PARTE LA CACCIA AL PEONE. MA NON AVEVAMO DETTO BRAVI AI TEDESCHI PERCHé LORO NON LA FANNO ?

 
Ho letto diversi articoli esaltanti la serietà tedesca prima e dopo le elezioni. L'invidia comprensibile per chi in certe cose si rivela migliore di noi, perché di questo alla fine si tratta. Pierluigi Battista era tra questi, che osservava come la Merkel non si sia rivolta ai singoli deputati dell'SPD e/o dei Verdi per racimare quei 4 seggi che le mancano alla maggioranza assoluta. No, si rivolge ai PARTITI, per vedere se si riesce a trovare un'intesa di governo sulla quale poi procedere. Nella SPD Steibruck si è dimesso da tutte le cariche. Aveva un progetto - l'alleanza rosso-verde senza la Linke, troppo radicale - che non è stato promosso dalla urne. Passa la mano (a Bersani gli fischiano le orecchie ? ). 
In tanti ad applaudire, a dire che bravi, loro sì che fanno a meno degli "scilipoten" (Gramellini autore della teutonizzazione del nome del ben noto parlamentare, famoso per la sua schiena storta).
Tanti, non tutti, che con una certa coerenza a destra e sinistra diversi sono rimasti muti, ben sapendo che noi non ci pensiamo proprio a simile coerenza e trasparenza con gli elettori. 
E veniamo alle nostre cose. Berlusconi prende a pretesto l'aumento dell'IVA per far dimissionare i ministri del PDL e quindi creare la crisi dell'esecutivo. Letta decide di andare in Parlamento a vedere se ha la maggioranza. Quale ? Non certo quella che ha votato il suo esecutivo, che mi pare evidente che il PDL non gli confermerà la fiducia. Certo, il PDL partito no, ma i parlamentari ? E proprio a questi Battista fa il suo appello, nell'editoriale di oggi sul Corsera. 
Il già vicedirettore del grande giornale di via Solferino (ancora per poco si scriverà così, che si vende anche lì ) non si dispiacerà se su questa cosa non sono d'accordo con lui, e nemmeno   colgo la coerenza della sua esortazione. 
Perché o lo scouting, la transumanza, il voto contro il proprio gruppo è cosa da disapprovare, come ha scritto l'altro giorno nel plaudire alle cose di Germania, oppure è lecita. Sempre. 
Personalmente non mi piace, nemmeno un po'. Non sono un idealista però l'opportunismo lo accetto in dose ragionevoli. Per cui da elettore posso capire che, visto che dalle urne è uscito un responso di pareggio (che poi il Porcellum distorce con l'abnorme premio di maggioranza, ma la coalizione di sinistra ha preso sostanzialmente gli stessi voti di quella di centrodestra, uno 0,3% in più ! ) , per il bene della Nazione (mi sono rotto di questa parola "paese") si cerchi un compromesso di largo respiro, come hanno fatto in passato e tornano a fare i tedeschi. Ma poi loro governano !
Mentre noi abbiamo la rissa, il ricatto continui. E come l'editorialista ben rammenta, in questo non è che quelli del PD siano stati da meno della controparte. Anzi (e anche in passato, se la riforma Fornero è un aborto lo si deve al servilismo  dei democratici verso la CGIL, che le altre sigle sindacali mostrano maggior buon senso e consapevolezza).
 Il PDL nel proporre il governo di larghe intese, pose il paletto della riduzione delle tasse che da ogni dove vengono indicate  come TROPPE e determinanti la RECESSIONE italiana ( anche Draghi lo ha ripetuto più volte da Francoforte).  Quindi iniziamo con l'abolizione dell'Imu sulla prima casa (valore ammanco circa 3 miliardi) e nessun ulteriore aumento dell'IVA, che era stata elevata appena due anni orsono. Letta dice sì ma di fatto, con una spesa pubblica di 800 miliardi, l'impresa di rispamiarne 3 e di non aver bisogno di nuove maggiori entrate derivanti dal punto in più di IVA, sembra   titanica. Alla fine quello che si riesce a fare è abolire una rata dell'IMU, rinviarne un'altra...ma ogni volta attraverso l'aggravio di altre imposte !! Perché la montagna della spesa e del debito NON c'è verso di intaccarla !!
Alesina e Giavazzi scrivono sullo stesso giornale di Battista e da un paio d'anni dicono sempre la stessa cosa : bisogna fare una rivoluzione economica, tipo quella di Schroeder in Germania. A lui costò la Cancelleria ma se i tedeschi oggi in Europa sono gli unici a non passarsela male lo devono al suo senso dello Stato. Fassina e Monti hanno replicato stizziti, uno sostenendo che toccare la spesa non si può che si fa macelleria sociale (quindi in Italia siamo condannati a spendere quello che non produciamo...questo è il viceministro dell'Economia !) , l'altro difendendo il suo "magnifico" operato del quale noi ingrati non ci siamo accorti ma all'estero sì... (che gli frega all'estero se per far quadrare i conti Monti ci ha tosato senza peraltro riuscire nella vera impresa : iniziare a rimuovere gli ostacoli per riavviare la crescita ? ).
L'IVA è un pretesto ? Sicuramente. Però è buono. Lo è nella misura in cui si ha un indirizzo politico - la riduzione delle tasse -, si dà la propria fiducia per quello e l'esecutivo non riesce. 
La riforma del lavoro della Fornero è un obbrobrio proprio perché Monti, come tutti i suoi predecessori, ha ceduto al ricatto della parte piddina della sua maggioranza. I compromessi sono indispensabili in politica, ma non quando sono una resa continua, al peggior ribasso.
Insomma, io la penso come Renzi caro direttore : stabilità non è immobilità. Che per tirare a campare, va bene anche il governo di ordinaria amministrazione, in attesa di una nuova maggioranza.
Che per me dovrebbe scaturire da nuove elezioni, ma mi andrebbe benissimo - istituzionalmente, che per le prospettive....- anche una nuova allenza parlamentare, con Grillo e il Movimento 5 Stelle che stavolta si dichiarino disponibili, e quelli di Scelta Civica che considerino di poter restare anche con un esecutivo così' sbilanciato a sinistra. COSE CHIARE.
Non le arlecchinate, i puzzle messi su a forza, con i trasfughi di questa o di quella parte.
Un'ultima osservazione. La famosa libertà dei parlamentari, privi di un vincolo di mandato. La cosa non mi piace, e non cambia che lo preveda la costituzione, che non sono di quelli che la idolatrano (ci sono principi buoni, altri meno, e poi mostra anche un po' i suoi anni). A parte questo, l'ho scritto spesso a proposito dei grillini, vale per chiunque, e quindi per quelli del PDL : c'è qualcuno di loro che starebbe in parlamento senza Berlusconi (Grillo pee i pentastelalti) ? Non credo.
Ecco, non essere più d'accordo su strategie essenziali è assolutamente legittimo, per questo decidere di dimettersi dal partito pure. Anzi, è nobile. Rimanere in parlamento, dove il portone lo si poteva si e no lucidare da fuori se era solo per il proprio consenso elettorale, non direi. 
COme sempre, riporto il testo dell'articolo in modo che ognuno possa comunque farsi un'idea leggendo direttamente.

