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lunedì 21 settembre 2015

TSIPRAS VINCE, NONOSTANTE TUTTE LE GIRAVOLTE, PERO' I GRECI NON BALLANO PIU'

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Questa estate ho conosciuto una coppia di simpaticissimi coniugi, amici di amici comuni, che, ai miei occhi, avevano un unico difetto : essere ideologicamente di sinistra radicale.
Come sa chi legge un po' il Camerlengo, il mio fiero anticomunismo non si traduce in una ostilità alla sinistra "tutta", concependo invece un dialogo con quella veramente riformista, ancorché poi restino diverse le priorità di una società in cui vivere. Per i liberal, i socialdemocratici, i laburisti in salsa blairiana, comunque la bilancia deve pendere di più  (la misura poi varia anche a seconda del leader del momento) sul lato dell' "uguaglianza", della "redistribuzione", del welfare. Per noi liberali, anche qui con intensità diverse, libertà individuali, merito, uguaglianza dei punti di partenza MA NON di arrivo, sono preminenti, ancorché non esclusivi (cosa che invece è prerogativa dei liberisti puri e, forse, ancora più per i "libertari", che arrivano a propugnare una sorta di "anarco capitalismo"). 
C'è invece una sinistra nostalgica, che ancora tiene in camera i manifesti di Che Guevara con su scritto "Hasta la victoria siempre", che si commuove ad ascoltare gli intillimani, che, pur vivendo nell'agio, dedica sempre un pensiero al pueblo oppresso. 
Ecco, questi due appartenevano un po' a questa tipologia. Persone, ripeto, simpatiche e squisite, ma in politica ottenebrate da questo virus.
In particolare, la donna era una vera Pasionaria, e ricordo arringhe infuocate alla vigilia del referendum greco, quello famoso dell'OXI all'austerità euro-germanica, con euforia a mille il giorno dell'esito. Idealmente, anche lei si univa ai tanti greci festosi e danzanti nelle piazze greche a salutare la vittoria del NO ! 
Sono passati meno di tre mesi, sembrano più di tre anni...
Dopo quel referendum Tsipras si è rimangiato il programma elettorale del gennaio 2013, quello che portò la prima vittoria di una Syriza però molto diversa, ha accettato, dai potentati europei, un memorandum politico economico, senza il quale niente aiuti finanziari, più duro di quello che era stato rifiutato per via referendaria, il suo partito si è spaccato, con tanto di scissione (non particolarmente dannosa in chiave elettorale, il che dovrebbe far meditare con attenzione le altre sinistre radicali europee, italiche in primis ). 
Di fronte ad uno scenario così radicalmente mutato, giustamente Tsipras ha riportato il paese alle urne. In Democrazia si fa così, e infatti da noi l'istituto, dal 2011, è in uno stato di prevalente quiescenza...
Certo, si osserva che gli è convenuto farlo subito, prima che gli effetti della nuova stretta iniziassero a mordere ancora di più i greci, ma resta che fosse la cosa giusta da fare.
Tsipras, che ha cambiato tante carte in tavola, tanto da subire la scissione di quelli di Unità Popolare, con il memorandum approvato solo con l'aiuto dell'opposizione, aveva bisogno di un nuovo mandato popolare.
L'ha chiesto e lo ha ottenuto. 
Anche stavolta dovrà governare con gli strani alleati della destra indipendentista (anche loro in difficoltà con lo spiegare ai propri elettori l'acquiescenza ai must europei), ma ha evitato la grande coalizione con i conservatori. Consolazione non so quanto grande, visto che poi l'agenda la dettano altri da Atene...
C'è poi forse la soddisfazione della estromissione dal parlamento degli scissionisti, e qui la scommessa si è rivelata più vincente.
I greci, piuttosto che Unità Popolare, hanno preferito, per manifestare la loro delusione,  non votare proprio, disertando per quasi la metà i seggi.
Tsipras vince di nuovo, ma nessuno in Grecia balla più.
Figuriamoci i suoi ex tifosi italiani.


