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venerdì 19 settembre 2014

LO SCONTRO TRA RENZI, CAMUSSO E SINISTRA PD SUL LAVORO : VERO O "AMMUINA" ?


La battaglia per la riforma del Lavoro, il Jobs Act di Renzi, è solo all'inizio, e se i tamburi di guerra che risuonano corrisponderanno effettivamente al conflitto che si sta per scatenare, vedremo qualcosa che dai tempi della cancellazione della scala mobile non si vedeva più in Italia. 
Allora fu Craxi ad avere il coraggio di sfidare il sindacato rosso e il PCI di Berlinguer, vincendo. Oggi è Matteo, che oltre alla triplice sindacale, i nemici ce li ha in casa. Vedremo se stavolta il toscanaccio andrà fino in fondo, o, come finora ha sempre fatto, alle dichiarazioni guascone farà seguire mezze ritirate e soprattutto compromessi finali al ribasso (che peraltro, va detto, in Italia sono la regola quasi assoluta). 
Sicuramente il momento della sfida è propizio per vari versi, ne elenco alcuni senza pretesa di completezza :
1) Renzi, nonostante la discesa legata agli scadenti numeri dell'economia, gode di una popolarità forte nel paese.
2) Gli avversari sono disorganizzati e deboli. La CGIL e la sinistra non sono riusciti ad evitare l'ascesa del fiorentino prima alla segreteria PD, poi a Palazzo Chigi. Non parliamo degli altri partiti, dove FI è, di fatto, il vero socio, nemmeno tanto occulto, di Renzino, mentre gli altri della maggioranza sono ectoplasmi. Il M5S abbaia alla luna, il resto dell'opposizione è poca cosa, nei numeri se non altro.
3) L'altissima disoccupazione e il lavoro precario dominante fanno sì che le garanzie e le tutele dello statuto dei lavoratori appaiono sempre più dei privilegi anziché dei diritti. E i numeri si sono spostati dalla parte di chi è disposto a provare qualunque cambiamento, che tanto il sistema vecchio non funziona più. Allo slogan "estendere l'articolo 18 a tutti" non ci credono più nemmeno quelli che lo strillano. 
4) L' "Europa ce lo chiede" è un comodo eufemismo. In realtà LO PRETENDE, che fuori dai confini sono stanchi delle chiacchiere italiane (l'Agenda Monti, il riparti Italia di Letta, per non parlare di Adesso, Sblocca Italia, Passo dopo Passo, i Mille giorni..., sembra di essere tornati alle parole d'ordine del ventennio...). La riforma previdenziale si fece sotto la pistola puntata di BCE e Bruxelles, con Fondo Monetario anch'esso minaccioso sullo sfondo. Bene, quella pistola sta per tornare fredda sulla tempia italica, e la riforma del lavoro è la nuova Rodi. 
5) La legge non viene votata ? Renzi ha l'arma della fiducia, e voglio vedere i parlamentari PD suicidarsi, ben sapendo che pochissimi di loro, con nuove elezioni, rivedrebbero mai le amate poltrone di Montecitorio.
Insomma, verrebbe da dire "o adesso o mai più", se di retorica non ne fosse già sparsa fin troppa. 
Sui principi della riforma da tempo ci siamo espressi positivamente, condividendo le ragioni spiegate da Ichino, Rossi, Ricolfi e altri che si sono spesi per spiegare che si deve passare dalla tutela ostinata, fino all'autolesionismo (collettivo, perché per i singoli interessati andava bene), del posto di lavoro a quella del lavoratore, costruendo un sistema che consenta a quest'ultimo di avere fiducia di trovare un nuovo posto, sostenendolo nel frattempo. 
Quanto all'articolo 18, forse se i giudici non lo avessero applicato così male, espropriando di fatto ogni potere decisionale del datore di lavoro nella propria azienda, reintegrando fannulloni, disonesti, incapaci, sostituendo la LORO valutazione - comoda, stipendiata, senza rischi - a quella di chi manda avanti un'impresa, la questione del   "totem" non avrebbe avuto questi contorni quasi psicotici. Chi contesterebbe il principio, in sè, dell'annullamento di un licenziamento discriminatorio, assolutamente ingiustificato ? Ma non è questo che più spesso avviene, piuttosto si assiste alla prepotenza  di un giudice che rivendica per sé   il potere di stabilire se la mancanza, pacificamente accertata, del lavoratore, sia motivo sufficiente a ....
Per non parlare delle ragioni economiche, campo nel quale va detto che già la legge Fornero qualche cambiamento significativo l'ha apportato, ancorché in modo spesso confuso e incompleto ("Non ho avuto tempo di perfezionare l'insieme" si è giustificata nelle interviste l'ex ministra). 
Insomma, anche qui, oltre al problema delle leggi scritte male, c'è il problema di un cattivo esercizio del potere interpretativo dei giudici. 
Resta che l'articolo 18 è un simbolo, e abbatterlo, o modificarlo drasticamente, potrebbe dire molto, finalmente, sul cambiamento di "verso". 




