La notizia, riportata sulla Gazzetta del Mezzogiorno, l'ha segnalato il Maestro e amico Domenico Battista con questa presentazione :
Sanità, nei verbali
del Csm i veleni
della Procura di Bari
Dai verbali del Csm (depositati a Lecce, nel
procedimento a carico dell’ex procuratore Antonio Laudati, per
iniziativa dell’ex pm Giuseppe Scelsi) emerge un quadro di gravi
conflittualità interne, di micidiali scambi di amicizie, di rapporti
personali che si sfasciano. Ma anche intercettazioni incrociate tra
indagati e indagatori. E di intercettazioni ascoltate in spiaggia, come
fossero l’ultimo successo musicale.
Leggiamo, con una avvertenza doverosa. A seguito del
deposito di questi verbali (ed all’apertura della pratica di
trasferimento) la Digeronimo ha denunciato per calunnia gli ex colleghi:
se ne occuperà la procura di Perugia, competente per i magistrati in
servizio a Roma come appunto la Digeronimo.
RAPPORTI TESI
Una delle prime scelte fatte da Laudati fu quella di co-assegnare i fascicoli sulla sanità, creando due distinti pool. Dice Renato Nitti, per un periodo coordinatore dei pool sanità, di aver trovato difficoltà a reperire colleghi disponibili a lavorare in squadra con la Digeronimo: «Ricordo in particolar modo un episodio in cui io e la collega Pontassuglia ci recammo dalla collega Rautiis e glielo chiedemmo, testuali parole "No, io non ci lavoro perché con lei si finisce nel penale, finiamo poi a un contrasto serio"». Ma perché? «La percezione - prosegue il pm - era che la collega di fronte al dissenso e all'obiezione è portata ad attuare un retropensiero, a pensare che il dissenso sia per ragioni diverse». Un altro aspetto lo racconterà poi un’altra pm, Teresa Iodice: «Ricordo che qualcuno usava l'espressione che era un po' avara di informazioni, in qualche modo aveva difficoltà a coordinarsi».
Una delle prime scelte fatte da Laudati fu quella di co-assegnare i fascicoli sulla sanità, creando due distinti pool. Dice Renato Nitti, per un periodo coordinatore dei pool sanità, di aver trovato difficoltà a reperire colleghi disponibili a lavorare in squadra con la Digeronimo: «Ricordo in particolar modo un episodio in cui io e la collega Pontassuglia ci recammo dalla collega Rautiis e glielo chiedemmo, testuali parole "No, io non ci lavoro perché con lei si finisce nel penale, finiamo poi a un contrasto serio"». Ma perché? «La percezione - prosegue il pm - era che la collega di fronte al dissenso e all'obiezione è portata ad attuare un retropensiero, a pensare che il dissenso sia per ragioni diverse». Un altro aspetto lo racconterà poi un’altra pm, Teresa Iodice: «Ricordo che qualcuno usava l'espressione che era un po' avara di informazioni, in qualche modo aveva difficoltà a coordinarsi».
INCROCI AL TELEFONO
L’11 gennaio 2010, giorno in cui Lea Cosentino (ex
direttore generale della Asl di Bari) finisce ai domiciliari, in procura
c’è una scena da film. La racconta Eugenia Pontassuglia, uno dei tre pm
che seguiva l’inchiesta. «Proprio quella mattina viene registrata
questa conversazione nel corso della quale la dottoressa D'Aprile
telefona alla dottoressa Digeronimo rappresentando quello che era
successo. Si parlava di Lea che era stata arrestata, ovviamente del
grande stupore e del dolore soprattutto suscitato da questa cosa, la
dottoressa Digeronimo a quel punto ha invitato la D'Aprile a
raggiungerla negli uffici della procura, spiegandole che si sarebbe
dovuta recare al quarto piano da lei senza però dare indicazioni ai
carabinieri e quindi non dicendo che l'appuntamento era con lei. Questa
telefonata viene registrata nell'ambito della mia indagine». L’indagine
era in mano al colonnello della Finanza, Salvatore Paglino, a sua volta
sotto inchiesta per la fuga di notizie sui verbali di Gianpi Tarantini.
