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mercoledì 17 dicembre 2014

AVVOCATURA ROMANA IN AGITAZIONE A TUTELA DEI DIRITTI DELLA DIFESA. SANSONETTI EVOCA METODI TURCHI

 

Durissima la denuncia di Piero Sansonetti della situazione di non diritto che, in nome dell'emergenza corruzione si sta creando nel nostro Paese.
Era accaduto ai tempi del terrorismo, con leggi speciali e sospensioni delle garanzie. L'emergenza poi passò, ma non le norme. Lo stesso, in misura diversa, accadde all'epoca di Mani Pulite, con i magistrati che andavano in TV esortando i cittadini onesti a ribellarsi contro le leggi salva delinquenti, aizzando il cd. popolo dei fax. Sono in molti oggi a scrivere contro quell'episodio, denunciando la tracimazione grave dei magistrati dal loro alveo istituzionale e la pavidità del Capo dello Stato di allora, insieme al Parlamento tutto. Ebbene, oggi si sta respirando quell'aria lì, con le intercettazioni dei dialoghi tra difensore ed indagato espressamente proibite dalla legge e che invece accadono, impunemente. 
Gli avvocati penalisti di Roma, allarmatissimi, hanno proclamato lo stato di agitazione che vedremo, nei prossimi giorni, in cosa si concretizzerà. L'avv, Valerio Spigarelli, presidente fino allo scorso settembre della Unione Camere Penali, ha spiegato nel suo intervento che, se lo spirito giustiazialista monta, ciò dipende in larga misura dalla presenza di un apparato mediatico- giudiziario che spinge in questa direzione condizionando un ’opinione pubblica spesso poco informata sulla vicende processuali. «Un clima», ha proseguito Spigarelli, «alimentato anche dalle scelte politiche prese sull’onda dell’emotività popolare, come quella presa dal governo Renzi di inasprire le pene per la corruzione all’indomani dell’apertura dell’inchiesta sulla Terra di Mezzo» (tratto dal pezzo sull'assemblea romana scritto su Il Garantista di oggi).

Sansonetti esagera nel suo editoriale ? Ci piacerebbe fosse così, ma la sensazione non è questa, e il richiamo alla indigeribile esternazione del sig. DI Maio, vicepresidente della Camera, in quota ortotteri, che vuole farla finita con la "presunzione di innocenza", è opportuno proprio per sototlineare come mala tempora currunt.
Immagino l'imbarazzo serio di alcuni amici avvocati e renziani nel costatare come il Premier farà pure arrabbiare le toghe nobili riducendogli le ferie, ma sul giustizialismo mi pare che l'intesa non sia male.

Il Garantista

Stato di diritto: si scrive Italia si legge Turchia

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L’avvocato Nasi è stato intercettato. Cioè, sono stati intercettati i suoi colloqui con il suo cliente. La cosa probabilmente non scandalizzerà nessuno, perché il suo cliente è Massimo Carminati, cioè “il padre di tutti colpevoli”, l’uomo che non ha bisogno di processo per essere condannato, il killer, lo stragista, il fascista, il gangster della Magliana, l’assassino e il capo di tutti i truffatori. Occorrono forse ulteriori prove per condannare Carminati?
Probabilmente è questa la motivazione con la quale gli inquirenti hanno deciso che si poteva violare la sacralità del diritto alla difesa, e anche il segreto professionale, e sottoporre ad intercettazione il suo avvocato.
O forse no. Forse la motivazione è un’altra. Più o meno questa: il paese chiede giustizia e severità, chiede che i colpevoli dei reati siano puniti (attenzione alla parola: “puniti”, non “individuati”), chiede che la corruzione sia stroncata, e dunque è necessario usare mezzi straordinari. E straordinari vuol dire che l’obiettivo di trovare i colpevoli supera la necessità di rispettare i principi costituzionali e le leggi. E dunque, la legge acquisisce il diritto di stare sopra la legge, di calpestarla, se serve (per il bene della legge).
Ormai è consuetudine. Il diritto alla difesa è ridotto al lumicino. In Calabria moltissimi avvocati sono stati intercettati. C’è persino un avvocato, coinvolto in un’inchiesta antimafia, che si è dichiarato colpevole, si è pentito, e ora gli stanno chiedendo dichiarazioni che trasformano le cose che sa in quanto legale, e i suoi rapporti riservati coi clienti, in atti di accusa. Il diritto è scomparso, è considerato un intruso, un nemico del sacro esercito dei nemici del crimine, degli Angeli della Notte.
E il diritto alla difesa viene indicato all’opinione pubblica non come diritto ma come ricerca dell’impunità. Come delitto. L’avvocato di un imputato per un reato grave è considerato quasi un complice, o forse proprio esattamente un complice. E una volta portata a termine questa operazione di demolizione morale, condotta con il sostegno indispensabile della stampa e della Tv, diventa facile radere al suolo, estirpare il diritto alla difesa.
Il senso della riforma del processo e del codice di procedura, approvata un quarto di secolo fa, e che avrebbe dovuto ammodernare la nostra giustizia, e permettere ad accusa e difesa – come nel diritto anglosassone – di collocarsi sullo stesso piano, con gli stessi diritti, poteri, mezzi, credibilità, il senso di quella riforma è stato rovesciato e annientato dalla prassi, e dal gigantesco aumento del peso sociale, del prestigio, del potere della casta dei magistrati.
Il problema è che nella lotta di potere tra magistratura e politica non si mette in gioco solo il rapporto di forza. Ma l’impianto dei diritti e dello Stato di diritto. La vittoria devastante del potere giudiziario – che ha sottomesso il potere politico e prima ancora il quarto potere, cioè il giornalismo, e infine anche il potere dell’economia – ha comportato una situazione di deregolazione che non si era mai vista dalla caduta del fascismo. Oggi in Italia una oligarchia di poche migliaia di Pm tiene in pugno tutto, compresa la Costituzione.
Un paio d’anni fa ebbe grande risalto in Europa, e creò indignazione l’attacco feroce che il regime turco scagliò contro gli avvocati, mandando la polizia a Palazzo di Giustizia per arrestarli. In quell’occasione l’attacco era motivato dalla necessità di impedire agli avvocati di sostenere una lotta popolare dell’opposizione ad Erdogan. In questo caso invece l’attacco agli avvocati e ai diritti degli imputati è motivato dalla necessità di fare pulizia, di punire i corrotti.
E’ chiaro che si può dire: situazioni diverse. In Turchia fu un attacco alla avvocatura per motivi politici. Qui l’attacco è motivato da nobili aspirazioni etiche. E’ vero. E proprio per questo l’attacco condotto dai magistrati italiani è molto più pericoloso. Perché non si limita ad un episodio di lotta politica e di forte tensione. Anzi: non ha nulla di episodico, di emergenziale. Si estende a tutto il campo della vita civile, diventa un metodo, un principio esso stesso, e finisce per fare giurisprudenza.
Si realizza – può realizzarsi – perché nello spirito pubblico si è affermata l’idea che il bisogno di punire fa premio sul diritto a difendersi. Il ragazzino vicepresidente del ”5 Stelle”, Di Maio, che chiede la fine della presunzione di innocenza, ne è la prova. Ed è il battistrada di questa deriva autoritaria.
Se almeno un pezzo di mondo giornalistico, e di mondo politico, non troverà il coraggio di opporsi, di mettersi a strillare, l’Italia rotolerà verso una condizione di autoritarismo, molto simile a quello che si affermò negli anni del regime fascista.

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