Se anche un moderato e benevolo osservatore come Alessandro Fugnoli "mena" ai greci di Tsipras, bé allora veramente vuol dire che solo i nostalgici di un certo socialismo romantico ed irreale possono credere alla bontà politica degli attuali governanti della Grecia. E questo a prescindere dal giudizio, negativo per la maggioranza, della condotta del problema greco da parte delle istituzioni europee ab initio.
Del resto, come giudicarlo positivamente se dopo quasi 7 anni, e centinaia di miliardi erogati di cui con ogni probabilità non si vedrà mai la vera restituzione, stiamo ancora messi così ?
Come ripeto ormai spesso, accettando anche la famosa "ristrutturazione" del debito preteso da Tsipras e Varoufakis ( e se poi la chiedessero gli altri ? Spagna, Portogallo, Irlanda...), poi come si procederebbe ?
Ok i debiti non vengono restituiti, ma la Grecia come campa se i prestatori, che pure accettassero di vedere bruciato il passato, comprensibilmente si mostrassero restii a tirare fuori altri denari, di cui gli ellenici hanno disperatamente bisogno ? Io sono favorevole allo scenario ipotizzato dal Financial Times nel quale si immagina un finanziamento alle sole banche, non più greche ma a quel punto direttamente controllate dalla BCE, che anticipano al governo di Atene le SOLE somme prevedibili dalle entrate fiscali.
Mi si risponderà che nel mondo, Italia in primis, NESSUNO fa questo, tutti si indebitano e vivono in deficit, in qualche misura. Però, intanto non tutti hanno un debito superior al PIL, cioè a quanto producono, e comunque, per poter avere dei prestiti, poi i debiti devono essere ripagati, se no il giochino non si regge.
Buona Lettura
L’IMPERO CONTRATTACCA
Il lato oscuro della forza e la provincia ribelle
The Empire Strikes Back (malamente tradotto in Italia in
L’Impero Colpisce Ancora) è il secondo episodio della saga a sfondo
zoroastriano di Guerre Stellari. La Repubblica Galattica degenera in Impero
Galattico e conquista al lato oscuro della forza il monaco-guerriero Anakin
Skywalker, che si trasforma nel tenebroso Darth Vader. Se l’Impero è Babilonia,
Darth Vader è Lucifero, l’angelo che cade e si trasforma in agente del Male
mettendosi alla guida della lotta alla resistenza antimperiale. Nel
primo episodio gli imperiali subiscono l’offensiva dei ribelli, ma nel secondo
Darth Vader contrattacca e fa prigionieri i capi della resistenza.
La storia di alleanze, federazioni e unioni tra pari che
degenerano e si trasformano in imperi in cui il primus inter pares diventa
dominus non inizia con l’Europa, che nasce come unione tra pari a illuminata
guida franco-tedesca e degenera in un impero morbido a esclusiva trazione
tedesca.
Né la Grecia è la prima provincia ribelle che l’impero deve
normalizzare, pena la perdita fatale della sua credibilità.
Curiosamente il primo drammatico esempio storico che si
ricorda è proprio greco. La Lega di Delo, costituita nel 478 a.C., è un’alleanza tra
città e isole in funzione antipersiana. Atene ne fa parte fin dall’inizio, ma è
solo gradualmente che ne diventa egemone. Quando la Lega entra in guerra con
Sparta l’isola di Melo, per non pagare i tributi per le spese militari, si
defila dall’alleanza. Ne seguono, tra Atene e l’isola ribelle, lunghe
trattative in cui si mescolano con grande ricchezza di dottrina argomentazioni
teologiche, giuridiche e politiche. A un certo punto, però, Atene si stanca di
trattare, spiega ai Meli il concetto di Realpolitik e dà loro un ultimatum
militare. Al rifiuto dei Meli la democratica Atene procede allora allo
sterminio di tutta la popolazione maschile dell’isola e alla riduzione in
schiavitù delle donne.
Dai Romani con la Giudea, a Barbarossa coi Lombardi, agli
Stati Uniti con i Confederati fino all’Unione Sovietica che normalizza i paesi
fratelli con i carri armati a Budapest e Praga l’ultima parola nelle dispute
tra imperiali e ribelli è sempre spettata alle armi. Anche la Cina avrebbe
invaso da anni quella che chiama ufficialmente la provincia ribelle di Taiwan
se questa non fosse protetta dalle portaerei americane.
L’esempio dei Confederati nella Guerra di Secessione (o
quello della Rhodesia bianca e ribelle che dichiara unilateralmente
l’indipendenza dall’Impero Britannico per potere continuare le sue politiche
razziali suprematiste) mostra con chiarezza che l’idea romantica per cui chi si
ribella ha sempre ragione e l’impero ha sempre torto è profondamente sbagliata.
Quello che si vuole qui sostenere è semplicemente che gli imperi hanno una
certa logica e che questa logica è dettata da ragioni di sopravvivenza.
