capacità e non sulla moralità (lo disse anche Benedetto Croce, restando in tema di liberali storici ). E da questo punto di vista io boccio il Berlusconi politico. A te interessa più altro, che io, "dantescamente", non giudico.
      AH, un'ultima cosa...Il post su Casini non era certo per punire un "traditore" (il solo pensiero mi fa sorridere, e CAsini mi sta pure simpatico), ma perché chi scrive alla fine si fa anche sedurre dall'idea di catturare lettori (se hai sbirciato un po' il blog, avrai trovato post non seriosi, più accattivanti per un pubblico diverso) e quel gossip, che tale era, è il post più letto del camerlengo ...
      Sapessi quando mi ci rode Elena !!!!
      Un pettegolezzo, forse vero forse no, introdotto con 5 righe, è stato letto da oltre 6000 persone...
      Però la realtà è questa, e tale resta anche quando non piace.
      Sorriso

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  4. Mi dispiace la tua generalizzazione, io non odio nessuno, ma vedo come la nostra povera Italia sia in preda di uno stato di campagna elettorale permanente giocata nel modo piu' becero, da personaggi inconcludenti e triviali che intrattengono il pubblico con le loro esibizioni, mentre nella pratica non si fa quello che era stato promesso. Il solo venire a discussione con costoro è di per se stesso degradante e fuorviante. Ci si rimette sempre, rischiando di essere trascinati al loro livello e di essere sconfitti dalla loro esperienza. Tutto questo, presentato dai media, contribuisce ad abbassare il livello di civiltà. Cosa fai, scrivi e poi ti dispiaci che si legga? Io non posso essere soddisfatta di questo modo di procedere, neanche a voler essere tollerante. Nessuna sorpresa invece provo alla notizia della smentita all'intervista di B : se non arrivava, mancava qualcosa e non ci si sarebbe più fidati neanche degli orologi svizzeri. P.S. A me piace più la perseveranza che non l'ostinazione alla quale attribuisco una componente compulsiva.

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  5. CLAUDIO SAGRAMORA

    Grazie. Informazione sempre equilibrata e corretta.

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  6. GIULIANO BOND

    Ha proprio ragione: la sinistra non vuole abbandonare un'ideologia che è ormai definitivamente perdente. E non sa vedere che gli Italiani sono più avanti di loro.

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  7. LUISELLA ARTABANO

    Un articolo con la A maiuscola

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  8. Perdonami se torno a Casini, ma mi hai fatto ricordare la difesa di Celio, anche lui ben lieto di non essere nato deforme, della quale ti trasmetto un passo............................................ Sed aliud est male dicere aliud accusare. Accusatio crimen desiderat rem ut definiat hominem ut notet argumento probet teste confirmet; maledictio autem nihil habet propositi praeter contumeliam quae si petulantius iactatur convicium si facetius urbanitas nominatur. ------------------------------------------Come pensi che Cicerone definirebbe la tua maldicenza, una maleducazione o una facezia?

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