E alla fine QE fu. Ci sono voluti 63 mesi per un parto per il quale gli americani ce ne misero 2. Il compromesso alla fine c'è stato, e i tedeschi, coi loro alleati, hanno ottenuto che ci fosse un limite quantitativo e temporale, da un lato, e soprattutto una responsabilizzazione, per l'80% del totale, delle banche nazionali centrali dei singoli paesi. Quest'ultimo aspetto serve per non poter parlare di eurobond mascherati. Questi paletti danno ragione a coloro che già definiscono il quantitative easing di Draghi "troppo poco e troppo tardi" ? D'altro canto, per gli oppositori era meglio MAI.
Chi scrive non ha onestamente strumenti adeguati per esprimere un giudizio tecnico. Diciamo che, almeno apparentemente, i QE in America sembrano essere serviti per uscire dalla crisi e quindi speriamo che aiuti anche noi. Un auspicio, confortato dal parere di osservatori economici e finanziari come Alessandro Fugnoli, il cui intervento potete leggere di seguito
IL DISGELO
L’avvocato Peter Gauweiler ha 69 anni. È luterano, è sposato
e ha quattro figli. Nel 1992
ha definito il Trattato di Maastricht un sogno
totalitario. Nel 1999 ha
paragonato l’euro all’esperanto. Nel 2005 ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale
tedesca contro il progetto di costituzione europea (poi abortito) e nel 2008
contro il Trattato di Lisbona. La corte di Karlsruhe non ha considerato i due
ricorsi, ma GGauweiler, uomo tenace, ci ha riprovato nel 2011 contro il
salvataggio della Grecia e l’istituzione dell’Efsf. I giudici, questa volta,
gli hanno dato retta, ma hanno respinto il ricorso. Nel 2012 Gauweiler ha fatto
ricorso contro l’Omt di Draghi e molti giudici gli avrebbero anche dato ragione
ma, per considerazioni di prudenza politica, hanno deferito il caso alla Corte
di Giustizia europea, che ha detto in sostanza che l’Omt va benissimo.
Ora Gauweiler ha già
pronto il ricorso contro il Quantitative easing e conta sul fatto che la corte
di Karlsruhe, offesa da quella del Lussemburgo, prenda di nuovo in seria
considerazione le sue argomentazioni. Gauweiler non è un eccentrico e non va in
cerca di pubblicità. Non appartiene ad Alternative für Deutschland, il nuovo
partito antieuro, e milita dal 1968 nella Csu bavarese. Dal 1972 i cittadini di
Monaco lo eleggono regolarmente alle più alte cariche della città e del Land.
Da tre legislature Gauweiler rappresenta al Bundestag la circoscrizione di
Monaco Sud, una delle zone più ricche e operose della Germania e dell’Europa
intera. Il suo partito, la Csu, è al governo. La Merkel e Schauble, entrambi
vicini alla fine della loro stagione politica, si muovono su un’altra lunghezza
d’onda. Schauble, a modo suo, è un europeista sincero. La Merkel, dal canto
suo, è troppo figlia della guerra fredda per volere passare alla storia come la
donna che ha fatto saltare l’Europa. Detto questo, il fiuto politico consiglia
alla Merkel di non ignorare il crescente malessere che si leva alla sua destra
dalla società politica (il Circolo di Berlino, Alternative für Deutschland,
parti crescenti della Csu) e dalla società civile (si veda l’imponente
movimento Pegida). La Merkel non può ignorare nemmeno la riluttanza crescente
con cui la Bundesbank e la Corte Costituzionale accettano gli strappi
all’ortodossia giuridica e monetaria inflitti alla Germania da un’Europa in
cui, numericamente, il fronte del nord è in minoranza. E d’altra parte, oltre
alle considerazioni di politica interna, alla Merkel non sfugge il fatto che
l’Europa indisciplinata, quella mediterranea, tende sistematicamente ad
aggrapparsi a qualsiasi salvagente pur di non fare la cosa che le servirebbe di
più, ovvero le riforme strutturali. Concedere un Qe senza condizioni, dal punto
di vista tedesco, equivarrebbe a privarsi di un potente strumento di pressione
nei confronti di Francia e Italia. Va poi considerata l’influenza che la
decisione svizzera di abbandonare l’euro e rivalutare il franco sta già avendo
nell’opinione pubblica tedesca. Se nei prossimi mesi l’economia svizzera
riuscirà a reggere l’impatto, le voci di quanti sostengono che la Germania deve
prepararsi a fare lo stesso risulteranno più autorevoli. A quel punto, venuta
meno la ragione economica, rimarrà soltanto, a favore della permanenza
dell’euro, una considerazione politica. Per questo, pur essendo favorevole al
Qe (come nel 2012 lo fu all’Omt), il mainstream politico tedesco ha dato
mandato ai suoi rappresentanti in Bce di mettere due paletti invalicabili al
programma. Il primo è la definizione ex
ante delle quantità. La psiche tedesca ha orrore del piè di lista e la
costituzione del 1949, su questo punto, le dà man forte. Per questo Draghi ha
dovuto accettare un importo chiuso, un trilione circa. In cambio l’importo
deciso risulta superiore alle più rosee previsioni. Nel comunicato è poi
inserita una piccola clausola che rende possibile prolungare il Qe fino a
quando non saranno stati raggiunti gli obiettivi di inflazione. Il secondo è la
corresponsabilizzazione all’80 per cento delle banche centrali nazionali
rispetto alla possibilità di default sul debito da parte degli emittenti
sovrani dell’Eurozona. Il mainstream politico tedesco sa benissimo che in
questo modo si incentiva pericolosamente l’uscita dall’euro dell’eventuale
paese insolvente, ma fare altrimenti (mutualizzare le perdite) avrebbe
significato regalare al partito antieuro un argomento prezioso. Per il resto
non c’è che da celebrare. Il Qe è arrivato e pure grosso. Certo, la Fed, dopo
il crash di Lehman, ci mise due mesi per varare il Qe1, la Bce ce ne ha messi
63. C’è stata, è vero, la versione teologicamente corretta del Ltro, ma proprio
perché corretta (denaro prestato e non stampato per sempre) la manovra si è
dimostrata poco efficace nel momento in cui il denaro prestato alle banche è
stato da queste restituito. Ora abbiamo il Qe nella versione che più ripugna
alla psiche tedesca, quella definitiva. La ricompensa per avere venduto l’anima
al diavolo è l’euro debole, la borsa forte e il rendimento dei titoli
governativi che tende a zero. Come europei siamo diventati più poveri. L’euro
ha perduto in nove mesi il 17 per cento del suo valore rispetto al dollaro.
L’occasione per recuperare almeno in parte andrà a questo punto cercata nelle
borse dell’Eurozona.
È possibile che la
prima reazione al Qe sia di presa di profitto. Dopo tutto è da cinque mesi che
il Qe viene preannunciato e l’elemento della sorpresa manca completamente.
L’America sta attraversando una fase grigia (probabilmente temporanea) e poi
c’è la Grecia. Se dunque nei prossimi giorni ci saranno davvero realizzi, si
presenterà per le borse europee una buona occasione d’acquisto. Il Qe visto
oggi può apparire ad occhi anglosassoni il classico troppo poco troppo tardi.
Fra qualche settimana, quando il crollo del petrolio e la svalutazione
dell’euro cominceranno a produrre dati macro positivi, il Qe apparirà
improvvisamente come benzina sul fuoco.
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