Il suffragio universale, l'estensione del voto a tutti, senza distinzione di censo - prima conquista - e di sesso - seconda - furono successi della sinistra che voleva che la "sovranità" venisse estesa al popolo (la nostra Costituzione, come in generale quelle di tutti i moderni stati, recepisce questo principio, e bisognerebbe fare in modo che le istituzioni europee fossero più coerenti con esso), mentre prima l'accesso al Parlamento e di qui alle stanze di governo, era appannaggio del solo ceto benestante e per questo mediamente istruito.
Ebbene, da qualche lustro a questa parte i signori della sinistra "intelligente" hanno mostrato una crescente insofferenza per il voto del "popolo", e hanno salutato come un progresso di civiltà il crescente fenomeno dell'astensionismo. Se la gente è ignorante, e non capisce i problemi, è bene che se ne stia a casa.
Potrebbe anche essere giusto, però diventa complicato dispensare patenti atte alla bisogna. Io, per esempio, conosco pochissime persone a cui darei 'sta sorta di "bollino blu", necessario per poter votare, e tra queste quasi nessuna tra i salottieri intellettualoidi autoreferenziali di virtù politico sociali che francamente non vedo.
Quelli di Open Polis, un sito di ricerca proprio in queste materie, hanno studiato i numeri dell'Istat e cercato di guardare dentro il non voto, arrivando alla conclusione che, delle tre ipotesi prevalenti che nell'universo mondo spingono gli elettori a non andare alle urne, a noi italiano tocca soprattutto la terza : la peggiore.
Già, noi non andiamo a votare perché più o meno fiduciosi che chi vincerà tutto sommato non farà disastri, che le forze in campo condividano alla fine i valori prevalenti, cambiando per lo più i particolari nel rappresentarli. Faccio un esempio : io liberale conservatore, probabilmente avrei votato Tony Blair in GB, fiducioso che l'assetto strutturale del paese (libero mercato, libertà individuali principali) non sarebbe stato alterato. Altri, conservatori come me, e non convinti dal candidato Tory del tempo, magari si saranno astenuti, partendo dalla mia stessa serena analisi ma refrattari a votare comunque labour.
Altro motivo di astensione, è la selezione degli appuntamenti elettorali. Le europee per esempio, dove si elegge un Parlamento che non decide nulla, posso anche evitarmele... Così può capitare in vari referendum .
Sicuramente la peggiore è determinata dalla sfiducia, il pensare che tanto chi verrà eletto non sarà capace (personalmente è il timore peggiore, ché sulla questione onestà non ho le ossessioni a parole diffuse) .
La crisi dei partiti, esplosa con Tangentopoli e mai veramente risolta, con la distruzione ope procure militarizzate delle formazioni politiche storiche (DC e socialisti, ma anche partiti laici) e l'avvento di liderismi discutibili (non ho niente contro i leader, anzi, ma i nostri finora hanno lasciato/lasciano un po' a desiderare), ha fatto crescere man mano questo senso di "non rappresentanza" che è un vulnus, altro che "progresso", della democrazia.
C'entra poco col discorso astensione, però ci tengo ad evidenziare, concludendo, come, nel tempo, la sfiducia, a livelli drammatici nei confronti di parlamento e partiti politici, si sia estesa al sistema giudiziario, finendo per coinvolgere oltre il 50% dei cittadini che non si fidano della Giustizia italiana e dei suoi aedi (magistrati).
Dagli torto...
Abbiamo visto che
l’astensionismo è in crescita in molti paesi europei, ed è un trend consolidato
anche nei posti dove votare è obbligatorio. Nel nostro paese se ne discute da
tempo. In occasione del recente referendum sulle trivelle alcune figure
istituzionali, tra cui il premier Renzi e il presidente emerito Napolitano,
hanno sostenuto la legittimità del non voto, riconoscendolo come diritto di
ogni cittadino.
È perciò importante chiedersi perché i cittadini decidono di
non recarsi alle urne a votare. Quali sono le motivazioni del non voto? In
molti hanno cercato di rispondere a questa domanda.
Gianfranco Pasquino, ex senatore e politologo di fama,
evidenzia tre cause principali dell’astensionismo: I) la tendenza a partecipare
solo alle tornate elettorali ritenute più importanti: generalmente l’affluenza
è parecchio più alta alle elezioni politiche che alle amministrative; II) la
forte somiglianza tra proposte e idee dei vari candidati e delle diversi
coalizioni, con la conseguenza che la vittoria di uno o dell’atro avrebbe uno
scarso impatto sulla vita dei cittadini; III) la crisi dei partiti, i quali
ormai non riescono più a mobilitare gli elettori e portarli alle urne.
