Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
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domenica 18 agosto 2013
PIERO OSTELLINO. OVVERO COME UN LIBERALE VEDE BERLUSCONI
Ho letto con piacere ed interesse l'articolo odierno di Piero Ostellino sul Corsera che ritengo sia un buon esempio di come un liberale si ponga di fronte al personaggio Berlusconi. Ovviamente né io, né credo Ostellino, pensiamo che TUTTI i liberali facciano le stesse considerazioni e valutazioni. Ma lo ritengo un buon paradigma. Eccezionale il caustico riferimento ai giornalisti di Repubblica, fonti ispiratrici di certo giornalismo straniero, che invece di girare e guardare l'Italia coi propri occhi, preferiscono osservarla a colazione e a pranzo usando quelli dei colleghi di L.go Focherini
Magari, leggendo questo articolo, qualcuno si convincerà che essere critici di certa sinistra e di certa magistratura non significhi essere dei fidi berlusconiani. Che poi esserlo non credo sia una maledizione o una tara genetica (non lo penso nemmeno dei comunisti, in sé ).
Semplicemente, non lo siamo.
Liberali invece sì, e con orgoglio.
Buona Lettura
"Lo scatto che si attende dal Cavaliere"
Silvio Berlusconi non è mai stato tanto libero quanto è ora che una condanna a quattro anni e l'interdizione dai pubblici uffici pendono sul suo futuro. La libertà di cui può godere è di «pensare politicamente» cosa vuol dire essere il rappresentante del ceto medio. Dal 1994, quando è «sceso in campo» la prima volta, ci è (ridi)sceso più volte, sempre per fermare la sinistra, anche quando era al governo; ma lamentando, poi, una volta a Palazzo Chigi, di non avere i poteri per governare. Un paradosso e un nonsenso. Che, per un uomo politico, «fare politica» significhi cercare di conquistare il potere, il più ambito dei quali è quello di governo, è nell'ordine delle cose. Ma il Cavaliere ha mostrato spesso di giudicare i successi elettorali del Pdl più come una conferma dei sondaggi d'opinione sulla propria popolarità che una domanda di modernizzazione del Paese; di pensare alla guida del governo, più come alla partecipazione a un allegro convegno di Publitalia che a un impegno pubblico. Non ha fatto nulla, o troppo poco, per tradurre, weberianamente, la scelta del '94 in «professione politica», rimanendo l'imprenditore che era. Si è fermato ai bagni di folla, concretamente inutili, per soddisfare la propria esuberante vanità e a enunciazioni che assomigliavano più alle interruzioni pubblicitarie dei programmi Tv di Mediaset che a un programma di governo. Di «fare politica» — mostrando, sul piano teorico, di avere «una certa idea dell'Italia» e, una volta a Palazzo Chigi, su quello della prassi, di volerla realizzare — manco parlarne. Ha sofferto di una permanente «sindrome governativa» fine a se stessa che ne ha condizionato il pensiero, quando era all'opposizione, e l'azione quando era al governo. È stato una bizzarra anomalia, che ha divertito e affascinato quel mattacchione ironico del mio amico Giuliano Ferrara che gli vuole bene; una macchia di colore sulla pluricolorata presenza dei professori della prima ora e che ha fatto da compensazione, successivamente, al grigiore della dirigenza del centrodestra. Troppo poco, per un uomo dall'ingegno unanimemente riconosciuto, peraltro sufficiente a spaventare l'establishment nazionale, conservatore e inadeguato, e a irritare quello internazionale male informato da corrispondenti esteri che vanno troppo a colazione e a cena con i colleghi di Repubblica e ne prendono sul serio gli interessati giudizi per capire che cos'è il nostro Paese. Vadano meno a colazione e a cena e ne scrivano con maggiore competenza e realismo.
Con la conferma, da parte della Cassazione, della condanna a quattro anni e all'interdizione, l'anomalia che è stato finora è cessata e a Berlusconi si apre uno spazio di opportunità e di libertà per una riflessione politica seria. È anche finito il tempo delle sortite estemporanee con le quali aveva supplito alle carenze delle proprie origini. La recente ipotesi, della serie sortite estemporanee, di una discesa in campo della figlia Marina — manager delle sue aziende e giovane donna dai riflessi pronti e veloci — è stata saggiamente smentita dalla stessa. Se c'è ancora, Berlusconi batta un colpo…
GIONATA PACOR
RispondiEliminaL'ultimo Camerlengo è uno dei pochi autori che prima gli metto il "mi piace" e poi leggo l'articolo
NICOLETTA DI GIOVANNI
RispondiElimina"Magari, leggendo questo articolo, qualcuno si convincerà che ESSERE critici di certa sinistra e di certa magistratura non significhi essere dei fidi berlusconiani. Che poi esserlo non credo sia una maledizione o una tara genetica (non lo penso nemmeno dei comunisti, in sé ).
Semplicemente, non lo siamo."
( BRAVO Stefano Turchetti! Proprio così!)
Se c'è ancora Berlusconi batta un colpo...io credo che Berlusconi farebbe bene a smettere di battrer colpi, a vuoto, e capisca che il suo tempo è definitivamente concluso.
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