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giovedì 6 marzo 2014

RENZI, DUE COSE DA DIRE AD HERR REHN


Cosa avrà pensato Mario Monti quando l'ineffabile commissario europeo, Olli Rehn, ha detto che dietro la lavagna, per non aver fatto i compiti, ci dobbiamo finire noi italiani, insieme a Croati e Sloveni ? Magari che ci sta bene che se lo avessimo lasciato a Palazzo Chigi....Capacissimo di dirlo, ma che sia una menzogna colossale lo dimostra il fallimento del suo governo che alla fine registra come unica riforma strutturale adeguata, quella previdenziale (che tra l'altro , lo voglio ricordare sempre, fu solo l'accelerazione di quella già messa in cantiere, dai governi precedenti, ma che doveva raggiungere le dure soglie attuali più gradualmente). Inoltre, nel farla, ha combinato pure qualche grosso casino, come quello degli esodati. Per il resto, la riforma del lavoro della Fornero, si parla di cancellarla radicalmente, che è stato solo un pasticcio. Altre ? Certo ha inseguito la spesa con le tasse in modo da riportare l'Italia in avanzo primario (dove peraltro più spesso sta, nonostante tutto) e a ridurre il deficit a quel 3% cui altri paesi pare non debbano impiccarsi. Non mi sembra una grande medaglia, che il debito pubblico è salito lo stesso, anche a causa della recessione favorita da una politica di sole tasse (che austerità è anche tagliare le spese, ma quello non si fa mai, che poi gli elettori non ti votano). Non solo. Monti dovrà anche ammettere che lui ci ha provato a restare a Palazzo Chigi, o comunque a conservare un ruolo importante a livello di governo del paese. Semplicemente, qualche volta anche in Italia si vota, e Monti è stato votato poco (se si votasse adesso, zero). 
Ciò posto, e quindi che di riforme vere sono due anni e mezzo che se ne parla e non se ne fanno, la verità in Europa non è solo quella detta dal sig. Rehn.
E siccome Renzi pare aver avuto un sussulto di apprezzabile orgoglio ma non sono sicuro che sappia in concreto cosa ribattere al teutonico, gli suggerisco la lettura dell'articolo che segue, del bravo Giacalone.

Bocciatura da bocciare

La Commissione europea gioca sporco. Che il debito pubblico italiano vada ridotto non è poco, ma è sicuro. Che le riforme vadano fatte, anche. Che qui se ne parla e non si quaglia, purtroppo è vero. Ma gli squilibri non sono solo nostri. I dati a nostro favore sono molti, ma omessi e nascosti. Elencare quali cose deve fare il governo italiano, ove non voglia incorrere in sanzioni e restrizioni che peggiorerebbero la nostra condizione, non è da leale collaborazione, ma da commissariamento. Mentre il surplus commerciale della Germania non è un’infrazione da buffetto sulla guancia, amorevolmente dato dai commissari, bensì una delle cause che genera squilibri gravi. La dimostrazione che c’è chi guadagna, dall’inerzia europea.
Surreali le parole del commissario Olli Rehn, pronunciate illustrando il rapporto della Commissione: “L’Italia dovrà mantenere il surplus primario per molti anni”. Peccato che non abbia avuto modo di citare i dati della stessa Commissione, dai quali risulta una solare verità: l’Italia è in avanzo primario da 21 anni (nel 2009 andammo in disavanzo per appena lo 0,8%). Nessuno è stato capace di fare altrettanto. Solo nel 2013 il nostro avanzo primario ha raggiunto i 36 miliardi, mentre la Francia, in tutta la sua storia, ha toccato il massimo avanzo primario nel 2001, per un ammontare di 21 miliardi. Non solo, ma posto che arrivammo alla crisi dei debiti sovrani con un debito pubblico troppo alto (colpa nostra), dal 2008 a oggi il nostro è cresciuto assai meno di quelli altrui, solo poco più di quello svedese, meno del tedesco, la metà del francese. Eravamo patologici, ricoverati nel reparto malattie infettive, in isolamento, ora siamo in corsia, con gli altri. Però la Commissione ci mette fra i soli tre con “squilibri eccessivi”: noi, la Slovenia e la Croazia. Spiacente, ma questa non è una constatazione contabile, bensì un’offesa politica e istituzionale. L’Italia non è solo uno dei paesi fondatori, la seconda potenza industriale e la terza economica, è anche il Paese che ha sganciato più di 50 miliardi, in quattro anni, per aiutare gli europei in crisi. Anche quelli vanno messi nel conto.
Perdiamo competitività, dice la Commissione. Ce ne lamentiamo con noi stessi da anni, invocando le riforme che anche la Commissione chiede. E’ colpevole non averle ancora fatte. Sottoscrivo. Ma il resto no: in questi anni siamo cresciuti nelle esportazioni in area extra Ue, e lo abbiamo fatto grazie a imprese, lavoratori e innovazioni capaci di navigare la globalizzazione e la competitività. Non crescono le esportazioni interne all’Ue, ma questo anche perché la Germania tiene chiuso il proprio mercato interno. E qui è necessario chiarire: un Paese può ben scegliere di esportare, arricchirsi e non far crescere la propria domanda interna, rientra nella sua autonomia politica e sovranità economica; ma non può farlo se ha in tasca la stessa moneta degli altri, se in questo modo importa risparmio altrui, tiene alto il cambio facendo scendere la competitività degli altri e paga tassi d’interesse minori per finanziare i propri debiti, grazie ai difetti strutturali dell’euro. Questo non è uno squilibrio è il massimo di ostilità e aggressività economica possibile. Un secolo addietro si sarebbe chiamata in modo più crudo: guerra.
Ne volete un bilancio provvisorio? Dal 2008 al 2012 gli investimenti nel debito pubblico, provenienti dall’estero, sono cresciuti di (soli) 24 miliardi per l’Italia (il 35% del debito lo abbiamo dentro i confini nazionali), di 297 per la Francia e di 345 per la Germania. Non c’è nulla d’innocente, negli attacchi che abbiamo subito. Le odierne parole della Commissione sono in quel filone.
La nostra colpa, qui continuamente denunciata, consiste nel procedere senza cambiare. Mica solo il mercato del lavoro, perché si deve aggredire la malagiustizia tanto quanto il satanismo fiscale. Chiedere deroghe senza riformare è da scemi. Ma pensare di riformare nel mentre si pagano più di 80 miliardi di interessi e ci si appresta a dovere tagliare ogni anno di un ventesimo il debito pubblico è da pazzi. Tedeschi e francesi sforarono ripetutamente quei parametri, senza che nessuno dicesse nulla, ora la Commissione annuncia che a noi potrebbe dire cosa, come e quando fare. In pratica commissariandoci. Non è accettabile. E non è da europeisti, perché in quel modo salta l’euro.
Alla nascita del governo Renzi scrivemmo che a parte i giovani e le donne, le chiacchiere e i calembour, la sostanza era una sola: avere la forza di trattare con la Commissione, facendo valere i nostri (notevoli) punti di forza e mettendo in moto il processo riformatore. Avevo supposto che, in quel senso, si potesse disporre di un certo appoggio americano, posto che la politica à la tedesca nuoce anche a loro. Qui, ancora, non s’è fatto nulla. Si va in giro per scuole, lasciando che i bimbi leggano discorsetti, in uno stile un po’ troppo alla Ceausescu. La prima mossa l’ha fatta la Commissione. Ed è oltraggiosa. Non si tratta di offendersi, ma di reagire. O sparire, perché inutili.

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