Moderati, dove siete?

Berlusconi impone le dimissioni dei ministri del Pdl, ma con la caduta del governo molte cose cambierebbero in peggio. Tranne una, che non cambierà affatto, né in peggio né in meglio: il destino personale di Berlusconi, che nessuna peripezia governativa o parlamentare potrà oramai minimamente modificare, in forza di una sentenza di condanna che, oltre alle misure cautelari, aggiungerà l'interdizione dai pubblici uffici, e dunque l'immediata decadenza da senatore.
Purtroppo non cambierà, anzi si rafforzerà, il sospetto che Berlusconi ritenga che il suo destino personale debba coincidere con quello del centrodestra e dell'intero Paese. Perciò il leader della neonata Forza Italia gioca al tanto peggio. Dopo di lui, deve esserci solo il diluvio.
Se la corsa al baratro della crisi dovesse rotolare fino in fondo, cambierà lo stato di un Paese che ad ottobre non potrà nemmeno scrivere la propria legge di Stabilità, consegnandosi interamente a un umiliante commissariamento internazionale.
Cambierà in peggio l'impatto delle tasse sui consumi, perché l'Iva inevitabilmente aumenterà per colpa di chi farà crollare il governo, anche se Berlusconi ne vuole fare un cavallo di battaglia. Cambierà, anzi crollerà la speranza che una responsabile azione di governo possa assecondare gli ancora troppo flebili annunci di ripresa e possa dare un sostegno all'economia che boccheggia e che vuole ripartire.
Cambierà la possibilità di mettere mano a serie riforme costituzionali, lungo un percorso che possa siglare un patto sulle regole fondamentali tra i partiti che poi, come è normale in una democrazia liberale, si contenderanno la vittoria alle elezioni su fronti opposti. Cambierà, anzi svanirà del tutto, l'idea che l'Italia possa conoscere un barlume di pacificazione, una competizione dura ma leale tra forze politiche che si dividono ma riconoscono legittimità al reciproco avversario, combattendolo ma non odiandolo fino ad augurarsene la distruzione.
Berlusconi ha sempre detto che il governo delle larghe intese è stato anche il frutto di una scelta di responsabilità del suo partito. È vero. Ed è vero anche che in tutti questi mesi, o almeno prima della fatale sentenza della Cassazione, il Pdl è sembrato più convinto del sostegno al governo di quanto non lo sia stato il Pd, che pure poteva contare sul suo ex vicesegretario Letta come premier. Più una folta rappresentanza di ministri.
Ma l'atto di responsabilità nazionale con cui Berlusconi ha permesso la nascita di questo governo viene totalmente annullato dall'atto di irresponsabilità nazionale con cui ne vuole decretare la morte. Berlusconi non può dare la colpa della fine al Pd, ancora immerso in un travaglio dilaniante per affrontare una campagna elettorale dagli esiti imprevedibili.
La colpa è invece tutta racchiusa nella sindrome autolesionista che in pochi giorni ha trasformato il «responsabile» Berlusconi nel capo di un drappello di falchi. Una forma di autolesionismo nazionale, che fa male all'Italia. E di autolesionismo personale, perché questo gesto di pura e inconcludente ritorsione, che scarica sul governo gli spasmi di un centrodestra frastornato e stremato, non avrà alcun effetto pratico sulla sua vicenda giudiziaria.
Un puro paradosso: si apre una pericolosa crisi di governo senza che nemmeno ne abbia a guadagnare la posizione personale di chi la promuove con tanto fragore.
Il tentativo di attribuire la colpa della crisi al Pd, ma addirittura al capo dello Stato, che vede disfarsi con un atto di irresponsabilità una costrizione politica precaria ma indispensabile per non far precipitare l'Italia nel caos politico, economico e finanziario, è insensato. Perciò è un bene che con un atto parlamentare solenne si chiarisca davanti agli italiani chi è disposto a dare la fiducia al governo Letta e chi invece vuole ritirarla. Un voto che dissipi ogni equivoco. E che consenta alla pattuglia dei moderati del centrodestra di dimostrare apertamente un dissenso dalla linea autolesionista del leader. A carte scoperte, stavolta.