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giovedì 4 giugno 2015

ORLANDO PROBABILMENTE E' BRAVO, MA QUANTO CONTA ?

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Ieri un mio amico e collega, per il quale nutro sentimenti controversi - affettaccio di fondo, stima sincera per una serie di qualità pregevoli ma fastidio estremo per i pochi ma corposi difetti, primo tra tutti la faziosità partigiana con cui porta avanti i suoi credo - annunciava che, tra i tanti (????) meriti di renzino c'è il ministro della Giustizia migliore degli ultimi anni (forse addirittura 20, si vede che non gli piacevano quelli dei governi Prodi, e siccome uno era Mastella, se pò capì...), e cioè Andrea Orlando.
Vale la pena ricordare che se costui siede al Ministero di via Arenula il merito NON è di Renzi, che ci voleva Gratteri (?!?!?!), ma del buon Napolitano, che gli fece notare che non bisognava esagerare con lo "sceriffismo" ?
Dopodiché Orlando è anche persona apprezzabile, nei modi e nel procedere, e si può intuire una sua prevalente vena garantista, o comunque non giustizialista, che è già una nota positiva.
Però il "populismo penale", che pure lodevolmente denuncia nel suo intervento ad convegno organizzato dal PSI (sì, esistono ancora, sono piccoli però lodevolmente garantisti) sulla giustizia, trova un orecchio amico proprio nel capo del governo, che i magistrati li contrasta solo quando si tratta di ferie e di pensioni, non certo sui temi del "giusto processo". E quindi che può fare quel povero cristo di Orlando, se non togliersi qualche sassolino dalle scarpe ?
Ed è appunto quello che fa, come potete leggere nel puntuale servizio di Errico Novi.
Buona Lettura


Il Garantista


Orlando: «Cari pm, dite addio al populismo penale»

