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lunedì 4 aprile 2016

SU ASSAD "LIBERATORE" DI PALMIRA, NON TUTTI HANNO LA MEMORIA CORTA

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Nei giorni in cui tutti sono festanti per la liberazione di Palmira, la città gioiello purtroppo conquistata dall'Isis un anno fa e mutilata dal nihilismo fondamentalista dei fanatici del Califfato, c'è qualcuno che si ricorda che i "liberatori" saranno sicuramente migliori degli invasori, ma non precisamente delle colombe.
Adriano Sofri è tra questi, che non dimentica mai di rammentare come all'origine del disastro siriano non ci sia l'Isis ma la sanguinaria repressione di Assad del popolo siriano. Nel caos della guerra civile, si è ben inserito lo stato islamico, che già aveva approfittato di quello parallelo e confinante in Iraq.
Oggi leggo che, lodevolmente, anche Pierluigi Battista dà prova di buona memoria.
La curiosità è che il suo bel pezzo sul lager dell'autocrate di Damasco viene postato nella sua rubrica settimanale, che è collocata nelle stessa pagina che ospita quella di Sergio Romano, che cura la corrispondenza coi lettori.
Sarebbe interessante un confronto tra i due opinionisti della stessa testata, con l'ex ambasciatore infarcito di una real politik spinta fino al più indigesto cinismo e l'ex direttore meno disponibile a dover ogni volta digerire bocconi amarissimi in nome del "male minore".
Buona Lettura





Palmira «liberata» e il lager di Assad

di Pierluigi Battista

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Certo, finalmente i fanatici devastatori in fuga, il ricordo amaro del tesoro archeologico violentato, l’orrore di un eroe dell’umanità e della cultura come Khaled Assad decapitato, impiccato, il corpo esibito come un trofeo dagli assassini dell’Isis. Ma «Palmira liberata»? «Liberata», davvero? Sicuro che i monumenti di Palmira siano stati restituiti al mondo grazie a truppe armate che possono essere definite «liberatrici»?
«Liberatore» l’esercito di Assad che ha trucidato in questi anni oltre 200 mila siriani, una strage infinita non nella guerra contro l’Isis ma in quello contro il proprio popolo, da Aleppo a Damasco? «Liberatore» chi ha fatto uso del gas per punire i siriani che dissentivano?
Chiamiamoli «alleati», se proprio ci regge lo stomaco a definire così gli uomini armati di un massacratore seriale.
Diciamo che il realismo politico ci costringe a tacere sugli orrori della tirannia di Assad, perché la lotta contro quello che identifichiamo come il male maggiore deve mettere il silenziatore sulle azioni terribili di cui si è macchiato il male minore. Ma «liberata», «liberatori», «forze liberatrici», forse è un po’ troppo.
Guardiamo i monumenti di Palmira, ma quella parola, «liberata», pronunciamola con un certo pudore.
Chissà cosa pensano dei «liberatori» di Palmira le migliaia di prigionieri sopravvissuti al lager sotterraneo di Tadmur, nome arabo di Palmira. Un posto da incubo dove gli aguzzini di Assad hanno praticato per anni ogni genere di tortura (pare che quella definita «sedia tedesca» fosse la specialità della casa) sugli oppositori del regime. Un luogo infernale circondato dalle fosse comuni dove sono ammassati i cadaveri dei prigionieri uccisi dopo la tortura, le sevizie, le botte, gli atti di sadismo quotidiano che hanno reso quel nome, Tadmur, sinonimo di ogni orrore e disumanità.
Un luogo terrificante, chiuso dopo anni di onorata attività sterminatrice nel 2001 ma che Assad ha riaperto nel 2011 per prendere in custodia chi aveva deciso di ribellarsi, ben prima della comparsa dell’Isis.
Tadmur: dire questo nome in Siria fa correre un brivido nella schiena a chi, sopravvissuto alle sue nefandezze o parente di carcerati ammazzati, serba un ricordo indelebile delle atrocità di quel luogo. E allora «liberata» proprio no, per ricordo degli uomini che, a differenza dei monumenti stuprati dall’Isis, non verranno restituiti al mondo dei vivi.
I nostri «alleati», certo, ma con molta vergogna .

 

 

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