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lunedì 10 novembre 2014

SABINO CASSESE : I MAGISTRATI, UN MONDO CHIUSO IN SE STESSO, INCAPACE DI DIALOGARE

Il Lunedì sono di dog sitteraggio. La padrona di Bisou è impegnata fuori casa tutta la giornata e allora mi lascia in custodia la sua dolcissima barboncina nana. Questa cosa mi mette di umore più buono col mondo e quindi non mi va di occuparmi dei magistrati, della loro insopportabile vena impositiva frutto di un mixer tra casta, corporazione e senso (delirio ?) di onnipotenza (parlo di quelli iscritti all'ANM, gli altri sono persone a posto, per lo più).
Però siccome è ieri che lor signori si sono riuniti per avvertire il Governo che a loro non piace affatto l'idea di riformare la giustizia non seguendo i loro voleri, e figuriamoci se la stessa preveda norme tese a "COLPIRLI" - perché prevedere che un giudice, che sbagli in modo grave, risarcisca i danni procurati, è un attentato alla loro "autonomia ed indipendenza" - e quindi che sono in stato di agitazione, pronti a scioperare (e sai che paura !! sono ben altri gli strumenti che le toghe hanno per farsi sentire. Li hanno adoperati e li adopereranno ), qualcosa sul blog mi sento di postare.
Faccio mie allora le parole del Maestro avv. Domenico Battista, e subito dopo quelle contenute nell'articolo breve ma efficace con cui Sabino Cassese, insigne giurista, commenta il triste, cupo direi, momento della giustizia italiana in generale, e della magistratura in particolare.
Buona Lettura


Domenico Battista
"LA DELIBERA CONCLUSIVA DELL'ASSEMBLEA ODIERNA DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI: TRA TANTE RICHIESTE CORPORATIVE O DI NATURA SINDACALE, MINACCIANO DI SCIOPERARE SE NON CI SARA' "la riforma urgente della prescrizione , che ne escluda il decorso almeno dopo la sentenza di primo grado, eliminando le storture di un sistema che vanifica anni di lavoro". UNA PRETESA CHE, COSI' FORMULATA, VOLENDO IMPORRE AL POTERE LEGISLATIVO UNA SCELTA DI RIFORMA DEL DIRITTO SOSTANZIALE, ASSUME NATURA EVERSIVA" ( avv. Domenico Battista ).


La grigia miopia della giustizia
di Sabino Cassese



 L’opinione pubblica è sconcertata. Aspri conflitti nelle Procure di Milano e Roma. Condanne seguite da assoluzioni e poi da nuove condanne. Giudici del lavoro che condannano uffici pubblici per aver adottato provvedimenti disciplinari nei confronti di dipendenti che si assentavano dal lavoro.
Altri giudici del lavoro che ordinano la reintegrazione di vigili del fuoco rapinatori e di «ubriachi fissi». Giudici che vogliono giudicare la storia.

Infine, e soprattutto, una macchina che lascia la crescente domanda di giustizia insoddisfatta. Le cause iscritte, rapportate agli abitanti, si sono quintuplicate negli ultimi anni. In base alle ultime statistiche Istat disponibili, sono pendenti quasi cinque milioni di cause civili in primo grado, e altrettante cause penali. La durata media dei processi è tra le più alte in Europa. In media, nelle corti americane, è necessario non più di un anno per esaurire tutti e tre i gradi di giudizio. In Italia ne servono otto. Per questo, l’Italia è continuamente sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la fiducia degli italiani nell’affidabilità del ricorso alla giustizia è nettamente inferiore alla media europea, la maggioranza degli italiani è convinta che i giudici non siano imparziali, molte multinazionali americane sono restie
a investire in Italia.

Questa situazione ha conseguenze sull’intero sistema istituzionale e sui rapporti tra Stato e cittadino. Infatti, le norme diventano realtà con l’intervento dei giudici, che sono l’anello che chiude la catena del sistema giuridico. Sono le corti che debbono assicurare, in ultima istanza, il rispetto del diritto. Ma giustizia ritardata è giustizia negata. Dal che conseguono l’impunità, la fuga dalla giustizia e l’adattamento all’illegalità (il condominio rinuncia a portare in giudizio il condomino moroso, se sa che occorreranno anni per ottenere giustizia). Insomma, l’insufficienza grave dell’intera macchina giudiziaria produce effetti che si ripercuotono sull’intero vivere civile, impediscono o rallentano gli investimenti, disabituano a quel severo minimo di governo che è necessario in ogni società, inducono a comportamenti illegali.
L’ultimo paradosso è quello di un corpo giudiziario composto da persone mediamente egregie, ma chiuso in se stesso, che non riesce a trovare nella sua esperienza le idee per correggersi e che pare incapace di far maturare proposte di ordinamenti migliori e di dialogare con la cultura, le professioni, il mondo politico

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