L’Europa odierna rappresenta da questo punto di vista un
grande passo avanti. Dopo avere subito da Tsipras e Varoufakis i colpi bassi di
trattative scortesi e sconclusionate, ripudio di fatto del debito e referendum
a sorpresa, Bruxelles non manda ad Atene la Guardia Nazionale (come
succederebbe probabilmente in America se il Texas si dichiarasse indipendente)
ma delega a Francoforte il compito di fare mancare ai greci nuove banconote. La
Bce, si noti, non toglie il tappo dal lavandino e vi lascia dentro tutta la
liquidità già versata (e ampiamente
prelevata dai greci con gli assalti ai bancomat delle ultime settimane). Si
limita semplicemente a riportare il rubinetto nella sua posizione normale, cioè
a chiuderlo (il rubinetto, dice il manuale, va aperto solo quando c’è da
accomodare con nuova moneta la crescita del Pil, che in Grecia non cresce).
Con questo semplice accorgimento il contrattacco imperiale
costringe il governo greco a soluzioni da socialismo reale come il razionamento
della liquidità ai pensionati che voleva tanto difendere (se da lunedì il
governo passerà alla dracma, la moneta scorrerà di nuovo abbondante, ma ad
essere razionate saranno prima o poi le merci, come a Cuba).
Il grave errore tattico di Tsipras è quello di avere tirato
troppo in lungo le trattative, rotto con i creditori e indetto un referendum
senza avere dato un’occhiata alle casse del Tesoro, svuotatesi prima del
previsto per il crollo delle entrate fiscali. Con lo stato che si vanta di non
pagare più nessuno dei suoi creditori i contribuenti si guardano bene dal
pagare le tasse allo stato, che d’altra parte non fa nulla (se non qualche
condono) per tentare di recuperare l’evasione. A pochi giorni dal voto, quando
qualsiasi governo cercherebbe di fare regali agli elettori, Tsipras si trova
costretto a togliere i soldi ai pensionati. Questo mostra per inciso che il
governo greco non ha mai voluto alzare davvero le tasse nemmeno ai ricchi (così
come non ha mai pensato di tagliare le spese militari) ma ha sempre e solo
contato, per finanziare le maggiori spese che ha in programma, sui soldi
europei o, per il futuro, sulle rotative che stamperanno le nuove dracme.
Questo errore tattico farà sì che lunedì, invece di una
possibile vittoria, Tsipras si troverà in mano una sconfitta (con dimissioni) o
una vittoria di stretta misura. In questo secondo caso, avrà lo stomaco di
avviarsi su una strada cubana? Castro, sceso in armi dalla Sierra Maestra,
ripudiò immediatamente il debito, ma dovette poi arrangiarsi da solo, fatti
salvi i pochi soldi che gli fece avere negli anni l’Unione Sovietica (mai
gratis, sempre in cambio di zucchero). Senza il petrolio che ha il Venezuela e
con l’unica entrata del turismo, la Grecia si finanzierà diventando il
divertimentificio d’Europa e aprendo casinò? Diventerà cioè, paradossalmente,
come la Cuba di Meyer Lansky e di Fulgencio Batista, quella che Castro spazzò
via?
Lunedì, in caso di vittoria di misura, Tsipras tornerà a
Bruxelles rinfrancato, ma non particolarmente forte. Se vorrà davvero rimanere
nell’euro si troverà comunque con le casse vuote, i negozi e le pompe di
benzina senza scorte e un malcontento crescente. Le borse europee perderanno
parecchio, ma se ci sarà una ripresa delle trattative si stabilizzeranno e
aspetteranno la scadenza del 20 luglio, il giorno in cui la Grecia dovrà
restituire soldi ai creditori europei.
Prima o poi i mercati rifletteranno sul fatto che Cuba, che
per mezzo secolo è stata una dolorosa spina nel fianco degli Stati Uniti, non
ha impedito la grande espansione dell’economia americana e tre lunghi cicli di
rialzo azionario.
All’inverso, in caso di sconfitta e dimissioni di Tsipras, i
creditori avranno l’intelligenza, verosimilmente, di non volere stravincere e
inonderanno la Grecia di soldi. I mercati, rincuorati dal buon dato
sull’occupazione americana, saranno in festa. Sull’eventuale rialzo saremo
quest’estate, gradualmente, venditori di Europa. Dopo le vacanze dovremo
infatti confrontarci con la fragilità del quadro politico italiano, con Marine
Le Pen che si prepara a conquistare la sua prima regione e, soprattutto, con
una Spagna che si prepara a diventare una nuova provincia ribelle, più accorta
e meno sprovveduta della Grecia.
http://www.nytimes.com/2015/07/03/opinion/paul-krugman-europes-many-disasters.html?rref=opinion&module=Ribbon&version=context®ion=Header&action=click&conte
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