Lo ammetto subito, prima che me lo obiettino gli amici lettori, sono consolazioni assai piccole, però umanamente ci stanno.
Parlo del gigantesco flop elettorale dei verdiniani di Ala.
Oddio, non che avessi alcun dubbio al riguardo, ché era facile da prevedere l'inconsistenza elettorale di gente simile, ma, così come a suo tempo potetti godere dello sfascio dei finiani, dei montiani di scelta civica, degli alfaniani ( che restano faticosamente a galla per l'unione con gli ex di Casini), è sempre bello vedere confermate le proprie previsioni-auspici.
Verdini e i suoi sono l'esatta, speculare continuazione dei tanto vituperati Scilipoti e Razzi : gente che cerca di tenere attaccata la canna del gas della legislatura, nel terrore - per fortuna fondatissimo - di non essere rieletti. Si tratta di un panico diffuso, che se non ci fossero loro, vedreste quanti peones dell'opposizione, anche tra i grillini, nel segreto dell'urna, sosterrebbero il governo. Ma a questi qui chi gliela ridà l'occasione di fare il parlamentare della repubblica ?? Già gli aboliscono il Senato, e 300 posti vanno via ( i 100 senatori rimasti vengono cooptati in altro modo, quindi le poltrone saltano comunque per gli attuali sedenti) , e poi, a parte gente come DI Maio, Di Battista, Fico e pochi altri, che qualche visibilità se la sono data, per gli altri poveracci ??
Un cinico come Renzi (ma questa non è una colpa, in politica non è possibile non esserlo) raccatta tutto, ma finché gli serve.
Ecco, in Parlamento, OGGI, Verdini serve. Fuori no, anzi fa danni.
Quindi, lo scambio secondo me resterà chiuso in questi confini : tu Verdini mi dai una mano al Senato, e io ti prometto che fino al 2018 potrai continuare a fare il parlamentare, evitandoti pure il rischio di improvvide iniziative manettare di qualche procura, ma poi, alle elezioni, scordati alleanze di qualche tipo, che tu voti non ne porti (comunque meno di quanti ne togli).
Ingratitudine ? Bè, a me ha fatto sorridere l'avvertimento che Berlusconi avrebbe dato al suo ex plenipotenziario, definendo Renzi "cattivo", probabilmente volendo evidenziare che l'uomo non è quello che è solo perché la politica è roba dura per duri, ma proprio perché "c'è". Però parlare di gratitudine in questo campo è veramente pretendere troppo.
Bello le rare volte che si vede, ma non pretendibile.
Resta la buona notizia del flop verdiniano, e della rosicata renziana.
E Renzi disse a Lotti:
bei frutti l’alleanza con Denis
bei frutti l’alleanza con Denis
Verdini: «Non alziamo polveroni, ma potevamo noi
risolvere i problemi del Pd?»
di Francesco Verderami
Quando l’ha visto entrare, domenica notte, Renzi ha cercato
il suo sguardo: «L’alleanza che avete fatto non ha dato grandi frutti». «Non è
così, aspetta e vedrai», gli ha risposto Lotti senza alzare gli occhi. Renzi ha
aspettato che gli exit poll diventassero proiezioni, poi che le proiezioni
diventassero voti effettivi, e l’indomani — preso atto delle sconfitte a
Cosenza e soprattutto a Napoli — ha provato a lasciare i cocci rotti agli
altri. Forse a Lotti, di sicuro a Verdini, difeso pubblicamente subito prima
delle Amministrative e scaricato pubblicamente subito dopo le Amministrative,
con una brutalità che deve aver fatto ricordare al leader di Ala il giudizio
pronunciato una volta da Berlusconi sul «giovane Matteo»: «Denis, è cattivo».
La gratitudine
È vero che in politica la gratitudine è il sentimento della
vigilia, e infatti Renzi fu grato a Verdini nei giorni in cui al Senato si
rivelò determinante per l’approvazione della riforma costituzionale,
dell’Italicum e della legge sulle unioni civili. Ma scaricarlo così per le
sconfitte di Guccione e soprattutto della Valente, è parso un modo per
caricargli (quasi) per intero la responsabilità del tutto. «Dovevamo risolvere
noi i problemi del Pd?», si è chiesto ieri l’ex plenipotenziario del Cavaliere.
