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martedì 3 febbraio 2015

RENZINO, IL MAGO DELLE TRE CARTE



Verdini conferma : nel patto del Nazareno c'era la scelta condivisa del capo dello Stato. Sarei portato a credergli, non certo per dirittura della persona, anzi, ma perché così si spiegano le reazioni scomposte del Cavaliere. In fondo Mattarella non era Prodi, e Castagnetti non avrebbe fatto tanta differenza. Berlusconi voleva Amato, ma obiettivamente, per uno attento alla popolarità come Renzino, l'altro giudice costituzionale non era una soluzione accettabile, ancorché Bersani avesse dato il suo placet. 
Quindi, tenuto conto che il rapporto tra PD e FI NON può essere paritario, dato la prevalenza politica attuale del primo, Mattarella era accettabile. A meno che non fosse stato convenuto ALTRO, e allora il cambio di direzione, per quanto non di 180 gradi, scuote i nervi.
Per anni ho sostenuto, e dall'inizio del Blog scritto, che ai politici non chiedo comportamenti etici ma efficaci, quindi un buon governo. Lo dicevo quando la gente, anche certi cari ma piuttosto incoerenti amici si sgolavano contro Berlusconi, vergogna e male dell'Italia. A me non fregava nulla delle olgettine, di Ruby e nemmeno che l'ex premier fosse a volte non ortodosso dal punto di vista dell'etichetta internazionale. Mi seccava, e tanto, che di liberale, nel suo governo, ci fossero solo gli slogan ! Ora, con Renzi è uguale.  Lo valuto per i suoi atti di governo, non per la furbizia politica.
Ciò ribadito, i furbi NON mi piacciono. Umanamente.  Preferisco la gente dalla schiena dritta.
In politica non si può esserlo ? Peccato. Però accettato questa realtà (e suggerito di ricordarcela tutti...), non posso impedirmi di avere simpatia o antipatia in ragione dei miei criteri di giudizio personali. 
E uno che recita tre parti in commedia come Renzino non mi può piacere.
A suo tempo usò Prodi per mettere in crisi Bersani, con Letta mostrò di che pasta cinica e pelosa fosse fatto il suo stomaco, il suo essere ruvido lo hanno sperimentato ormai in tanti e la sua preferenza per gli yesmen gli è contestata anche dai commentatori amici (Panebianco tra questi). 
Una persona con cui non mi piacerebbe andare a cena, sicuro che darebbe per scontato che sia io a dover pagare il conto.
Dopo di che, se farà bene, e quindi porterà dei miglioramenti effettivi alla nazione, io sarò contento e non avrò problemi a dargliene atto. 
Al momento, sui temi a me più cari, come Giustizia (oddio, questo dovrebbe esserlo anche per gli amici cui accennavo prima...), Fisco, Riduzione della Spesa, non ho visto segnali positivi. Certo non lo sono Gratteri e Cantone come consiglieri giudiziari del "principe", il perdurante peso fiscale, specie sugli immobili, il licenziamento di Cottarelli e gli 80 euro regalati ai dipendenti. 
QUESTE sono le cose che contano. L'antipatia per Renzi, che episodi come il Quirinale alimentano, me la posso tranquillamente tenere e conviverci  (anche Craxi mi stava antipatico, Scalfaro l'ho proprio detestato, ma tanto per citare due nomi ), il problema, vero, è la sua qualità come governante. 
Abbiamo capito che al gioco delle tre carte, quello per i polli a via Sannio o Porta Portese, è il più bravo. Governare un paese è altra cosa. 
Di seguito, l'editoriale di Polito, con qualche spunto di riflessione interessante.

La frusta e il dolce fiscale
di Antonio Polito
 

Meno male che oggi parla Mattarella. Innanzitutto perché sono sette anni che non parlava; e questo già la dice lunga su un sistema politico che ha dovuto cercarsi l’arbitro più lontano possibile dal suo chiacchiericcio quotidiano.
E poi perché, parlando il garante dell’unità nazionale, forse taceranno per un giorno tutti gli altri che hanno già ricominciato a darsele di santa ragione.
I due gruppi più rumorosi sono composti da quelli che negano di aver venduto tappeti e da quelli che rifiutano di essere usati come tappeti. Nel primo gruppo spicca Verdini, il quale respinge le accuse di «fallimento» che gli piovono addosso dal cerchio magico di Berlusconi ricordando che nel Patto con Renzi c’era, altroché se c’era, la scelta comune del nuovo presidente. Testimonianza autentica, visto che viene da uno degli apostoli del Nazareno; ma ormai utile solo per gli storici poiché, come lui stesso ha ammesso, in politica chi ha i numeri fa quello che vuole, e Renzi ha fatto di Berlusconi ciò che voleva.
Ma lo scontro in cui è coinvolto l’ex falco berlusconiano diventato colomba renziana non va sopravvalutato, poiché ha risvolti più interni che esterni. Comunque finisca, che l’ex Cavaliere torni in sella o continui a fare il fante, ormai non conta molto ai fini delle sospirate riforme istituzionali. Il più, infatti, è fatto. E per la minoranza pd non sarebbe decoroso rimetterle in discussione dando una mano alla vendetta berlusconiana. D’ altra parte al capezzale del Nazareno è subito accorsa il ministro Boschi, vera e propria crocerossina delle riforme, a ricordare e ribadire che la norma per la depenalizzazione dei reati fiscali, nota ormai come decreto tre per cento, si farà. Anche se, visto che il tutto era stato rinviato al 20 febbraio, e non foss’altro che per una ragione di stile, forse era meglio aspettare un attimo di parlarne con il nuovo capo dello Stato, cui spetterà firmarla trattandosi di un Decreto del Presidente della Repubblica.
Più interessante, e sorprendentemente perfino più delicata per gli equilibri della legislatura, è la tempesta che si è scatenata nel partito di Alfano ad opera di coloro che non vogliono essere trattati come tappeti, anzi come tappetini per usare l’espressione del ministro Lupi. La crisi interna di quel gruppo non è solo frutto di rabbia passeggera per il trattamento ricevuto, ma richiama per così dire una questione ontologica mai risolta da Alfano e i suoi. E cioè come può un partito che si chiama Nuovo centrodestra stare in un governo organico di centrosinistra proponendosi di andare alle prossime elezioni con il centrodestra. Nello sfavillio di maggioranze che Renzi ha messo in mostra in questi mesi (una per il governo, una per le riforme, una per il Quirinale), si tende infatti a dimenticare che al Senato ne ha ogni giorno una risicatissima appesa proprio a quel «partitino» delle cui convulsioni il premier dichiara di non volersi curare. Se per caso Ncd non reggesse alla prova da sforzo cui è stata sottoposto nel fine settimana, qualche conseguenza politica potrebbe infatti prodursi. E per quanto sembri improbabile che gli alfaniani al governo siano disposti ad aprire una crisi, i non alfaniani non al governo potrebbero tagliare la corda prima di finirci impiccati.
A parte il tran tran quotidiano, c’è in particolare un futuro appuntamento parlamentare in cui ogni voto conterà di nuovo moltissimo: la seconda lettura al Senato della riforma costituzionale. In quella occasione, che si proporrà comunque tra non meno di tre mesi, sarà richiesta la maggioranza qualificata di 161 voti al Senato. Alla portata del governo, ma certo non sicura se una forza politica di maggioranza vi arrivasse in via di dissolvimento.
Le incognite del circo politico non si sono dunque tutte sciolte nell’ovazione che ha accolto Mattarella presidente. Anche se il domatore, Matteo Renzi, sembra oggi più in comando che mai, zuccherino in una mano e frusta nell’altra.

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