«Il colonnello Paglino era intercettato - racconta la Pontassuglia - e
la polizia che intercettava Paglino nell'ambito di un procedimento che
gestivano i colleghi lodice e Dentamaro, ascolta Paglino mentre
colloquiando con un suo sottufficiale dice "Ha telefonato Desiree",
insomma fa riferimento a questo appuntamento che la Digeronimo avrebbe
dato alla D'Aprile. I colleghi fanno una relazione e la trasmettono al
procuratore, allo stesso procuratore noi - non mi ricordo se io da sola o
col dottore Scelsi o Angelillis - poi rappresentiamo quello che era
emerso nella nostra indagine».
«NON CI CREDEVA»
Il procedimento contro Nichi Vendola era stato condotto
dalla Digeronimo con Francesco Bretone. Ma quest’ultimo, secondo la
collega Teresa Iodice, oltre a chiederle conto delle frequentazioni tra
la giudice De Felice e il governatore, aveva manifestato dei dubbi
sull’inchiesta. «Quando abbiamo parlato sotto il profilo giuridico non
solo io e lui ma anche alla presenza di altri colleghi - mi pare che
c'era il collega Dentamaro e un altro collega - sul fatto che avevamo
dei dubbi giuridicamente sulla sussistenza della fattispecie che avevano
ipotizzato (abuso d’ufficio, ndr), e poi c'era un teste che aveva
ritrattato (la stessa Cosentino, ndr), ci pareva un processo che nella
tesi accusatoria fosse un po' debole. Lui stesso disse che non era
sorpreso della assoluzione, che effettivamente la tesi accusatoria aveva
dei punti deboli, che però avevano ritenuto di richiedere un vaglio del
giudice e che non era neanche sicuro di impugnare perché avrebbe voluto
verificare, leggere la sentenza, perciò mi ha stupito questo atto. Io
il collega l'ho visto molto tranquillo sia rispetto alla sentenza sia
rispetto alle frequentazioni di cui mi chiedeva conto».
IN SPIAGGIA
Francesca Pirrelli è la pm che ha presentato Patrizia
Vendola sia alla De Felice e alla Digeronimo. È lei (oggi distaccata a
Roma a occuparsi del concorso per magistrati) che racconta al Csm tutte
le sfumature nei rapporti personali tra i vari protagonisti della
storia. Patrizia Vendola, ad esempio, non è mai andata oltre una
semplice conoscenza con la giudice che ha assolto suo fratello. «Con la
De Felice non si sviluppano rapporti stretti, io credo che non si siano
scambiate nemmeno il numero di telefono».
La Pirrelli racconta poi un episodio che sarebbe
avvenuto una mattina d’estate del 2008. Fu quella circostanza, a suo
dire, che provocò un raffreddamento dei rapporti con l’amica. «In
spiaggia la dottoressa Digeronimo è stesa con un registratore e delle
cuffie, e io credo che stia sentendo musica. Mi dice "Avvicinati,
avvicinati", mi avvicino, mi passa le cuffie, "Indovina chi è?". Era la
voce di Vendola che parla con qualcun altro e dico "Desirè, ma che cosa
stai sentendo?", "No, io lavoro sempre, sto sentendo le intercettazioni
del processo sanità". Io mi ricordo perché eravamo in piena spiaggia,
"Vedi, sono tutti così, sta facendo una raccomandazione, sono tutti una
cupola, lui. Tedesco, i direttori delle Asl, ma li stiamo fregando, ce
la faremo"». La Pirrelli dice di esserne rimasta colpita. «Dissi
"Desirèe per favore lascia perdere, prenditi le cuffie. Ti prego,
ascolta il consiglio che ti ho dato già un'altra volta, tu non ti sei
mai occupata di pubblica amministrazione, (...) prima di capire se c'è
un reato devi acquisire documenti». Quella per le intercettazioni di
Vendola, secondo la Pirrelli, era una vera e propria ossessione della
collega: «Devo dire che in volte successive l'ho sempre trovata a
sentire intercettazioni e lei mi diceva ridendo "Continua, continua, non
sai che cosa c'è qui dentro, vieni a sentire". E io mi sono sempre
rifiutata».
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