Tutto molto italico, e quindi non sorprendente. Ci saranno quelli che s'indigneranno, che è la professione più diffusa nella penisola, e anche la più insopportabile.
Io faccio fatica a capire come sia possibile che un paese come il nostro, con un senso civico pressoché inesistente, come del resto quello identitario e di appartenenza ad una nazione, conti così tanti moralisti da bar o, visto che siamo in estate, da bordo piscina - riva mare.
La storia di Alfredo Mercatante non è un'eccezione, è la regola, e bene dice Gramellini quando scrive che questo signore è "un italiano completo. Furbo e moralista, intransigente sui massimi sistemi e accomodante su quelli minimi quando coincidono con i suoi comodi".
Noi siamo così, in percentuali diverse. Però alcuni, consapevoli, non puntano troppo il dito, riflettendo che magari sì, quella cosa non l'avrebbero fatta, non sarebbero stati così svergognati, ma però ricordano altre circostanze in cui gli affarucci propri...
Il fatto poi che Mercatante sia uno di sinistra, noto dalle sue parti per l'impegno civile oratorio, non fa che rendere il cerchio perfetto.
Sono naturalmente d'accordo col suo difensore : gli arresti domiciliari sono un'esagerazione. Mercatante è bene , visto che l'hanno pizzicato (del resto l'impudente senso di impunità a volte a questo porta) , che sia punito, e con lui il suo amico dottore compiacente. Però che c'entra la misura cautelare ? Basta sospenderlo dalla scuola, in attesa di sanzioni più severe, promuovere un patteggiamento e condannarlo al risarcimento dei danni per l'aspetto erariale.
Non è un mostro, è un italiano completo.
Il caffè
Colpa d’Alfredo
Mercoledì 19 luglio 2017
Alfredo Mercatante, avvocato di grido in Calabria e insegnante di ruolo in Lombardia, non è solo l’ennesimo furbetto che lavora a tempo pieno nel privato e intanto percepisce uno stipendio pubblico, sottratto a un altro più disponibile di lui. È anche un ex sindaco di sinistra, presidente e sostenitore di associazioni antimafia. È insomma un italiano completo. Furbo e moralista, intransigente sui massimi sistemi e accomodante su quelli minimi quando coincidono con i suoi comodi. Uno di quei cavalieri dell’ideale che si sentono a tal punto dalla parte giusta da non rendersi neanche conto di fare la cosa sbagliata.
Per cinque anni questo campione della legalità ha continuato a esercitare la professione forense in giro per i tribunali, mentre ogni mattina le scolaresche di Codogno e Lodi aspettavano di vederlo in cattedra per la lezione di diritto. L’avvocato era purtroppo impossibilitato a raggiungerli da una serie di disavventure: il padre gravemente malato e una rara, interminabile forma di lombosciatalgia, che un amico medico gli riscontrava di continuo, senza trovare cura più efficace del riposo assoluto a cui l’avvocato si rassegnava controvoglia, limitandosi a esercitarlo nel suo studio legale. A scuola si presentava solo alle feste comandate, per garantirsi la copertura burocratica di una truffa che a lui, ed è questo il punto centrale di tutta la faccenda, non sarà sembrata tale. Se si potesse calare una sonda nella sua coscienza a due strati, si farebbero scoperte interessanti. O forse non si troverebbe niente.
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