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venerdì 1 novembre 2013

LA DISUMANA IMPECCABILITA' RICHIESTA ALLA CANCELLIERI


Ho appena finito di leggere sia l'editoriale di Michela Brambilla su La Stampa che l'articolo di Fabrizio Massaro sul Corsera che riporta stralci delle intercettazioni ( finite, come sempre, sui giornali) del Ministro Cancellieri.
Interessante il primo, dove la Brambilla spiega che, specie di questi tempi, i ministri, chi ha cariche pubbliche, un ruolo politico, deve essere come e più della moglie di Cesare : al di sopra di ogni sospetto. Ricorda i tanti meriti ed apprezzamenti che la Cancellieri ha accumulato nella sua carriera di VERA servitrice dello Stato (LEI sì...) : prima  come Prefetto e poi come commissario di Bologna  e a  Parma, quindi Ministro della Repubblica, con Monti ( agli Interni, brava anche lì) e ora con Letta (alla Giustizia) in quota "tecnici".  Fatto ciò, la Brambilla chiosa affermando che questa della Ligresti è una brutta scivolata del Ministro , che, in nome del ruolo e della funzione avrebbe dovuto rispondere all'amica piangente, che gli chiedeva di fare qualcosa per la Ligresti in pessime condizioni di salute e trattenuta in carcere, di non poter fare nulla. Semmai per gli altri, ma NON per un'amica.
Meno male che conclude l'articolo ammettendo che la sua è una richiesta di "quasi (perché quasi ? togliamolo) disumana impeccabilità".
Sono consapevole di scrivere cose che saranno contestate dai più, però  francamente non conosco NESSUNO, tra le persone che frequento anche solo di vista (per allargare il cerchio), che al posto delle due donne - la richiedente e la ministra - non si sarebbe comportato come loro. NESSUNO.
La Brambilla lo immagina e infatti batte sul ruolo della Cancellieri, mentre noi cittadini comuni non siamo chiamati a responsabilità del genere e quindi non ci viene richiesto un simile integerrimo (disumano lo ha definito lei stessa)  comportamento. 
Ora, a parte la considerazione di passaggio che se procure e Gip (in questo caso il secondo, perché i PM avevano espresso parere FAVOREVOLE alla detenzione domiciare della Ligresti ! ) fossero LORO più UMANI ( e anche più ligi alle legge, che decreta l'eccezionalità del carcere cautelare ) non ci sarebbe bisogno di ricorrere al potente di turno per ottenere un provvedimento GIUSTO, io ricordo sempre che prima di indignarsi, come vedo in tanti fare in rete, bisognerebbe sempre ricordarsi che a noi servono uomini di governo capaci, e la Cancellieri fino a ieri ha dimostrato di esserlo, e non perfetti (che già stiamo freschi così, figuriamoci). 
Qualcuno ricorderà il bel film di Luigi Magni (il bravo regista appassionato di risorgimento morto recentemente) IN Nome del Papa Re, e la scena dove la donna del popolo rifiuta la comunione da Manfredi, principe della Chiesa e giudice,  dicendogli "il figlio vostro lo avete salvato, il mio no".
Ecco, noi italiani, TUTTI, se possiamo, chiediamo sempre che i figli nostri vengano salvati ( e ci rode assai quando non abbiamo questa possibilità, invidiando che ce l'ha).
Insomma, io, al posto della Cancellieri, avrei fatto come lei. Anzi, lei è stata , a quanto dice, comunque nelle regole, io chissà...
Il problema, a mio parere, sta che non dovrebbero esistere carceri disumane e giudici dalle manette facili, non che ce la prendiamo con quelli che, potendo, cercano di sottrarsi (o sottrarre i propri cari) all'inferno comune.
Non si chiama senso di giustizia, ma invidia. 
Ecco comunque l'articolo con le intercettazioni, preso dal Corriere on line




Cancellieri, le telefonate del ministro coi Ligresti
«Non è giusto, contate pure su di me»

Le assicurazioni del Guardasigilli alla compagna di Salvatore
Amicizia di lunga data e un figlio top-manager di Fonsai

Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri 
 
MILANO - La prima telefonata è un «messaggio di solidarietà», come lo definiscono gli investigatori della Guardia di finanza di Torino, lo stesso giorno degli arresti dell’intera famiglia Ligresti, il 17 luglio scorso: è il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, che alle 16.42, dal suo ufficio di Roma risponde a una telefonata di Gabriella Fragni, la compagna di Salvatore Ligresti. «Sono mesi che ti voglio telefonare per dirti che ti voglio bene, la mia vita mi scorre in maniera indegna. Ma oggi dico “devo trovare il...» perché te lo devo dire, ti voglio bene, guarda, ti trovo vicino e tu non puoi immaginare da quanto tempo», dice il ministro. Dall’altra parte del telefono Fragni piange: «È stata la fine del mondo». «La fine del mondo, sì», risponde il ministro. «Io non è che ammetto che non ha fatto errori», riconosce Fragni parlando di Salvatore Ligresti, 81 anni, presidente onorario della compagnia assicurativa Fondiaria-Sai e sotto inchiesta, insieme con i figli e alcuni ex manager, per falso in bilancio aggravato per un presunto buco da 538 milioni nelle riserve sinistri di Fonsai nel 2010. «Noooo, però... c’è modo e modo», chiosa il ministro.
«Comunque guarda», interviene il ministro, «qualsiasi cosa io possa fare conta su di me, non lo so cosa possa fare però guarda son veramente dispiaciuta», per poi aggiungere che non appena fosse passata da Milano sarebbe andata «subito a trovar(la)» e «se tu vieni a Roma, proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti. Guarda non è giusto, non è giusto».
La famiglia dell’ingegnere e il ministro tornano in contatto un mese dopo, il 17 agosto. Tra i Ligresti arrestati - Salvatore, ai domiciliari per ragioni di età, Jonella in carcere a Torino, Giulia a Vercelli mentre Paolo è sfuggito agli arresti perché in Svizzera e cittadino elvetico - è proprio la minore, Giulia, a patire di più la detenzione. Il 17 agosto, dopo il rigetto della istanza di scarcerazione per motivi di salute (anoressia e rifiuto del cibo), Fragni decide di intervenire presso la Cancellieri e per farlo si rivolge al fratello di Salvatore Ligresti, Antonino: «Senti Nino, oggi è uscito sul Corriere un articolo interessante, molto (sulle condizioni di salute di Giulia, ndr ), vorrei che tu raggiungessi, perché non ci sono riuscita, quella nostra amica». Il 19 agosto Nino la informa: «Ho stabilito il contatto e aspetto risposta». Dai tabulati di Ligresti risulta una chiamata quello stesso giorno, lunga 6 minuti, con un telefono in uso al ministro.
Appena tre giorni dopo, al procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, precipitatosi al ministero a Roma per sentirla come testimone, Cancellieri conferma telefonata e interessamento: «Ho sensibilizzato i due vice-capi dipartimento del Dap (l’amministrazione penitenziaria, ndr ) Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati. Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione. Cascini era al corrente della situazione perché lo aveva già letto sui giornali e si era già posto il problema. Dopo di allora non li ho più sentiti e non so se siano intervenuti, e eventualmente, in che termini».
Il legame tra i Ligresti e la Guardasigilli è di antica data: «Ho un rapporto di amicizia con Annamaria Cancellieri che dura da oltre quarant’anni», spiega Fragni al pm Marco Gianoglio il 20 agosto, «lei abitava nella stessa casa di Tonino Ligresti e col tempo si è instaurata un’amicizia a livello di famiglie e anche mio personale». Eppure negli ultimi tempi il rapporto si era in qualche modo «diradato a causa degli impegni istituzionali» del ministro. È difficile anche per i magistrati ricostruire i contorni di questo rapporto, anche sulla base di alcune mezze frasi intercettate: «Ieri ho avuto una telefonata che poi ti dirò», dice Fragni il 18 luglio 2013 alla figlia, «gli ho detto: ma non ti vergogni di farti vedere adesso? Ma che tu sei lì perché ti ci ha messo questa persona... Ecco. Capito? Ah, son dispiaciuta... No, non si è dispiaciuti! Sono stati capaci di mangiare tutti...». Il riferimento era forse al ministro?, è la domanda del pm. «Era una espressione generica, non so a chi potesse essere riferita», risponde Fragni.
Un’incrinatura emerge anche dalla telefonata di luglio tra le due donne: «Son veramente dispiaciuta», dice il ministro, «ma sono mesi che ti voglio... poi ci sono state le vicende di Piergiorgio quindi... guarda....».

Piergiorgio Peluso è il figlio del ministro, nominato nel 2011 dai Ligresti direttore generale di Fonsai nell’ambito di un cambio di management richiesto dalle banche creditrici. «Eh sai, anch’io non ho mai chiamato», replica Fragni, «perché mi veniva sempre in mente quel discorso che avevi fatto in cascina quando mi dicevi “io non sono contenta, non vorrei che ci andasse di mezzo la nostra amicizia” purtroppo sembrava quasi un...». «Guarda, maledetto quel momento, guarda»....
Con l’arrivo di Peluso iniziarono ad emergere i problemi di carenza di riserve in Fonsai e la necessità di un partner, poi individuato in Unipol. «A Peluso han dato una buonuscita di 5 milioni, è stato un anno, ti rendi conto?, e ha distrutto tutto», si sfoga Giulia il 19 ottobre 2012 al telefono con un’amica («Cri»), «invece di chiedergli i danni! Mi han detto che in consiglio nessuno ha fiatato, sì, sì, approvato all’unanimità, che se fosse stato il nome di qualcun altro... mio papà che ha 80 anni gli contestano quella cifra, perché a questo qui che ha 45 anni, è un idiota, perché veramente è venuto a distruggere una compagnia, perché l’ha fatta su mandato proprio la distruzione, 5 milioni, è andato in Telecom». Il contratto - «che in effetti gli abbiamo fatto noi, con la pistola puntata di Unicredit» - prevedeva che in caso di cambio del controllo Peluso potesse riscuotere l’intera retribuzione, «però io pensavo che non è che uno prende, sta un anno poi va via e chiede che gli vengano consegnati tutti i tre anni di paracadute».

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