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martedì 30 settembre 2014

DA SETTE GIORNI SONO A DIETA....



Da sette giorni sono a dieta...E giustamente voi penserete " E sti c...??".
Però non è solo l' insofferenza che questo regime tristo mi provoca che mi fa straparlare. 
In realtà questo incipit ha un nesso con la lettera che Lorenzo Bini Smaghi scrive oggi al Corriere della Sera in contestazione all'editoriale di Galli della Loggia di domenica, nel quale il professore suggeriva a Renzi di alzare la voce con la Germania ( qui trovate l'articolo :  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/09/galli-della-loggia-se-la-prende-con-la.html ).
Non voglio essere cerchiobottista, "terzista", cioè uno di quelli che esitano a schierarsi da una parte. Semplicemente, in questa materia la penso come Giacalone che scrive, da tempo immemore, che l'Italia ha i suoi problemi, seri, e le sue colpe, gravi, però l'Europa così come sta venendo su non va bene. E questo non lo continua a sostenere nei suoi libri solo Tremonti, che magari si potrebbe pensare che vuol mantenere il punto di quando era il ministro dell'Economia dei tempi di Berlusconi, ma anche Zingales ( "Europa o no" ) e ancora oggi sul Financial Times Crespo, un'analista finanziario, ripropone l'idea dell'emissione di eurobond da parte della BCE ( è un po' che non se ne parla più...). 
Allo stesso tempo però sono in tanti, oltre a Bini Smaghi (che si potrebbe leggere con prevenzione : il solito banchiere cinico e baro...) a osservare come gli altri PIGS (Portogallo, Irlanda e Spagna, Grecia è discorso a parte), seguendo le ricette drastiche della Troika (anche la Spagna, pur senza commissariamento, ha aderito a qualcuna di queste), stanno meglio di noi
E qui mi è venuto in mente la mia dieta. 
Sono un paio d'anni che mi propongo di dimagrire. Come tanti, raggiunti i 50 anni, ho visto il mio peso aumentare. Poi, causa rottura del menisco e prevalenza della pigrizia, ho smesso di fare sport. Immaginate...
Due anni fa decisi di darmi una regolata ma senza fare diete drastiche, cercando di stare più attento, diminuendo in effetti le cose da mangiare, toccando le quantità ma non la qualità del cibo...
Il fai da te ha portato, come unico risultato, che ho rallentato l'acquisizione di peso, forse non sono peggiorato (o almeno non troppo) ma NON sono dimagrito.
E quindi mi sono arreso, e sono andato da un nutrizionista. 
La musica è cambiata assai...
Non so come andrà a finire, personalmente.
Però questa cosa mi ha fatto pensare alla nostra Italia, e a quando leggo che i sacrifici fatti questi anni sono serviti a tamponare la crisi finanziaria, a farci stare, stretti, nei parametri del deficit,  non certo a invertire il declino intrapreso.
Ci vogliono, ahinoi, cure più drastiche.



Perché battere i pugni ? 
l’Italia segua Berlino sulla via delle riforme



Caro direttore, nel suo editoriale sul Corriere di ieri lunedì 29 settembre («Alla Germania va detto questo»), Ernesto Galli della Loggia sostiene che l’Italia dovrebbe smettere di chiedere concessioni all’Europa, e piuttosto rimettere in discussione l’intera costruzione comunitaria, anche «con qualche credibile minaccia di ritorsione».
Il motivo è che questa Europa è oramai preda dell’egemonia tedesca e che all’Italia, e agli altri Paesi, non rimane che chinare la testa. L’autore non specifica quali ritorsioni l’Italia potrebbe minacciare in modo credibile, dimenticandosi peraltro la fine che ha fatto chi ha provato a seguire questa via qualche anno fa. Inoltre, a meno di credere che l’Italia possa da sola cambiare l’equilibrio dei poteri in Europa, dovrebbe creare alleanze con altri.
Ciò che non capisce chi guarda alle questioni europee solo attraverso il filtro italiano è che nessun altro Paese è disposto a seguire l’Italia sulla via dello scontro. Il motivo è che la costruzione europea, e gli importanti passi avanti che si devono ancora compiere, richiedono fiducia reciproca e non minacce.
Inoltre, c’è la diffusa consapevolezza in Europa che l’egemonia tedesca non sia colpa né della Germania, né dei due suoi leader — Gerhard Schröder e Angela Merkel — che negli ultimi dieci anni hanno trasformato il «malato d’Europa» in una delle economie più competitive al mondo, ma semmai dell’incapacità di altri Paesi membri di fare le riforme e di stare al passo delle sfide globali.
Il problema dell’Europa oggi non è la forza della Germania ma la debolezza di altri, in particolare della Francia e dell’Italia, che nel corso degli anni hanno perso competitività e non riescono a crescere. Non è un caso che chi ha minacciato in passato di «andare a Bruxelles a battere il pugno sul tavolo» è poi tornato a casa con la coda tra le gambe.
Le vicende recenti mostrano peraltro che, ancor prima della Germania e dei suoi presunti «satelliti», le tesi cosiddette «rigoriste» — prima le riforme e poi la flessibilità — sono difese oggi principalmente dalla Spagna, dal Portogallo e dall’Irlanda, che in seguito ai programmi di risanamento e alle riforme concordate con la Troika stanno cominciando a vedere i frutti dei loro sacrifici, con una ripresa economica più forte del previsto e disoccupazione in calo.
Inoltre, chi conosce un po’ di storia europea e segue le vicende d’Oltralpe sa bene che la Francia non salderà mai una alleanza con l’Italia che possa in qualsiasi modo indebolire l’asse di cooperazione tradizionale con la Germania, sulla quale si è finora basata l’integrazione europea.
Pertanto, la strada delle minacce e delle ritorsioni suggerita da Galli della Loggia non farebbe dunque altro che isolare il nostro Paese, come avvenne nel 1996 quando il primo ministro spagnolo José Maria Aznar rimandò al mittente la proposta dell’allora presidente del Consiglio Romano Prodi di creare una alleanza mediterranea per rinviare l’euro.
Ma l’aspetto più preoccupante è che dando la colpa di tutti i mali all’Europa, e alla presunta egemonia tedesca, non si fa altro che deviare l’attenzione degli italiani dal vero problema del nostro Paese: l’immobilismo.
Se l’Italia riuscirà a fare le riforme che la Germania ha fatto dieci anni fa, in particolare per quel che riguarda il mercato del lavoro, il sistema delle relazioni industriali, la tassazione, eccetera, si trasformerà anch’essa rapidamente da malato a protagonista d’Europa, in grado di cambiarla.
Una Europa migliore è possibile solo con una Italia migliore. Visiting Scholar a Harvard e all’Istituto Affari Internazionaligià membro del Board della Banca centrale europea

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