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sabato 23 novembre 2013

HOLLANDE, OBAMA, LETTA. UOMINI SOMMERSI DALLA SPESA PUBBLICA. UN GRANDE (E INASCOLTATO) OSTELLINO


Nei giorni delle agitazioni dei conducenti pubblici geneovesi, che invadono il municipio per "avvertire" il sindaco Doria ( uno della loro parte , in teoria ) di non azzardarsi a privatizzare i trasporti, è amaro leggere le sagge e vere parole di autori liberali come Belardelli, Ostellino, Giacalone...
Molti, troppi di noi non accettano - le ragioni sono varie, storiche, sociali, politiche - che non ci sia uno Stato e/o un Pubblico che li protegga. Lo pretendono, come i bambini le cure dei genitori.
E questo non si limita ai DEBOLI, agli ULTIMI della Terra, come quelli di sinistra dicono per spiegare la loro adesione a quella parte. No, riguarda gente che ha il terrore di vivere nell'insicurezza ( che purtroppo è condizione umana, per quanto noi ci sforziamo di programmare, prevedere e prevenire) e quindi VUOLE che qualcuno CI PENSI (anche al posto loro). Coloro che fanno impresa, o lavorano in proprio, faticano a comprendere, visto che loro nell'incertezza economica, la precarietà, sono abituati a conviverci. Quando un negoziante, o un artigiano - parlo volutamente dei piccoli ma il discorso è generale - alzano la saracinesca della loro bottega NON lo sanno se entreranno nuovi clienti. Lo sperano, ma si adoperano anche per farlo accadere. E sanno che se non arriveranno, nessuno pagherà l'affitto del negozio per loro, così come le altre spese (mutuo, o canone di casa, la famiglia, i figli...). E se le cose dovessero andare male, dovessero chiudere, non c'è mica la cassa integrazione ( nemmeno pe ri loro aiutanti, va detto). Per questo motivo cercano - in genere, e se si riesce - a risparmiare nei momenti buoni, e allo stesso tempo cercano di tenere buona la qualità del proprio lavoro così che i clienti continuino ad entrare. 
Certezze, nessuna. Ma è la loro vita, sia che se la siano scelta che no (perché non hanno avuto raccomandazioni per entrare in qualche ufficio protetto...). 
I dipendenti pubblici no. Loro non accettano incertezze. L'azienda dei trasporti a Genova (ma a Roma, Napoli, e credo anche a Milano, mica è diverso ! ) è in perdita perenne ? Non importa, loro sono gli ultimi samurai del salario variabile indipendente dall'economia aziendale. Quelli che hanno perso il referendum sulla scala mobile (sconfitta di Berlinguer e vittoria di Craxi, che c'è voluto il segretario PSI per riuscirci, abbattendo così anche l'inflazione a doppia cifra) e sognano la rivincita. 
E sono appoggiati dalla popolazione che teme che in mano ai privati le municipalizzate aumentino le tariffe e quindi a loro toccherà pagare una corsa 3 euro (quanto dovrebbe costare) anziché la metà.
Fate caso, sono le stesse persone che quando tornano da Londra e Parigi magnificano le loro metro e inevitabilmente chiosano :  "altre che le nostre". I più onesti magari aggiungono pure "però quanto sono care !!".
Ecco, se la prima cosa e la seconda non le separaste, avreste magari la spiegazione logica perché da loro funzionano.
Vi lascio al bravo e inascoltato Ostellino
Buona Lettura

"Lo Stato burocratico è fallito da tempo" 


In Francia, la popolarità di Hollande è ai minimi storici del semipresidenzialismo transalpino. Negli Usa, la presidenza federale Obama non sta meglio. In Italia, fingono, persino la Bocconi, di non conoscere il professor Monti, ricomparso come se nulla fosse, dopo la notizia che l’Inps — dal suo governo sovraccaricata dei debiti dell’Istituto di previdenza dei dipendenti pubblici — rischia di fallire. Presidente Letta, la smetta di cercare «coperture finanziarie» (fiscali) ai provvedimenti del governo; dica, piuttosto, al Parlamento che, se non si riducono le dimensioni dello Stato, lei non ce la fa a governare e molla tutto.
Hollande, Obama, Letta sono, oggi, uomini che, al governo, si barcamenano sommersi dalla spesa pubblica. Monti, quando lo è stato, si era ripromesso di «salvare l’Italia» (da una supposta, e ben sbandierata, bancarotta); ha massacrato di tasse gli italiani in carne ed ossa e lasciato che il debito, che avrebbe dovuto ridurre, salisse (e, oggi, con il suo successore, è al 134% del Pil).
Lo Stato e la collettività sono astrazioni ideologiche che non pensano e non agiscono in proprio; sono gli individui, che pensano e operano razionalmente, e in concreto, a produrre ricchezza e crescita. Il profitto non è «lo sterco del diavolo» — come predica (male) il Papa gesuita, «pauperista», demagogo e vanesio alla perenne ricerca di visibilità mediatica — ma è la benzina che fa girare il motore della crescita e del benessere generale.
Da noi, c’è crisi, dopo aver creato un’azienda, si chiede se valga ancora la pena di lavorare per pagare tasse troppo esose. Presidente Letta, il governo e l’intera classe politica di un Paese dove c’è chi smetterebbe di lavorare, per sopravvivere, dovrebbero vergognarsi. Lo Stato contemporaneo, ipertrofico, burocratico è fallito. E voi ne siete solo i curatori fallimentari sulla pelle dei cittadini ridotti a sudditi.
Nel nome del bene comune, un’astrazione ideologica, la nostra cultura politica egemone, collettivista, statalista, dirigista, continua a ignorare che lo Stato, la collettività non pensano e non operano in proprio.
Ha, perciò, ancora un qualche senso che la nostra classe politica cerchi il consenso di gente, organizzata corporativamente e che o vive di spesa pubblica, alle spalle di quelli che pagano le tasse, o non crede più nello Stato, e nella democrazia, ed è persino disposta a rinunciare alle proprie libertà, delegandole a un qualche «uomo della provvidenza», il Leviatano immaginato da Thomas Hobbes come rimedio alle lacerazioni delle guerre di religione che si combattevano in Inghilterra nel Seicento? Forse la nostra classe dirigente dovrebbe ricordare l’invocazione di Oliver Cromwell contro il parlamento del suo tempo: «In nome di Dio, andatevene!».

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