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lunedì 14 ottobre 2013

E A OTTOBRE VANNO IN SCENA PROVE DI APOCALISSE ECONOMICA AMERICANA . AMMUINA IN SALSA USA ?


America in shutdown da 10 giorni. Il mondo non è finito, essendo stata spostata la data al 17 ottobre, quando, se i repubblicani non cederanno, o non si trova un qualche compromesso, il Tesoro USA non potrà più ricorrere al debito per pagare i suoi conti. Default quindi ? Gli USA come l'Argentina di qualche lustro fa ?
Alessandro Fugnoli non ci crede. 
E spiega qui il perché
Buona Lettura

APOCALISSE INESISTENTE 



Le parole costano poco e in effetti, non essendoci precedenti di default americano negli ultimi 150 anni, ci sarebbe nel caso parecchia confusione. Alla lunga, inoltre, la guerra dei nervi in corso a Washington e la chiusura di qualche centro di spesa governativo non mancherebbero di penalizzare la crescita.
Attenzione alle date, però. I mercati sono fissati sul 17 ottobre come giorno in cui il Tesoro americano finirà i soldi. In realtà la data vera è tra il 24 e fine mese. Non è poi corretto dire che finiranno tutti i soldi, è vero invece che il Tesoro dovrà limitarsi a spendere quello che continuerà a incassare dalle tasse, che non è certo poco.
Da qui a dire che il Tesoro sospenderà il rimborso dei suoi titoli e degli (esigui) interessi ce ne corre. I paesi emergenti, quando erano poveri e si trovavano in temporanee crisi di liquidità, facevano acrobazie incredibili tra le poste di bilancio pur di onorare i loro debiti. L’Argentina della Kirchner, uno dei paesi peggio gestiti, compie ancora oggi periodiche incursioni a scopo di rapina nel suo ente di previdenza sociale quando deve pagare le cedole dei suoi bond in dollari. Il Venezuela, dal canto suo, saccheggia il suo ente petrolifero.
Insomma è una questione di volontà politica. Chi vuole pagare paga. L’amministrazione Obama, tuttavia, non ha fretta di risolvere la crisi immediatamente e ha anzi interesse a drammatizzarla al massimo per spaccare i repubblicani e dividerli una volta per tutte in due partiti, uno centrista e uno radicale. Obama sa anche che non potrà tirare troppo la corda e continuare al tempo stesso a presentarsi come adulto responsabile. Quando un adulto responsabile e un adolescente dalla testa calda smettono di parlarsi, gli spettatori (in questo caso gli elettori) inizialmente danno torto al giovane dai modi sgarbati, ma dopo qualche tempo iniziano a spostare la colpa sull’adulto che rifiuta il dialogo.
In pratica, quindi, se il nostro calcolo è corretto Obama cercherà di alimentare l’attesa del default ma cercherà alla fine di evitarlo, come del resto anche i repubblicani.
Tutto a posto, allora? Si tratta solo di pazientare qualche giorno per poi godere del meritato rialzo di fine anno? Probabilmente sì, ma non bisogna  trascurare, oltre a quella dell’esplosione atomica e a quella dell’accordo, una terza strada più insidiosa. Parliamo dell’ipotesi di soluzioni tampone, di innalzamenti del tetto all’indebitamento tali da riproporre il problema tra poche settimane. Non diamo molto peso a questa terza ipotesi, ma ne parliamo perché è assente dagli scenari dei mercati.
Le prossime due settimane saranno nervose, ma non necessariamente molto volatili. Vivremo di aperture parziali, rotture, riprese di dialogo e tentativi di mediazione. I mercati esiteranno a buttarsi troppo da una parte o dall’altra perché in qualsiasi momento potrà verificarsi un colpo di scena.
La pressione dei mercati sui politici, fino a questo momento, è stata inferiore a quello che ci si sarebbe potuto attendere. L’indice SP 500, del resto, è ancora in rialzo del 17 per cento rispetto all’inizio dell’anno ed è difficile piangere miseria in questa situazione. David Bianco di Deutsche Bank sostiene che il mercato si fermerà alla peggio a 1630, sorretto dai fondamentali. Ci sembra un’ipotesi ragionevole.

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