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venerdì 6 settembre 2013

NEMMENO UN ANNO DOPO, E SONO TUTTI RENZIANI. NOI ITALIANI NON CAMBIAMO MAI


Non è passato nemmeno un anno dalla sfida delle primarie nel PD, con Renzi sfidante di Bersani, e il contorno di Vendola (che ne uscì stracciato e da allora non s'è più ripreso), e di pupazzi in cerca di qualche foto, Puppato e Tabacci. 
Renzi registrò un risultato numericamente lusinghiero, totalizzando il 40% su 3 milioni di voti, avendo contro tutto l'apparato del partito, il sindacato, l'elettorato più mobilitabile e militante. Ma alla fine fu pur sempre sconfitto, considerato uno spurio, uno che alla fine veniva dalla Margherita, e che non bestemmiava Berlusconi (adesso sta imparando, ma nei limiti di un ex scout). E Bersani, l'ex Pci, che si era fatto tutta la dolorosa traversata via PDS e DS, sembrava avviato ad una facile vittoria contro quello che restava del giaguaro da smacchiare. Sappiamo com'è andata a febbraio.
 Da allora sembrano passati non 5 mesi, ma un lustro ! Bersani da persona per bene e pacata, a livoroso sconfitto cui hanno sottratto la vittoria all'ultimo metro, esponente della cinghia di trasmissione tra la sinistra moderata a quella più rossa e sindacalizzata, a capo dei radicali nel PD. Renzi , il ragazzo brillante ma discolo e troppo destrorso, non "uno di noi", a leader magari non adatto alla segreteria ma sicuramente il migliore per la sfida prossima ventura come candidato premier (così dixit D'Alema, e non solo). 
Poi, il trionfo nelle feste dell'Unità e del PD, dove magari i suoi sono invitati col contagocce ma lui, il gianburrasca toscano, riceve applausi a scena a perta, platee sempre piene, gente capace di attendere per ore pur di ascoltarlo. E questo a Bologna, a Genova, roccaforti rosse. 
Che è accaduto ? Sarà bastato iniziare a dire che Berlusconi se ne deve andare visto che è stato condannato ? (lui che diceva che gli avversari si sconfiggono politicamente e non giudizialmente ? ) . Sarà che ha affossato Marini e proposto Prodi (trombato pure lui) come presidente della Repubblica  ?
Oppure che dopo aver indicato il governo di larghe intese come l'unica soluzione possibile uscita dalle urne (contro il tentativo di Bersani di restare in sella con l'aiuto dei grillini), ora spara palle incatenate contro l'alleanza coi berluscones ?
Va bene questo, basta  per far diventare Renzi "uno di noi" ?
Non direi, a sentire il fiele che ancora oggi viene sparso da Bersani, Bindi, e, meno, dagli altri della sinistra più "ortodossa" (si chiama così quella più nostagica della falce e martello). 
No, quello che è cambiato, e gli italiani di ogni bandiera sono bravissimi a fiutare questo tipo di aria, è che Renzi ha oggi l'aura del vincente, anche per mancanza di validi contendenti (Barca ? Cuperlo ? Civati ? Fassina ? ma per piacere !). 
E questo cambia tutto.
Non importa se, per rendersi più simpatico a sinistra, abbia annacquato le sue idee di meritocrazia e anti burocrazia, di contestazione dei vecchi metodi consociativi, tanto che in molti, anche tra coloro che lo hanno sempre guardato con favore (io, documentato dai post del Camerlengo) , ora non saprebbero più dire quale potrà essere, un domani, il programma di Renzi Premier. 
L'importante è che vinca.
Inutile scandalizzarsi. E' stato così per 20 anni per Berlusconi.
Solo che il Cavaliere aveva altre risorse "autonome" rispetto a Renzi (impero finanziario, tv, giornali) , grazie alle quali è potuto rimanere in sella nonostante i rovesci (tradito da Scalfaro nel 1994, poi le sconfitte elettorali nel 1996 e, per un soffio, nel 2006) e la persecuzione giudiziaria. Renzi deve cogliere l'onda e poi sperare di fare bene e di essere anche fortunato (che ormai siamo in un mondo dove l'autonomia governativa è assai ridotta). 
Al primo passo falso, i cortigiani che oggi salgono sul carro che appare vincente, lo abbandonerebbero subito.
E di questo lo avverte , non unico, Angelo Panebianco, nel suo editoriale di oggi sul Corsera.
Buona Lettura 