La politica da sola non ce la fa. Se vogliamo affermare i principi del garantismo nel nostro Paese c’è bisogno che altri diano una mano, e che lo facciano i magistrati innanzitutto». Andrea Orlando parla nel lungo day after di queste Regionali. Nell’aria si respirano ancora le polveri della bomba politico-giudiziaria deflagrata a due giorni dal voto, con la lista degli impresentabili. E al convegno organizzato dal Psi dal titolo ”Essere (sempre) garantisti” il ministro della Giustizia si presenta con un certo, dissimulato giusto per la rivincita.
Da mesi, anzi da due anni ormai Orlando predica nel governo un po’ di cautela sui temi della giustizia, che poi solo a lui dovrebbero competere. E invece fa quotidianamente i conti con un premier come Renzi, molto affezionato al concetto di populismo penale e pronto a festeggiare il sì al ddl anticorruzione con un tweet sulla «prescrizione che non arriverà mai».
Il garantismo che non porta consensi
Ecco, adesso il guardasigilli forse si godrà lo spettacolo dei tanti dem che sognano di vedere incenerita Rosy Bindi, per il guaio che ha combinato con gli impresentabili. Si è toccato il fondo, nella continua rincorsa ai desideri della piazza forcaiola. Chissà se servirà da lezione. Certo non è un caso che il convegno sia organizzato dal Partito socialista. Da quella piccola ma agguerrita forza della maggioranza che quasi da sola si è impegnata in battaglie di frontiera sulla giustizia. E che annovera tra le proprie fila un deputato campano, Marco Di Lello, promotore dell’iniziativa di ieri e primo firmatario di un ddl di revisione della Severino. Ecco, anche per Di Lello è una rivincita. Fosse passata la sua proposta di legge, non ci sarebbe ora un caso De Luca. Non incomberebbe il rischio di una sospensione del governatore appena eletto.
Va cambiato tutto. Questo dice ora il ministro della Giustizia nella elegantissima Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto.
«Riscuotere consenso con le battaglie garantiste è difficile, ecco perché la politica non può condurle da sola. Ed ecco perché sarebbe importante se i soggetti coinvolti nel’esercizio della giurisdizione aiutassero la politica a far passare un messaggio diverso. I magistrati, innanzitutto, che vantano un’importante influenza sull’opinione pubblica».
L’opinione pubblica sostituita dalla piazza
Cambiare tutto, dice il guardasigilli, è possibile se i protagonisti del sistema giustizia si mettono a remare nella stessa direzione. Se cioè la smettono di assecondare il populismo penale. È questo l’appello che prende forma nel dibattito organizzato dal Psi. Ed è questa anche la risposta al quesito più urgente, posto dal relatore che interviene un attimo prima del ministro, ovvero il professore di Diritto penale della Federico II di Napoli Vincenzo Maiello: «Come possiamo fare in modo che l’opinione pubblica prevalga sulla piazza?». Domanda pertinente. Perché i due concetti sono davvero assai distinti tra loro.
La piazza è quella che il vicepresidente dell’Unione Camere penali Domenico Ciruzzi definisce nel suo intervento «la pancia del Paese che ormai si è impossessata della produzione normativa». Un’ascesa favorita anche dalla stampa, secondo l’avvocato Ciruzzi: «I cronisti giudiziari dovrebbero essere cani da guardia del giusto processo, non cagnolini da salotto delle Procure». E che dire della politica che ha dato troppo spago a quella ”pancia”, visto che «assecondarla porta consenso immediato», come ricorda Orlando? L’unica via è appunto quella di una nuova pedagogia sulla giustizia. Che non dovrebbe essere poi così difficile far passare. Anche perché, ricorda Orlando, «il garantismo è un principio che si afferma come risposta ai sistemi autoritari: è nel fascismo che le manette scattano sulla base di meri provvedimenti amministrativi».
E invece il principio delle garanzie è quello a cui sui collegano «la presunzione di non colpevolezza, il giusto processo, la funzione rieducativa della pena e la stessa autonomia della magistratura», ricorda ancora il guardasigilli. Oggi i «propulsori di queste idee si sono un po’ scaricati, eccezion fatta per il Papa», aggiunge dopo aver richiamato i diversi ascendenti ideologici del pensiero garantista, tra i quali iscrive anche «il movimento operaio».
Oggi invece pare non esserci nulla di più lontano dal popolo che le tutele per gli imputati. «Con il nuovo processo, Enzo Tortora sarebbe stato comunque condannato», è l’amara considerazione di Ciruzzi. Giudizio a cui Orlando assimila un altro concetto: «Se introduciamo un provvedimento come l’archiviazione per particolare tenuità del fatto i giornali danno voce solo a chi sostiene che abbiamo messo fuori i delinquenti: in quella occasione i soli a dire che si tratta di una norma razionale sono stati il Procuratore capo di Torino e l’Anm che, per carità, ha messo la nota di plauso in un comunicato, come quattordicesima questione dopo averne elencate tredici che non andavano bene». Altro sassolino tirato via.
E ce ne sarebbe un altro ancora pure per Renzi: Orlando lo difende quando dice che il risultato delle Regionali «non deve dar luogo a letture stravaganti, ma indurci a stare stretti attorno al premier affinché conduca una battaglia per cambiare la politica economica dell’Europa». Poi però dice che se il populismo penale imperversa è anche perché «sono venuti meno i corpi intermedi, che prima esercitavano una grande funzione mediatrice tra il potere e il popolo». Ecco, tanto per ricordare che soggetti come i partiti organizzati e i sindacati non andrebbero smaltiti come attrezzi inservibili, visto che «oggi i social network danno all’informazione sulla giustizia un impatto emotivo difficile da controllare». Sì, i partiti, la politica mediatrice.
Ci pensa però Flavia Fratello, la giornalista di La7 che modera il dibattito, a fare «l’avvocato del diavolo». E a rimbeccare il ministro proprio sulla tenuità del fatto: «Sì, d’accordo, eviteremo di consumare un procedimento penale a carico di chi per fame ruba nei supermercati. Ma come si fa a non sospettare che la legge serva anche a salvare la casta, quando vedi consiglieri regionali che mettono in nota sperse il biglietto per andare in bagno all’autogrill?». Orlando tace un attimo. Poi dice: «Quel reato ha un nome: si chiama peculato. E ha una pena massima ben superiore ai 5 anni, dunque non rientra nella legge sulla tenuità del fatto. Basterebbe che i giornali, quando ne parlano, dicessero la verità». La verità: magari.

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