Articolo 18, Bersani all’attacco: “Sarà battaglia”. Camusso: “Renzi vuole il modello della Thatcher”. Il premier: “Difendete ideologie, non persone”

Scontro aperto sul lavoro. L’ex segretario del Pd: «Presenteremo molti emendamenti». Il capo del governo alla leader della Cgil: «Dove eravate in questi anni?»

ANSA
Matteo Renzi e Susanna Camusso in una foto d’archivio

Il giorno dopo il primo via libera della Commissione Lavoro del Senato al Jobs act infuria la polemica a sinistra sull’articolo 18. Il Pd è spaccato, la minoranza bersaniana è in rivolta e i sindacati sono sul piede di guerra. Il governo prova a frenare le polemiche.  
BERSANI: SARA’ BATTAGLIA  
Il presidente del Pd Matteo Orfini, sostiene la necessità di «correzioni importanti» al testo: «I titoli del Jobs act sono condivisibili. Lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione». L’ex segretario dem, Pier Luigi Bersani, chiede che il governo chiarisca, di fronte a quelle che giudica «intenzioni surreali» e annuncia una dura presa di posizione: «Saranno presentati molti emendamenti, non solo sul reintegro in caso di licenziamento ingiusto, perché se l’interpretazione è quella sentita da Sacconi e altri,allora non ci siamo proprio. Andiamo ad aggiungere alle norme che danno precarietà ulteriore precarietà, andiamo a frantumare i diritti, non solo l’articolo 18 e allora sarà battaglia».  
CAMUSSO ALL’ATTACCO  
«Non stiamo difendendo noi stessi: chi vorrebbe cancellare l’articolo 18 sta cancellando la libertà dei lavoratori», attacca il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, durante l’inaugurazione della nuova sede del sindacato a Milano. «Mi sembra che il presidente del consiglio abbia un po’ troppo in mente il modello della Thatcher».  
LA DIFESA DI RENZI  
Nel tardo pomeriggio parla anche Renzi: «A quei sindacati che vogliono contestarci» io «chiedo: dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l’ha e chi no, tra chi ce l’ha a tempo indeterminato e chi precario» perché «si è pensato a difendere solo le battaglie ideologiche e non i problemi concreti della gente». 

