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venerdì 6 maggio 2016

NON CI SONO PIU' LE CROCEROSSINE DI UNA VOLTA. LA FUGA DI FRONTE AL MALE : DISERZIONE O SOPRAVVIVENZA ?

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Arriva con la moto, scende, si toglie il casco.

"Ohi che brutta faccia che hai" lo apostrofi scherzando.
Mario si avvicina  e con occhi cupi ti fa
"Sto male"
" Ti vedo" replichi serio, stavolta.
E lui crolla.

Avete mai assistito ad un attacco di panico ? A me non era capitato.
Fa impressione. Un uomo adulto che piange a singhiozzi, disperato e terrorizzato, che ti dice, a tratti ti urla, "ho paura" "sto male".  Ti afferra le mani, trema, a volte ti abbraccia chiedendoti scusa perché, pure nel dolore e nel panico che lo morde, a tratti si rende conto della difficoltà in cui ti mette.
Brutto, vederlo. Figuriamoci viverlo, provarlo.

Poi arriva quell'altra frase, parimenti disperata : "come faccio a tornare a casa, a farmi vedere così da mia moglie e mia figlia".
Già, perché c'è anche questo. Quel tormento non è solo tuo, ma anche di chi ti sta a fianco.

Io ammiro incondizionatamente e sconfinatamente quelle persone, a volte anche giovani, che vedo spingere una carrozzella che porta il compagno/a evidentemente affetto da paralisi. Mi verrebbe da fermarmi per congratularmi, per dire loro quanto li ammiro, quando mi colpisce un amore così grande.

Perché non è così facile trovarlo.

Provocatoriamente il titolo di questo post è che non esistono più le infermiere di una volta, quelle donne votate al sacrificio, quelle celebrate in film degli anni 50/60 dove la frase cult era "io ti salverò".
Da oltre oceano abbiamo importato, insieme al rock, alle libertà più ampie e varie, al benessere consumista, la pretesa della FELICITA'.  Gli americani ce l'hanno addirittura messa in Costituzione, ed è strano che renzino, visti tutti i ritocchi (41?) immaginati, non abbia pensato a questo, retorico e guascone com'è.
La felicità ci spetta. Come si sia arrivati a questa assurdità, ignoranti evidentemente della storia, della antropologia, della natura umana, non si sa, però questo è.
Ovviamente, aver posto l'asticella così in alto ci condanna al fallimento, e alla conseguente frustrazione che si trasforma in nevrosi, status che percentualmente ci affligge pressoché tutti, in misura più o meno avvertibile. Quando va male però, le cose peggiorano, e si rischia la psicosi.
Per evitare di sconfinare, meglio affidarsi a dottori bravi - psichiatri decisamente meglio degli psicologi - e accettare, del caso, la terapia farmacologica.
Sembra la fiera dell'ovvio ma non lo è.
Chi è afflitto dai mali di questo tipo, ha come reazione tipica il rifiuto delle cure, specie quelle tramite medicinali.  "Io quella merda non la prendo" è la reazione più tipica e più autolesionista.
Inizia così una guerra col curante, con medicine che si prendono nei momenti di dolore insopportabile ma che si diminuiscono non appena il cane non morde più.
Ovviamente quello torna poi a dilaniarci le carni...
All'infinito, così.
In tutto questo ci sono le vittime collaterali, che sono i familiari stretti.
Il compagno/a per primo, perché è sottoposto ad un doppio disagio.
Da un lato, la sofferenza nel vedere la persona a cui si vuole bene stare così male senza poter fare granché, dall'altro, col tempo, la stanchezza, che lentamente istilla un desiderio di fuga.
Tu stai male, tu sei condannato ad una vita infelice, io perché devo andar giù con te ?
E' un pensiero ovviamente brutto, che può facilmente risvegliare sensi di colpa, ma allo stesso tempo presente e tanto più rafforzato dall'assistere alle condotte non collaborative del malato.
E già perché se stai male non hai colpa - e bisogna vedere, perché nella società del benessere e della felicità mica è detto che non lo sia... - ma se poi non ti metti in riga, e fai tutto quello che puoi per stare meglio, per esempio sospendendoti o diminuendo di tua iniziativa i farmaci, ebbé colpa ce l'hai eccome.
A volte, questi malati si accorgono, percepiscono la stanchezza, l'esasperazione di chi gli sta accanto (del resto questa a volte è assai palese) , temono, non senza ragione, che l'amore non sia sopravvissuto al male, e che l'unica "arma" rimasta per tenere legata a sé la persona è proprio il loro non guarire mai. 
"Come potrà mai abbandonarmi se sto così" ?
La letteratura e la cinematografia sono pieni di soggetti siffatti, ma per lo più passati.
Oggi non rischierei.

Approfittando dei prevalenti momenti di lucidità - per fortuna i picchi sono sì brutti e intensi, ma finiscono, e per diverso tempo si è normali - io ho provato a fare questo ragionamento :
"certi mali devono essere vissuti come il diabete, la pressione alta...bisogna accettare di curarsi a vita. In questo modo le possibilità di vivere a lungo e abbastanza bene sono buone.  Questo duello rusticano col dottore curante e gli psicofarmaci ("io mica sono pazzo !!" è il grido di battaglia, ma non c'entra, è solo un pregiudizio, diffuso ma stupido) porta invece nel burrone.
E chi può, salta fuori prima.
Non ci sono dunque più le crocerossine di una volta, ma in fondo è anche giusto così.
"Aiutami ad aiutarti" ha un suo perché. E se non accade, bé, non si si potrà accusare di tradimento chi, ad un certo punto, getta la spugna.


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