Sugli episodi di Bologna, dove un pugno di giovanotti nostalgici dei bei tempi che furono (il '68, ma ancora di più l'anarcoide e confusionario '77) hanno impedito al Professore Angelo Panebianco di tenere lezione perché colpevole di mandare messaggi guerrafondai, si esprime anche Adriano Sofri.
E sono parole, le sue, da conservare nella pietra.
La
contestazione mancata
di ADRIANO SOFRI
Non so
abbastanza dell'episodio bolognese di "contestazione" di Panebianco e
della sua occasione, mi informerò. Probabilmente i giovani che l'hanno
"contestato" sono bravissimi. La tragicommedia sta qui, in una
temperie culturale grazie alla quale persone bravissime si impegnano con
generosità a sostenere posizioni orrende. Non ricorderò di nuovo le
mobilitazioni per impedire che gli aerei della Nato decollassero dall'Italia
per metter fine all'assedio di Sarajevo o al mattatoio di Srebrenica, però
ricorderò di nuovo lo slogan "No alle bombe" inalberato con piena e
compiaciuta convinzione dai pacifisti italiani nel momento in cui finalmente
gli aerei americani si levavano in volo per arginare l'avanzata dell'Isis sul
monte Sinjar e impedire il completamento di sterminio e schiavizzazione di
yazidi e cristiani.
Bravissime persone -un tantino vanitose, certo.
Quella roba
là la chiamano avversione alla guerra: è una complicità attiva con un
genocidio.
Alle persone bravissime che pensano di amare la pace e pensano che
gli altri amino la guerra bisogna chiedere che cosa farebbero, che cosa hanno
fatto, quando il loro prossimo veniva sterminato all'ingrosso.
Io sono un uomo
all'antica, continuo a non scandalizzarmi per l'interruzione di una lezione
universitaria. Di più: ho aspettato per cinque anni che dei ragazzi bravissimi
interrompessero una lezione o qualsiasi altra solennità con uno striscione che
ricordasse che in Siria persone stavano venendo trucidate lungo cinque anni,
fino ad ammontare forse a 270 mila, forse a 450 mila, interessante dilemma
accademico.
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