Sarà che tra un anno ricorrerà il centenario della storica dichiarazione di Lord Balfour, quella che creò le premesse per il popolo ebraico di avere un focolare in terra di Palestina , sarà, come ipotizza Frattini, che l'uomo è a corto di idee per rilanciare la sua figura come leader dei palestinesi, però sicuramente l'iniziativa appare bizzarra, ancorché ormai nulla può più sorprendere del tutto.
Mi riferisco alla notizia secondo la quale Abu Mazen, capo di quello che resta dell'Olp, avrebbe annunciato una possibile richiesta risarcitoria nei confronti della Regina di GB per quell'improvvida esternazione, fatta nel non vicinissimo 1917.
Ora, ognuno ha le sue idee in ordine ad Israele, alla sua esistenza, al conflitto arabo israeliano. Sicuramente, se chiedete a Di Battista e company, vi diranno che quella di Abu Mazen è una grande idea, magari facendovi capire che gliel' avrebbero suggerita loro, se li avessero fatti transitare da Israele per recarsi in Palestina, come avevano in programma, nonostante gli fosse stato chiaramente spiegato che non sarebbe stato consentito questo tipo di passaggio.
Però questa cosa dei "risarcimenti" a distanza di decenni quando non di secoli suona veramente un po' folle.
Frattini, nel commentare il tutto, ironizza chiedendo a quando l'Egitto, che si sarebbe già mosso per i danni subiti sotto l'impero ottomano (immaginatevi Erdogan...) e il protettorato britannico, potrebbe avanzare richieste risarcitorie anche nei confronti degli israeliani. E che ve le siete scordare le dieci piaghe ?
Speriamo che la cosa non prenda troppo piede, perché noi Romani, nei 1000 anni di impero, qualche massacruccio in giro, oltre a costruire strade, ponti ed acquedotti, lo abbiamo fatto.
l’eredità della storia
Balfour, il focolare ebraico
e la mossa dei palestinesi
e la mossa dei palestinesi
Il presidente Abu Mazen, che sembra a corto di mosse tattiche, sta pensando di chiedere il risarcimento al governo britannico per il «danno subito allora» con la dichiarazione del 1917
Le parole battute a macchina, inchiostro blu, sono ancora leggibili quanto le annotazioni a matita, le riflessioni e i ripensamenti dei diplomatici britannici, la ricerca di formule che fossero ambigue a sufficienza. Una copia del documento è conservata come una bandiera all’Israel Museum e quel che prescrive viene imparato a memoria nelle scuole dai ragazzini israeliani: «Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico». Così Lord Arthur Balfour, ministro degli Esteri, prendeva nel 1917 l’impegno di destinare al movimento sionista parte delle terre ancora da spartirsi dell’impero Ottomano.
Guadagnandosi la gratitudine degli israeliani (una strada di ogni città porta il suo nome) e garantendosi di non essere dimenticato neppure dai palestinesi. Che adesso vogliono fargli causa o almeno ai suoi discendenti politici al potere in Gran Bretagna: la garanzia scritta è considerata la causa di quella che gli arabi chiamano la Nabka, la catastrofe, il giorno della nascita dello Stato israeliano nel 1948.
Così il presidente Abu Mazen, che sembra a corto di mosse tattiche, sta pensando di chiedere il risarcimento al governo britannico per il «danno subito allora». Non è chiaro a quale tribunale internazionale voglia rivolgersi e se abbia calcolato l’entità dell’indennizzo. Per lui ha parlato Riad Al Malki, il ministro degli Esteri, che al vertice della Lega Araba ha chiesto il sostegno delle altre nazioni: «Sulla base della promessa fatta da una parte che non possedeva questa terra a una che non la meritava migliaia di ebrei europei sono venuti ad abitare in Palestina».
La Dichiarazione di Balfour ha quasi cent’anni e l’anno prossimo ne compie cinquanta la guerra dei Sei giorni che ha portato alla cattura dei territori giordani, quelli che i palestinesi chiedono di vedersi attribuire per la costituzione di uno Stato. I negoziati sono congelati (ormai ibernati) dall’aprile del 2014, i francesi spingono per una conferenza di pace internazionale, Abu Mazen sta con loro, Benjamin Netanyahu vuole invece trattative dirette senza precondizioni.
Per carattere e attitudine politica il premier israeliano preferisce mantenere la situazione esistente, le provocazioni come la richiesta di risarcimento lo irrigidiscono nelle sue posizioni, considera Abu Mazen inaffidabile. Un analista ieri ricordava che un paio di anni fa anche gli egiziani avevano pensato agli indennizzi per la Storia, dagli ottomani al protettorato britannico. Agli israeliani avrebbero domandato i danni per le Dieci Piaghe.
Nessun commento:
Posta un commento