Arturo Diaconale è un leader dell' opinione liberale in senso ampio. Cioè lo è della cultura di questa parte politica e lo è dello storico giornale che da decenni ospita il pensiero e le riflessioni di coloro che qui si sentono a casa.
Peraltro, la galassia "Liberale" è, se possibile, variegata e polemicamente divisa anche più di quella definita "Sinistra", e questo veramente è incredibile ma purtroppo vero.
Se questa è la triste realtà dei liberali, figuriamoci se ci spostiamo al centro destra, che per venti anni ha messo dentro anche la destra sociale di AN e quella cosa strana, mista di libertà e protezionismo, che è la Lega. Oggi questa destra, che ha i suoi leader nella Meloni e in Salvini, sembrano guardare al lepenismo, col suo spiccato antieuropeismo, mentre i liberali sono sostanzialmente orfani, con Berlusconi (che poi liberale probabilmente lo è più a parole che a fatti) ormai in fase di pensionamento ( a settembre sono 80, non pochissimi, e poi vissuti intensamente, in tutti i sensi e campi).
Le elezioni romane mostrano in modo lampante queste divisioni - a Milano non accade - e Diaconale spiega perché la recente svolta di Forza Italia, che "ritira" il proprio candidato, Bertolaso, per sostenere Alfio Marchini sia una buona cosa.
Io che Marchini sia un campione liberale non lo sapevo, francamente. Vorrà dire che cercherò di seguirlo con più attenzione, ma al momento non sono tanto convinto.
Buona Lettura
Salvini e Meloni
ringrazieranno
ringrazieranno
di Arturo Diaconale
30 aprile 2016EDITORIALI
Può essere che la decisione di Silvio
Berlusconi di puntare su Alfio Marchini a Roma sia stata causata
dall’aggressione verbale compiuta da Matteo Salvini alla sua persona, alla sua
famiglia ed alle sue aziende. Ma è certo che la reazione del Cavaliere è destinata
ad avere una serie di effetti politici che probabilmente il leader leghista non
aveva calcolato adeguatamente.
Il primo, che secondo alcuni sarebbe
l’unico messo machiavellicamente in conto da Salvini, è l’azzoppamento della
candidatura di Giorgia Meloni ed il ridimensionamento della speranza della
leader di Fratelli d’Italia di sfruttare la campagna elettorale capitolina per
mettersi al livello di Salvini nella diarchia che dovrebbe guidare a livello
nazionale un centrodestra a trazione lepenista. Con Marchini in pista le
speranze della Meloni di arrivare al ballottaggio sono diminuite e con esse si
è ridotta (se non scomparsa del tutto) la prospettiva di seguire l’esempio di
Gianfranco Fini, che perdendo per un soffio con Francesco Rutelli consacrò il
proprio ruolo di leader nazionale della destra di governo sdoganata da
Berlusconi.
Il secondo effetto, anch’esso calcolato
male da Salvini, è che la mossa di Berlusconi non ha assunto il significato di
un ritorno al passato (con Alfano, con Fini) per una ripresa del Patto del
Nazareno, ma ha subito preso il significato politico di una operazione tutta
nuova di rigenerazione dell’area moderata del centrodestra all’insegna di quei
valori popolari, liberali, garantisti e soprattutto civici impersonati da Alfio
Marchini.
Naturalmente questo tratto di novità
contenuto nella decisione del Cavaliere dovrà essere confermato, mantenuto ed
evidenziato evitando accuratamente da parte di Berlusconi e dello stesso
Marchini di tirare fuori le fotografie del passato e di insistere soprattutto
sui tratti innovativi dell’operazione. Ma se l’ingegnere riuscirà a tenere a
bada gli aspiranti al solito riciclo insistendo sul civismo inteso come valore
fondante di un nuovo progetto politico per Roma, l’operazione capitolina diventerà
il modello nazionale per un centrodestra rinnovato ed a trazione non populista
ma popolare, liberale e garantista.
Salvini era convinto che a Roma avrebbe
potuto sbarazzarsi definitivamente della leadership di Berlusconi e conquistare
il bastone del comando di un centrodestra totalmente lepenizzato. Il disegno
non si è realizzato. E, paradossalmente ed anche se al momento non lo
riconoscerà mai, è una fortuna anche per lui.
Perché quel centrodestra
lepenizzato non avrebbe mai potuto essere una credibile alternativa di governo
alla sinistra di Matteo Renzi e, anzi, sarebbe stato per l’attuale Premier la
garanzia assoluta di rimanere a Palazzo Chigi per i prossimi dieci anni senza
bisogno di fare nuovi Patti del Nazareno con nessuno.
La mossa di Berlusconi può mettere in
condizione il centrodestra di tornare ad essere alternativo a Renzi. Salvini e
Meloni ringrazieranno!
Nessun commento:
Posta un commento