Sul giornale storico dei liberali, L'Opinione, è apparso qualche giorno fa questo interessante contributo dell'amico e collega Mauro Anetrini, al quale mi uniscono diverse importanti affinità : liberalismo, garantismo e ci metto pure l'appartenenza calcistica. Di Mauro ammiro, tra l'altro, lo stile della scrittura, letterario, e apprezzo assolutamente il fatto che non sia minimamente corrotto dal pessimo giuridichese. Mi piace pensare che ciò avvenga anche nei suoi atti giudiziari. Non è scontato : spesso ho riscontrato in amici colleghi una forbice ampia tra scrittura corrente e quella "aulica e tecnica" delle memorie difensive, trovando illeggibili le seconde.
In questo suo articolo, dove attacca il totem del PIL a cui tutto si vorrebbe sacrificare, condivido senza meno l'evidenziatura di come processi più veloci non significherebbero, di per sé , una giustizia migliore. Non è che le aziende, straniere o indigene, sarebbero troppo più contente di avere pronunce celeri ma sballate.
Senza contare, come pure opportunamente ricorda Anetrini, che ad ostacolare gli investimenti restano sempre una burocrazia asfissiante, inefficiente quando non corrotta, servizi scadenti nonostante l'elevatissima pressione fiscale (destinata a foraggiare stipendi piuttosto che adeguare le strutture).
Poi Mauro è un romantico, uno che vola alto, laddove personalmente età, osservazione attenta della Storia e dell'attualità mi hanno portato ad un maggior scetticismo ( mi definisco un "cinico di approdo, non di dna"), e sicuramente il materialismo storico, imperversante nei miei anni di studio, mi ha condizionato nel privilegiare l'importanza dell'aspetto economico nella costruzione dei corretti equilibri di una società.
E quindi se sono d'accordo che il PIL non possa essere una sorta di Dio che tutto governa e a cui tutto va sacrificato (ma non mi pare che poi sia tanto così : non avremmo accumulato il debito mostruoso che abbiamo) allo stesso tempo ogni settore della società non può ignorare l'equilibrio tra risorse e servizi pretendibili.
Certo, la Giustizia, come la Salute, sono beni superiori, e sicuramente non trattabili con ottica esclusivamente manageriale.
Però trovare delle misure che in qualche modo riducano il moloc dei contenziosi civili e penali lo trovo giusto ( ma credo che anche Anetrini la pensi così, il suo discorso punta alla tutela delle garanzie, e su questo siamo assolutamente d'accordo).
Comunque, da leggere.
Nel memorabile discorso pronunciato agli studenti
dell'Universita' dell'Arkansas il 18 marzo 1968, pochi mesi prima di essere
ucciso, Robert Kennedy, riferendosi all' unita' di misurazione unibersale,
disse che il PIL "non tiene conto ne' della giustizia nei nostri
Tribunali, ne' dell'equita' dei rapporti tra di noi". Si sbagliava.
Sebbene quelle parole rappresentino un monito di indiscutibile attualita', la
proposizione riferita alla Giustizia non e' corretta, o, almeno, non e'
condivisa da chi ci governa. Sono anni, ormai, che sentiamo ripetere quanto sia
dannosa per la nostra economia - il PIL - la lungaggine dei nostri processi. E
sono, sempre, anni che ci sentiamo dire quale incidenza abbia sull'intero
sistema - ancora il PIL - l'incertezza che contrassegno l'esito delle comtese
giudiziarie. E da molto tempo qualcuno tenta di convincerci quanto ci costi -
in termini di PIL - la dilagante corruzione, assurta a fenomeno endemico del
sistema. Altro che "non tiene conto"! Se ascoltiamo con attenzione le
parole di chi si insedia a Palazzo Chigi, non possiamo non riconoscere che la
causa dei nostri guai sta tutta nell'amministrazione della Giustizia dei
Tribunali. Mi pare, dunque, evidente che la prima preoccupazione di assume la
guida del Paese sia quella di riformare la Giustizia, sveltendo i processi,
eliminando i formalismi inutili e rincarando la dose nei confronti di chi viola
la legge. Fatto questo, va da se', diventeremo appetibili per gli investimenti
stranieri, a nulla rilevando che abbiamo strade da terzo mondo, infrastrutture
ridicole e una burocrazia che, perdonatemi, manco Bokassa si sarebbe sognato di
inventare. D'altra parte, qualche cosa bisogna pur dire agli elettori. La via
piu' semplice e' quella, purtroppo, della semplificazione: quella che si
traduce in taglio netto delle garanzie (la produzione prima della correttezza
delle decisioni, vale a dire il PIL); quella che cancella i termini di
prescrizione, cosi' sopperendo alle deficienze funzionali del sistema (il PIL
taroccato); quella che ispira i suoi parametri ad una implacabile severita' (il
PIL ignobile, quello della esclusione e del 41 bis). Robert Kennedy era
americano e, come tale, non aveva capito nulla. Lui pensava che Giustizia e
Benessere economico fossero entita' non comparabili: non immaginava che la
prima occupasse una posizione ancillare rispetto al secondo. Robert Kennedy si
rivolgeva agli studenti di un Ateneo, confidando che loro, prossima classe
dirigente, non subissero la tentazione di pericolose equiparazioni. Non parlava
per proclami e non invocava pene incivili. Parlava di Giustizia e non di
sistema giudiziario.
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