In Italia la terza opzione sembra essere la più influente,
con una generale sfiducia nei confronti dei partiti e delle istituzioni.
Grazie
alla terza edizione del Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes)
dell’Istat tutto questo è ancora più evidente. Lo studio ha una sezione
dedicata alla politica e alle istituzioni in cui, fra le altre cose, tiene
traccia della fiducia dei cittadini nei confronti di: partiti politici,
parlamento, sistema giudiziario, istituzioni locali e forze dell’ordine.
parlamento e partiti politici dal 2011 ad oggi hanno sempre,
tra le istituzioni analizzate, il punteggio medio di fiducia più basso. Il dato
per i partiti è leggermente in risalita fra il 2013 e il 2014, ma è la metà di
quello relativo a sistema giudiziario e istituzioni locali, e quasi tre volte
inferiore a quello delle forze dell’ordine.
Inoltre un terzo delle persone intervistate (di età
superiore ai 14 anni), dichiara di non avere nessuno tipo di fiducia nei
confronti dei partiti politici. Mentre il 22,5% delle persone non ha fiducia
nel parlamento, e il 16,9% nel il sistema giudiziario. A livello territoriale i
dati sono più o meno sempre gli stessi
“La fiducia dei cittadini verso il parlamento, il sistema
giudiziario e i partiti politici è bassa in tutto il territorio nazionale, ma è
un po’ più bassa al nord rispetto al mezzogiorno. Viceversa, la fiducia nelle
Forze dell’ordine, nei Vigili del fuoco e nei governi locali è più bassa nel
Mezzogiorno e leggermente più elevata al Nord“, si legge nel rapporto Bes 2015.
È evidente, quindi, che nonostante le cause del non voto
possano essere tante, e persino legittime, in Italia il clima di sfiducia nei
confronti dell’istituzioni ha un peso notevole nella questione. In un paese che
storicamente ha avuto un tasso di partecipazione elettorale relativamente alto,
non dovrebbe sorprendere che il vero crollo dell’affluenza sia avvenuto dopo lo
scandalo Tangentopoli e la fine della prima repubblica.
Affluenza e astensionismo: come e perché cresce il partito
del non voto
Nonostante votare in Italia sia un dovere civico, sempre più
persone decidono di non partecipare. Anche nei paesi in cui questo dovere è
stato formalmente impostato come obbligo, il partito del non voto è in
crescita. Nel resto dell’Unione europea, sia nelle elezioni che coinvolgono
tutto l’elettorato (come quelle per il parlamento europeo), che in quelle
locali, i numeri sono in linea con quelli del nostro paese, se non addirittura
peggio.
La notizia dunque non è tanto il basso livello di
partecipazione, ma la ragione per cui gli italiani decidono di non votare. Il
calo dei numeri è coinciso con lo scandalo Tangentopoli e l’inizio della
seconda repubblica. Fino all’inizio degli anni 90 il tasso di partecipazione
era poco sotto il 90% (nel 1992 votò ll 87,35%), nel 1996 si è scesi
all’82,80%, fino ad arrivare al punto minimo per un’elezione politica nel 2013,
quando andò alle urne solo il 75,20% degli elettori.
Più che in altri paesi il tema della sfiducia nei confronti
delle istituzioni contribuisce ad allontanare i cittadini dalle urne.
Le ultime
elezioni a Roma in qualche modo ne sono una prova. La capacità di Virginia
Raggi di presentarsi come volto nuovo ha portato più persone alle urne rispetto
all’ultima tornata: un dato in controtendenza con il resto del paese.
E già, l'astensionista si rifiuta di fare il gioco di una classe politica cinica. E credo nessun altro termine sia più adatto a descrivere i nostri politici.
RispondiEliminaNon sarà forse il caso che i vecchi attrezzi della politica si rendano conto di essere LORO e i LORO comportamenti il problema ?
Ogni tanto, da qualche tempo, sento sempre più
elettori si SX, che Berlusconi l'avrebbero volentieri impiccato a Piazzale Loreto, dire che col senno di poi era meglio il Puzzone di Arcore . E' un concetto che bene o male riassume la presa di coscienza (che credevo impossibile a SX) di essere stati strumento della partitocrazia e la "ggente" è stanca di questo gioco e delle sue implicazioni nella vita di tutti i giorni .
Prevedo una ulteriore crescita del M5S. NOn so fino a che punto sia un bene ma è soltanto il movimento che convince quando dice che si deve cambiare radicalmente.