Mai stato amante del ballo, figuriamoci delle discoteche. Non comprendo, non avendola praticata nemmeno da giovane, la "cultura" dello sballo. Non sono quindi portato a strapparmi i capelli per la chiusura del Cocoricò, anzi.
Al contempo però mi lasciano sempre perplesso questi provvedimenti che mi suonano presi sull'onda dell'emotività del momento. Che le discoteche siano in generale luoghi a rischio, per via della gente che le frequenta e la profonda immaturità dei nostri ragazzi non è una novità, e ogni tanto ci scappa anche il morto.
Dobbiamo restare inerti perché in fondo le vittime sono poche rispetto alle decine di migliaia di ragazzi che accettano il rischio? Ovviamente no, però nemmeno la chiusura di un solo singolo locale, quasi a sorta di monito per tutti gli altri, mi suona utile. Come in genere le misure repressive, che intervengono sempre ex post.
Per esempio, le idee preventive ipotizzate da uno dei responsabili della discoteca, quali il tampone da effettuare sui ragazzi all'ingresso, per vedere se qualcuno si è drogato prima di entrare nel locale, e una sorta di Daspo, di inibizione ai locali per coloro già coinvolti in imputazioni di spaccio potrebbero essere un buon deterrente.
Almeno si potrebbe provare.
«Il Cocoricò sottoposto a processo sommario. E ora rischia il crac»
Conferenza stampa di Luigi Crespi e Fabrizio De Meis: «Il provvedimento è una resa generale al problema della droga. Daspo e tampone per battere gli spacciatori»
(Ansa)
Il questore ha fatto un processo sommario a dieci anni di attività del Cocoricò: 120 giorni di stop in questa stagione significa che la discoteca è chiusa per sempre. È una resa generale al problema della droga. Senza una legge non chiuderà solo il Cocoricò, chiuderanno tutti locali d’Italia».
«Cambiamento»
All’hotel Griffe di via Nazionale, a Roma, il general manager Fabrizio De Meis (che è anche uno dei cinque proprietari) e il portavoce della società, Luigi Crespi, lanciano l’allarme: la chiusura disposta in seguito alla morte, lo scorso 19 luglio, del 16enne di Città di Castello Lamberto Lucaccioni, ucciso da un’overdose di ecstasy, potrebbe condurre la discoteca di Riccione (200 dipendenti) al fallimento.
Infatti
il fatturato dell’ultimo anno si è aggirato sui 3,5-4 milioni e quindi
lo stop «comporterà una perdita di utili per 1,5-2 milioni», spiega il
general manager. Una sorte immeritata - sottolinea Crespi - perché se è
vero che il club «è stato in passato il simbolo della trasgressione,
con l’avvento di De Meis tre anni fa c’è stato un forte cambiamento».
«La nostra lotta alla droga»
Nel
suo provvedimento il questore di Rimini, Maurizio Improta,ricorda i
morti legati allo «sballo» e anche due diffide ricevute dal locale per
«spettacoli osceni», l’ultima ad agosto 2014. Ma Crespi sostiene che
De Meis «ha cercato di trasformare il Cocoricò, prima discoteca in
Italia e sedicesima nel mondo, in un baluardo del divertimento sicuro e
della lotta alla droga. Tutto ciò che è consentito per combattere lo
spaccio è stato fatto: telecamere all’interno e all’esterno della
discoteca, circa cento vigilantes che collaborano con forze ordine e
hanno contribuito negli ultimi anni a centinaia di arresti».
«Gli spacciatori altrove»
Adesso
il club farà ricorso al Tar. Forse vincerà, forse no. Se il Cocoricò
resterà chiuso, pronostica Crespi, i pusher si «sposteranno altrove».
Se invece riuscirà a rimanere aperto il problema dello sballo in
discoteca sarà solo rinviato. In ogni caso, sottolinea De Meis, il
significato della vicenda è quello di «una resa generale al problema
della droga: noi ci impegneremo per primi, ma anche i politici ne
prendano coscienza».
Daspo e tampone
La
questione, per chi guida il club romagnolo, è un’altra. Dice Crespi:
«Se la legge non consente ai locali di avere gli strumenti adatti per
combattere la droga, gli spacciatori continueranno a esistere». De Meis
due proposte ce l’ha («Anche avanzate nel corso di un’iniziativa
parlamentare», ricorda). Una deriva dal mondo del calcio: Daspo per
vietare l’ingresso a chi ha precedenti per stupefacenti. L’altra
riguarderebbe tutti i clienti, che sarebbero sottoposti a un tampone
per controllare se abbiano assunto droghe fuori dalla discoteca, come
Lamberto e chissà quanti altri ragazzi: se sì, ai cultori dello sballo
verrebbe impedito l’ingresso nel locale.
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