Davide Giacalone è, "storicamente" (il blog a maggio ha compiuto sei anni, non pochi dai !) , uno degli opinionisti più apprezzati dal Camerlengo. Ai tempi scriveva pressoché quotidianamente su Libero, diretto da Belpietro, e sul quale scrivevano anche Pansa, Maglie, Facci. Giacalone era quello che apprezzavo di più, e spessissimo ne riportavo i post (anche Facci era gettonato, ma meno).
Ho avuto anche la soddisfazione di lettori che mi hanno ringraziato per avergli fatto conoscere un giornalista che poi hanno imparato ad apprezzare.
Quando questi giornalisti non hanno scritto più su Libero, ho smesso di comprarlo e ho iniziato ad acquistare la Stampa, meno divertente, ma che dedica spazio alla mia Juve ( e poi qualcuno bravo c'è : Orsina, Molinari...non tanti in effetti...).
Poco tempo fa la carissima - e brava - amica Barbara Alessandrini mi ha invitato alla presentazione dei Quaderni de l'Opinione, rivista mensile dello storico giornale liberale. Sul primo numero c'era anche un articolo di Giacalone, che era presente come oratore all'evento , svoltosi nella suggestiva sala di uno dei palazzi sontuosi a disposizione dei senatori italiani (l' "ospite" era Paolo Romani, se ho capito bene).
Ho colto l'occasione per presentarmi e salutare di persona Giacalone, ma ho avuto una risposta piuttosto fredda, vorrei dire sussiegosa.
Magari Giacalone è un timido - anche se dalla penna proprio non si direbbe - e la sua fredda educazione in realtà cela un carattere schivo e in difficoltà di fronte a persone sconosciute che ti fanno i complimenti.
Certo, non è stato un incontro "empatico".
Umanamente sono rimasto deluso, e, siccome noi siamo essenzialmente essere irrazionali, ancorché cerchiamo di mettere la camicia buona dei "pensanti con raziocinio", ho iniziato ad andare meno sul suo sito per leggere i nuovi post (che peraltro ultimamente sono diminuiti).
Oggi però me lo ritrovo, con una certa sorpresa, sul Corriere della Sera, a scrivere un commento sulla scuola italiana che prende spunto dalle risultanze, non brillantissime, dei "famigerati" (tali sono perché la scuola italiana, insegnanti in primis, odia che si possa pensare di misurare qualità ed efficienza) Invalsi.
Che il politologo siciliano, romano di adozione, di gioventù repubblicana (era il PRI di Spadolini) sia approdato al giornalone milanese ??
Empatia (mancata) a parte, ne sarei lieto.
L'analisi, non nuova per chi segue Giacalone, è amara ma ineccepibile, come più spesso capita con lui.
Buona Lettura
La scuola che non aiuta chi vuole migliorare
di Davide Giacalone
Non fosse estate, sarebbe opportuna una protesta degli
studenti. Non lo sciopero per schivare la scuola, ma per dare voce a chi studia
volendo migliorare.
Ecco la tanto evocata e falsamente deprecata «scuola di
classe»: quella che non promuove chi è meritevole, ma svantaggiato. Lasciando
immutate le caste di partenza.
La fotografia scattata dai test Invalsi, per
valutare il lavoro d’insegnamento e apprendimento fatto a scuola, restituisce
una realtà inaccettabile. Analoghi test internazionali (Pisa) collocano l’Italia
in posizioni umilianti. Questi, nazionali, ne spiegano il perché. Non
stupirebbero le differenze fra una scuola e l’altra, perché è normale.
È
patologico, invece, che il nord d’Italia sia saldamente collocato sopra la
media nazionale e sia abbastanza omogeneo, mentre il sud e le isole non solo
sono costantemente e drammaticamente sotto, ma con scostamenti interni enormi.
Vale a dire che ci sono scuole buone, scuole insufficienti e troppe scuole
dove la matematica non la si conosce fra i banchi, ma neanche in cattedra. Chi
è indietro ci resterà. Nulla di più ingiusto.
In queste condizioni il valore
legale del titolo di studio non è soltanto un feticcio da superare, ma una
beffarda presa in giro. Vedremo un corteo studentesco pro meritocrazia? Difficile.
Si trascinerà lo scambio più vizioso: il servizio pubblico offerto è scadente,
ma chi deve riceverlo (studenti e famiglie) non ne chiede uno migliore, bensì
di avere il pezzo di carta. Il diploma.
Tu Stato mi dai poco, allora chiedimi
poco. Peccato che resti niente. I dati Invalsi andrebbero pubblicati
disaggregati (come altri fanno), scuola per scuola, sezione per sezione.
Per
indirizzare premi e soldi e perché chi non vuole il niente in cambio di poco
ha diritto di sapere da cosa far fuggire i propri figli.
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