IL PD IN RIVOLTA  
È andato all’attacco anche Cesare Damiano (Pd), presidente della commissione Lavoro alla Camera: «Riteniamo opportuno che l’attuale tutela dell’articolo 18, rivista appena due anni fa attraverso un accordo tra Fi e Pd, rimanga anche per i nuovi assunti. Sarebbe inconcepibile - ha aggiunto - che mentre si afferma di volere superare le differenze che esistono e rendono ingiusto il diritto del lavoro, si varassero decreti attuativi che sanciscono una diseguaglianza sul tema dei licenziamenti tra vecchie e nuove generazioni».  
DELRIO: NIENTE ULTIMATUM  
In campo è sceso anche Graziano Delrio, che ha risposto alle critiche della minoranza Pd: «Le discussioni aiutano a migliorarsi, l’importante è che non ci siano ultimatum o posizioni ideologiche. Abbiamo tutti l’ambizione di non ridurre i diritti e creare posti di lavoro», la dichiarazione a margine della manifestazione Atreju. «Il governo - ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - è determinatissimo a completare l’iter della riforma del lavoro. Il paese non può vivere di promesse ma servono i fatti».  
GLI OSTACOLI ALLA CAMERA  
Ma se al Senato, dunque, la strada sembra ormai in discesa, non è detto che alla Camera non si incontrino ostacoli. L’8 ottobre, intanto, si terrà il summit Ue sul lavoro a Milano. Mentre il Fondo monetario internazionale plaude alLa riforma del lavoro del governo Renzi: «Va nella giusta direzione», scrive l’Fmi, apprezzando in particolare l’idea di un «singolo contratto». Dal fronte sindacale, invece, Cgil, Cisl e Uil si preparano ad una iniziativa unitaria, che sarà concordata in un incontro tra i tre leader, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti: una mobilitazione di sabato che dovrebbe unificare le iniziative già annunciate dalle singole confederazioni, a cui non è escluso si possa affiancare un pacchetto di ore di sciopero. 
ICHINO: AVANTI SENZA I SINDACATI  
La replica ai sindacati è arrivata dal senatore giuslavorista Pietro Ichino: «Bisogna fare la riforma del lavoro anche senza i sindacati, se i sindacati non capiscono l’importanza. La via maestra è fare la legge in fretta e bene - ha detto ai microfoni di Radio24 - come mi sembra che stiamo facendo. Ieri in commissione al Senato abbiamo approvato. Io spero e credo che il Pd sia capace di far digerire questa scelta anche alla propria minoranza». 

6 commenti:

  1. MAURIZIO VIDOLI

    Come sempre analisi acuta e chiara. Mi permetto solo di dire che F.I. è in realtà socio occulto, ma per mera convenienza. Se i rumors avranno un seguito in termini di concretezza e la diaspora in corso all'interno di NCD sfocerà con migrazioni verso F.I. le carte in tavola cambiano.

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  2. CATERINA SIMON

    Bravo, analisi puntuale e chiarissima. A questo punto l'unica speranza che non finisca tutto annacquato è che Bersani & c. tengano questi toni da ultimatum. Dato il carattere di Renzi forse sono il modo migliore per farlo abbarbicare al progetto

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  3. GIUSEPPE VALDITARA

    Anche a me il dubbio che si tratti di "ammuina" è venuto

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  4. ROBERTA MARCHETTI

    quando si vuole far saltare un governo, dividendo la sinistra, si tirano fuori i soliti temi: nozze gay e art. 18. Ho letto con grande attenzione il tuo pezzo sull’art.18. Non avevo mai letto in proposito tanta lucidità e chiarezza. Complimenti e grazie sempre

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    1. ROBERTA

      difficile trovare tanto equilibrio Stefano, la visione dell'imprenditore (io lo sono stata per 20anni e so cosa vuol dire) e salvaguardare i diritti acquisiti con lotte e sangue. Nessuno mai parla degli effettivi fannulloni che vengono reintegrati obbligatoriamente oppure pagando salato (io non me la sono mai cavata con meno di 6 mesi di stipendio, ed eravamo un'azienda piccola, con meno di 15 dipendenti). Nè si può tornare allo sfruttamento come un tempo, o meglio, ci siamo dentro comunque, con intelligenze non pagate o pagate pochissimo. Che disastro! comunque bravo! e chissà come ne veniamo fuori... io sono di sinistra e non mi sono mai tanto vergognata di esserlo come in questi anni

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