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giovedì 8 gennaio 2015

CONGELAMENTO DEL DECRETO FISCALE, OVVERO COME TI STRAVOLGO LE REGOLE PARLAMENTARI


Nel mondo stanno accadendo cose ben più gravi dei misfatti di Renzino a Palazzo Chigi. Ieri la notizia dell'assalto a Charlie Hepbo, con la morte di 12 persone, oggi quella della nuova strage di Boko Haram in Nigeria, dove si parla di 2000 vittime.
Però la disinvolta illegalità dell'agire renziano va denunciata ugualmente, per evitare di farci il callo.
Davide Giacalone torna sulla vicenda del decreto discale sospeso, e rileva come la disinvoltura del Premier tocchi livelli inusitati, ed è strano che i giornali maggiori non denuncino la cosa. Non diciamo La Stampa, che Marchionne deve aver dato disposizioni ben precise, tanto da essere una sorta di velinario di Palazzo Chigi - ecco perché hanno chiuso Europa, che gli serviva a fa ? - con la sola eccezione del bravo Luca Ricolfi, che infatti, peraltro, da qualche settimana non leggiamo più,  ma anche Repubblica e Corriere, dove pure qualche garbata critica ogni tanto la fanno al leader toscano, sembrano andarci col be molle. Oddio, Polito qualcosa, su questa storiaccia del congelamento, l'ha scritta l'altro giorno, ma senza agitarsi più di tanto.
Meglio, molto meglio, il politologo siciliano

Agghiacciante congelamento





E’ agghiacciante l’idea di congelare un decreto legislativo. Equivale alla demolizione delle regole che disciplinano il sistema legislativo. S’è capito che al governo non avevano capito quel che facevano o non si aspettavano di dover fronteggiare un pubblico dissenso. Due ipotesi che presuppongono ottusità legislativa o furbizia da sciocchi. Il guaio (ulteriore) è che, ad ogni parola che aggiungono, non fanno che allargare il buco e rendere multicolore la pezza.
Matteo Renzi ha sostenuto che il decreto sarà congelato fino al 20 febbraio. Se ancora esistessero i presidenti delle Camere dovrebbero essere essi a fargli osservare che non c’è la possibilità di sottrarre al Parlamento l’esame di un decreto già approvato dal Consiglio dei ministri. Il calendario è una prerogativa del Parlamento, non del governo. E se esistesse ancora uno straccio di cultura delle regole i giornali stessi non pubblicherebbero l’annuncio di congelamento senza aggiungere che si tratta di un’idea improponibile.
Attenti, non c’è solo la materia fiscale. Fin qui sono state approvate, dal Parlamento, non due riforme, ma due leggi delega: una in materia di diritto del lavoro e l’altra di diritto tributario. Un buon successo, per il governo, che deve dare attuazione alla delega. Dopo avere approvato il primo decreto legislativo (leggasi “attuativo”), in materia di lavoro, s’è aperta la discussione sul comprendervi o meno i lavoratori del settore pubblico. Non discussione teorica, ma sullo scritto: taluni vi leggevano la comprensione, altri l’esclusione. Disse Renzi: ci rimettiamo alla volontà del Parlamento. Sbagliato, perché il Parlamento si era già espresso, aveva già delegato. Il governo doveva attuare, dando sostanza alla delega. Il delegato non può rimettersi al delegante, altrimenti è un inferno degli specchi.
La faccenda è stata presto insabbiata, rinviando tutto alla (ennesima) riforma della pubblica amministrazione. Ma è poi arrivata la mostruosità del decreto legislativo in materia fiscale. Comprendendo, fra le altre cose, alcune depenalizzazioni, con aumento di ammenda, è coerente che si trovino affiancate le fatture false (sotto i 1.000 euro), alcune evasioni (sotto i 150.000) e la non penalizzazione per chi evada meno del 3% di quanto effettivamente versa. Si può essere a favore o contro (io sono a favore), ma ha un senso. Da lì è partita una collana di bischerate. 1. Prima Renzi dice: se la cosa favorisce Berlusconi la ritiriamo (come se le regole sono buone o cattive a seconda di chi salvano o dannano). 2. Poi dice che non si farà valere la nuova regola per i procedimenti in corso o in giudicato (con pernacchie al diritto romano e a uno dei pilastri della civiltà giuridica, il favor rei). 3. Quindi interviene Graziano Delrio e afferma che il decreto va bene, ma loro sono pronti a ridiscuterlo (e con chi? con sé stessi, visto che si tratta di un atto del Consiglio dei ministri). 4. Torna Renzi e corregge: va bene il testo, ma lo congeliamo (in questo modo sovvertendo il senso della regola e umiliando non solo il Parlamento, ma il banale buon senso).
Può darsi che io abbia l’epidermide troppo sensibile, adusa all’idea che il diritto non sia solo un colpo del tennis, ma mi pare sia stato superato il limite. Per meno di un millesimo, in altre circostanze, avremmo sentito il severo richiamo del presidente della Repubblica. Che è ancora in carica, benché pubblicamente dimessosi.
Il governo ha solo due strade, per uscire dal pasticcio: a. confermare il testo e spedirlo subito al Parlamento; b. convocare immediatamente il Consiglio dei ministri, rimangiarsi il testo e produrne uno diverso. In nessun caso salverà la faccia, ma, almeno, avrà fatto finta di conoscere le regole.
Postilla: la Commissione europea ha già cominciato il riesame dei nostri conti, i francesi hanno chiesto una ulteriore proroga, noi no (che si sappia); senza il decreto legislativo non sono neanche ipotizzabili i suoi fantasiosi vantaggi per le casse pubbliche; il che comporta la clausola di salvaguardia: aumenta l’Iva. A quel punto non sarà la faccia il solo lato a subire qualche danno.

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