Il Corriere della Sera - Digital Edition

LE DUE VITE DEL PREMIER


di Federico Fubini

Ieri una vignetta su Kathimerini mostrava Tsipras in un lago di sudore, seduto nel letto. «Che incubo», confessa alla moglie, «ho sognato che vincevo un’altra volta».
DAL NOSTRO INVIATO ad Atene 

Ieri sera quello scenario si è imposto su un’Atene stranamente stordita come un’indiscutibile realtà. Tsipras si è salvato ancora, tornerà premier. Le notti insonni, quelle vere, lo aspettano quando dovrà usare il suo nuovo potere per realizzare un programma europeo di riforme al quale lui giura di non credere minimamente. Il premier per ora è al sicuro nel suo palazzo, la Grecia no.
Forse è per questo che ieri sera su Atene è sceso quel silenzio irreale, la sola novità di un rito delle urne che per il resto è andato come sempre: Tsipras ha puntato tutto sulla roulette delle elezioni, ed è uscito vincente. Due mesi fa i sostenitori del giovane leader greco avevano ballato fino a notte in piazza Syntagma, festeggiando il trionfo del «no» nel referendum contro l’austerità, senza sapere che il loro leader stava per firmare a Bruxelles un accordo ancora più duro.
Nove mesi fa le piazze si erano riempite di bandiere per il primo trionfo della sinistra radicale alle politiche, prima che ogni singolo punto del programma con cui Tsipras e Syriza si erano presentati venisse totalmente disatteso. Ieri invece la capitale greca era gravata da un’immobilità opprimente: solo un’altra serata di caldo e recessione, e per Syriza un altro risultato identico a nove mesi fa, sulla base di un programma perfettamente opposto.
Non ha ancora dimostrato di saper governare, Alexis Tsipras, ma ha capito un segreto delle democrazie europee di questo secolo: a volte gli elettori stabiliscono un rapporto personale con i leader, più che un rapporto politico con i loro programmi. Nella misura in cui la Grecia è un laboratorio, il suo leader è la prova vivente di questa nuova realtà. Tsipras aveva fatto campagna per la fine dei sacrifici, ma ora dovrà gestire l’aumento delle tasse sugli immobili e sulle imprese, maggiori prelievi su tutti i pensionati, aliquote più alte sulle imposte indirette e il rinvio dell’età della pensione. Aveva promesso il ritorno alla crescita, ma si è presentato alle elezioni di ieri in una Grecia molto più prostrata di nove mesi fa, con vincoli e controlli bancari che tormentano decine di migliaia di imprese. Tsipras si era anche impegnato a sconfiggere gli «oligarchi» (persino negli ultimi comizi), ma ha portato la famiglia in vacanza nella villa di un grande armatore a Capo Sunio, facendo la spola con l’ufficio di Atene tutti i giorni in elicottero. E aveva giurato lotta alla corruzione, eppure il suo ministro, mentore e fedelissimo Alekos Flabouraris si è fatto coinvolgere in uno scandalo con la sua impresa di costruzioni.
Risultato: dopo questo colossale slalom fra parole e realtà, Tsipras ha rivinto. Quasi con le stesse percentuali di prima. Grazie alle sue promesse, ai sorrisi e anche ammettendo «errori» e ventilando un presunto «programma parallelo» di sostegno ai greci accanto al programma europeo, è riuscito a capitalizzare ancora una volta sul disgusto dei greci per tutta la classe politica.
Per il lui il difficile inizia adesso, in questa seconda vita da premier. Tsipras di fatto ha neutralizzato la scissione a sinistra del gruppo di «Unità popolare» contrario all’accordo con l’Europa, perché quello resta fuori dal Parlamento. Ma dentro Syriza sopravvive un «gruppo dei 53» assolutamente avverso alle misure che servono alla Grecia per mantenere aperta la linea di credito con il resto d’Europa. Il premier proverà a gestire la sua maggioranza con l’arma più efficace a sua disposizione: la minaccia (implicita) di trasformare i parlamentari in disoccupati, nel caso si vada a una nuova crisi politica. Nella Grecia di oggi pochi possono permettersi di rinunciare allo stipendio annesso a un seggio nell’aula di piazza Syntagma (in Italia non sembra molto diverso...NdC).

Ma esattamente come nove mesi fa, Tsipras avrà bisogno di un alleato o due per garantirsi la maggioranza. Appare plausibile che decida ancora una volta di cercare i voti che gli mancano nella destra radicale e nazionalista dei Greci Indipendenti: un’altra forza assolutamente contraria alle riforme, fino a due mesi. Con questa formazione, il premier si preparerà a fare tutto ciò che i governi creditori impongono e lui aveva sempre rifiutato: privatizzazioni, un’amministrazione tributaria severa e indipendente, mercati aperti e non più riservati solo ai soliti esponenti dei salotti ateniesi, un bilancio fondato su una pesante pressione fiscale, e tagli di spesa. Senza tutto questo, non arriveranno nuovi prestiti dall’Europa, le banche non funzioneranno mai in modo normale e la Grecia resterà in agonia, fino alla prossima crisi sociale, politica o finanziaria.
Il suo programma di nove mesi fa, Tsipras lo ha accantonato in modo brutale.
Quanto possa o voglia prendere sul serio quello della sua seconda vita, probabilmente oggi non lo sa neanche lui.
 

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