MATTEO RENZI SENZA RIVALI NEL PD

Il soccorso al vincitore

Fa impressione osservare una slavina di queste proporzioni, vedere un partito quasi al completo, salvo un po' di irriducibili, precipitarsi sotto le ali di un politico che, solo pochi mesi prima, era stato trattato da tanti come un corpo estraneo, un «infiltrato» della destra. Matteo Renzi ha già vinto il prossimo congresso facendosi consacrare leader, con un bagno di folla, in una regione, l'Emilia Romagna, che mantiene un peso decisivo negli equilibri interni al Partito democratico e che, nelle primarie dello scorso anno, aveva (secondo copione) incoronato Bersani.
Ciò fa impressione ma non stupisce. È la reazione all'inatteso fallimento di Bersani, andato alle elezioni in nome della tradizione, della continuità. È normale che, dopo una grande delusione, un partito allo sbando si aggrappi a una nuova leadership , accetti il ricambio rifiutato in precedenza. Resta da vedere se il ricambio produrrà anche un effettivo rinnovamento identitario e delle politiche del partito. L'effetto slavina, o effetto bandwagoning (con quasi tutti che saltano sul carro del vincitore), è per Renzi un'arma a doppio taglio. Lo innalza irresistibilmente agli onori della leadership ma esercita su di lui anche una pressione tesa a fargli abbandonare, o a diluire, quelli che, nelle primarie dello scorso anno, erano risultati gli aspetti più innovativi della sua proposta.
Conosciamo il Renzi 1, il novello Davide che fece la campagna delle primarie contro il vecchio apparato e le sue logore parole d'ordine. Ma non conosciamo ancora il Renzi 2, il futuro leader del partito. Non sappiamo quali compromessi dovrà accettare. E poiché non è chiaro quanto il Renzi 2 sarà diverso dal Renzi 1, non è nemmeno possibile immaginare quanto rinnovamento ci sarà davvero. Non sappiamo insomma se l'innovazione batterà il trasformismo (di quelli che si sono precipitati sul carro) o se il trasformismo neutralizzerà l'innovazione. Ha ragione Walter Veltroni quando mette in guardia Renzi: un eccesso di consensi nasconde insidie che potrebbero palesarsi presto.
Renzi ha un partito da ricostruire. Un partito che per lungo tempo ha tenuto a bada le proprie divisioni interne, e nascosto il proprio conservatorismo, usando il mastice dell'antiberlusconismo (uno spiacevole effetto collaterale è stato l'eccessivo spazio che il partito ha dato per anni ad orientamenti forcaioli in materia di giustizia). Un partito, inoltre, che a causa della sua debolezza, si è abituato ad essere largamente etero-diretto nelle sue politiche: dai giornali d'area, dalla Cgil, da settori della magistratura. Al punto che non è sempre stato chiaro quale ne fosse il «vero» gruppo dirigente.
È un partito siffatto che Renzi dovrà governare e rigenerare. Da qui il dilemma: se Renzi si allontanerà troppo dalle sue posizioni originarie incontrerà poche resistenze interne, almeno nella prima fase, ma la sua azione risulterà alla fine poco incisiva. Se, al contrario, sceglierà di restare fedele a se stesso, incontrerà resistenze molto più forti, fronteggerà conflitti acuti, ma avrà anche qualche chance in più di cambiare il partito.
In ogni caso, gli irriducibili, i nostalgici, si rassegnino. Nelle attuali condizioni della competizione democratica, un partito non può che essere la struttura di supporto di un leader. Forse Renzi non riuscirà a rinnovare in profondità il partito ma, per lo meno, distruggerà qualche mito, svecchierà almeno un po' una cultura politica da sempre troppo diffidente verso le leadership individuali.

5 commenti:

  1. RICCARDO CATTARINI

    Il mio amico Stefano Turchetti, sempre lucidissimo, questa volta è grande davvero. Quanta ragione ha: il segnale è preciso, attenzione ai nuovi cortigiani, che quando noi passavamo quello che abbiamo passato ci trattavano come tutti ricordiamo ...

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  2. MASSIMILIANO ANNETTA

    Grande Stefano Turchetti

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  3. GIUSEPPE LIPERA

    MAI è la parola giusta veramente.
    MAI !

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  4. Antonio de Simone

    Stefano rispetto a loro noi ci siamo mossi prima, infatti già non lo sopportiamo più....

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  5. NICOLETTA DI GIOVANNI

    UN titolone !!

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