E la domanda era ben posta a guardare i numeri di Napoli, dove i Democratici
hanno preso meno del 12% e la candidata sindaco meno dei voti delle liste,
«spostati da Bassolino — questo il sospetto — verso De Magistris». Risultato:
Renzi commissaria il suo partito a Napoli e congeda il suo alleato a Roma. Se
congedato o congelato sarà questione da verificare, perché una parte
dell’intendenza democratica giura che il capo non abbia intenzione di allearsi
con Ala alle prossime Politiche, mentre un’altra parte dell’inner circle
renziano sostiene che il premier abbia deciso di prendere plasticamente la
distanze da Verdini per riconquistare i voti di sinistra in vista dei
ballottaggi a Roma, Torino e soprattutto Milano. Ma le Amministrative non erano
solo «una questione di sindaci»? E come mai non era stato valutato l’impatto
del patto elettorale con Verdini?
L’aggregazione
Sono problemi che dovrà sbrigarsi «Matteo», siccome «Denis»
ha già i suoi, dopo che l’uno virgola conquistato nelle urne ha decretato
l’esilio (si vedrà se temporaneo o definitivo) dai territori di palazzo Chigi.
Il punto è che la distanza imposta da Renzi mette in crisi il progetto politico
e parlamentare di Verdini, che per mesi ha sviluppato il piano: aggregare pezzi
della diaspora berlusconiana nel Paese e agganciare altri parlamentari
berlusconiani nel Palazzo, così da costruire una forza da portare in dote al
premier, guadagnandosi un ruolo e uno spazio in maggioranza e nel governo. A
spese di Alfano. Un’operazione in grande stile, non c’è dubbio, costruita di
pari passo con l’avvicinamento al referendum costituzionale, e fondata anche su
basi culturali. Da tempo l’ex presidente del Senato Pera sta redigendo un
«manifesto dei valori liberal-democratici», che spazia dai temi della giustizia
a quelli della riforma dello Stato e della pubblica amministrazione. Al testo
collaborano alcune personalità del mondo accademico che in passato orbitarono
nel berlusconismo.
Il manifesto
Un lavoro scientifico ma dalla valenza politica, perché una
firma in calce al manifesto, magari posta in comune dal capo di Ala e dal
segretario di Scelta Civica Zanetti, sarebbe un primo passo verso il gruppo
unico, equivarrebbe di fatto all’ingresso di Verdini nell’esecutivo da «socio
interno». Ma l’esito del test elettorale e le parole di Renzi sono stati come
uno scarabocchio sul progetto. Non è casuale la nota con cui ieri Ap ha
ricordato che alle Amministrative le liste «Popolari» hanno ottenuto in media
il 3,2% nei capoluoghi andati al voto e il 5,2% nei comuni sopra i quindicimila
abitanti. Come a ribadire chi ha vinto il derby. Serve tempo a Verdini per
riorganizzare le idee, per questo ha inviato un sms a tutti i suoi
parlamentari, con l’invito a pensare e a non parlare, «per evitare di alzare
inutili polveroni». Ma l’idea di essere trattati dal premier come un limone da
spremere e un succo da non bere, induce quantomeno alla riflessione: «Perché se
noi per caso ci allontaniamo un attimo dall’Aula — spiega D’Anna — a palazzo
Madama chi lo garantisce il numero legale?». Il senatore di Ala - pur senza
farne cenno — sembra invitare anche il premier alla riflessione. Renzi però in
questi giorni fa il segretario del Pd, ci sono le Amministrative. E da
segretario del Pd ha detto che «c’è sempre Berlusconi». Difficile pensare a una
semplice carineria, difficile arrivare a una clamorosa rappacificazione: ma un
tentativo di captatio verso l’elettorato forzista può servire. Ci sono le
Amministrative.
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